Dopo il ritiro dal nord dell’Ucraina, con la sconfitta russa attorno a Kiev e Sumy, i fronti di guerra sono sostanzialmente quattro: quello di Kherson a sud-ovest, quello di Zaporizhzhia a sud-est, quello di Severodonetsk e Kramatorsk a est e, infine, quello di Kharkiv a nord.

La controffensiva su Kherson

La controffensiva ucraina da Mykolaiv ha avuto successo ed è arrivata a lambire la periferia occidentale di Kherson, dove sono state ricatturate Ivanivka, e Barvinok.

Qui opera un forte movimento di resistenza partigiana che si è dimostrato una spina nel fianco per gli occupanti, costretti a guardarsi le spalle da attentati esplosivi e imboscate.

Anche la torre della televisione del capoluogo, convertita in amplificatore della propaganda russa, è stata fatta esplodere dai partigiani.

Per rifornire le truppe russe di pezzi di artiglieria sono stati mandati 17 vagoni carichi di munizioni dalla Crimea, ma anche le rotaie possono diventare un obiettivo di sabotaggio.

Infatti, sono già state danneggiate a Melitopol facendo saltare un ponte ferroviario a Lyubimivka e facendo deragliare un altro convoglio.

Sul fronte di Kherson, dunque, i russi stanno subendo la controffensiva ucraina che potrebbe arrivare a liberare la città, segnando un punto di svolta per il controllo della fascia costiera del mar Nero sino alla Crimea.

L’attività partigiana a Melitopol disturba la riorganizzazione delle forze russe dopo la fine dell’assedio di Mariupol. Gli invasori hanno accumulato numerosi gruppi tattici di battaglione con l’obiettivo di puntare a nord verso Zaporizhzhia, ma è notizia di ieri che l’artiglieria ucraina avrebbe centrato l’aeroporto occupato di Melitopol uccidendo numerosi soldati russi, come ha dichiarato il sindaco Fedorov, che aveva già annunciato un attacco notturno di artiglieria contro una delle quattro basi militari cittadine occupate.

Questo fronte è dunque stazionario e difficilmente il Cremlino riuscirà a lanciare un’offensiva efficace verso il capoluogo lungo il fiume Dnipro.

La ritirata ucraina nel Donbass

Più a nord, in Donbass, è vero che nell’ultima settimana gli ucraini hanno subito una dura sconfitta a Severodonetsk e Lysychansk, ma sono riusciti a ritirarsi in ordine senza lasciare truppe intrappolate in sacche come temevano in molti.

I soldati di Mosca hanno issato una bandiera sovietica sugli edifici dilaniati di Lysychansk, ma hanno ottenuto il controllo su macerie e devastazione, ad un costo altissimo di vite. Possono vantare il controllo di tutta la provincia di Lugansk, ma si tratta di un obiettivo simbolico più che strategico.

Secondo il governo di Kiev, i russi avrebbero perso fino a settemila uomini nell’assedio di Severodonetsk, che per una settimana era stato impedito da un contrattacco ucraino anche grazie ai volontari della Legione Georgiana, spesso veterani americani.

È stato lo stesso ex comandante russo Igor Girkin sul suo canale Telegram a lamentare l’operazione che ha portato alla conquista di Lysychansk, dove gli ucraini sono riusciti ad infliggere perdite altissime al nemico con battaglie urbane sfiancanti.

Non sarà facile per Mosca riorganizzare i battaglioni superstiti ed esausti per attaccare nuovamente.

Ora il fronte passa per la città di Bakhmut a sud, mentre a nord Slovyansk è sotto pesantissimi bombardamenti di artiglieria, prodromici all’avanzata terrestre russa secondo la consueta dottrina di guerra.

Gli ucraini stanno riposizionando le loro unità lungo l’autostrada ma contano di poter fermare il nemico alla città di Kramatorsk, dove sono in corso lavori di fortificazione. L’attacco ucraino che da ovest ha puntato alla città occupata di Izium ha rallentato i rifornimenti russi verso sud e impedito una manovra a tenaglia che avrebbe accerchiato i difensori.

Attorno a Kharkiv sembra che le intenzioni russe siano quelle di riprendere il terreno perduto verso la seconda città più grande del paese, che è già a tiro di artiglieria.

Qui però gli ucraini sono intenzionati a mantenere il controllo della regione per continuare a minacciare le linee di approvvigionamento dalla Russia.

Le perdite ucraine e i rinforzi

Anche gli ucraini hanno pagato un prezzo altissimo nella difesa di Severodonetsk e Lysychansk, con molte delle unità decimate o completamente distrutte dal fuoco di artiglieria russo. Il morale dei difensori del Donbass è sceso a causa della mancata rotazione con reparti freschi e dei ritardi nell’arrivo degli armamenti occidentali.

Al summit Nato di Madrid, il presidente americano Biden ha annunciato che una coalizione allargata ad altri partner sta donando all’Ucraina 600 carri armati, 500 sistemi di artiglieria e oltre 140mila armi anticarro.

I pezzi più preziosi sono i mezzi lanciamissili e gli obici da 155mm, donati anche dall’Italia. Ma occorrono varie settimane affinché questi sistemi d’arma raggiungano la linea del fronte. Inoltre, richiedono un addestramento specifico per l’utilizzo da parte dei soldati ucraini, che vengono inviati a centinaia in Inghilterra per un corso accelerato di alcune settimane da parte dell’esercito britannico.

La Russia in cerca di reclute

La Russia ha perso circa 800 carri armati dall’inizio dell’invasione, inclusi quelli più moderni, ed è stata costretta a mandare al fronte vecchi mezzi sovietici, ancora più facili prede delle armi anticarro.

Le autorità della repubblica fantoccio di Donetsk stanno reclutando a forza uomini da mandare al fronte, tra cui i giovanissimi cadetti dell’accademia del ministero dell’Interno locale, o semplici passanti fermati per la strada da squadracce, come testimonia un video di denuncia di uomini fatti salire a forza su un furgone e privati dei documenti, nonostante le proteste delle mogli.

Tra l’altro, il reclutatore del video è stato identificato grazie ai tatuaggi come un neonazista con svastica sulla spalla, per ironia della sorte incaricato di mandare malcapitati a de-nazificare l’Ucraina.

In Russia la situazione non è migliore, perché arrivano report di creazione di battaglioni raccogliticci, composti da guardie costiere, poliziotti e altri corpi paramilitari. Ma a San Pietroburgo l’Fsb e il gruppo mercenario Wagner starebbero reclutando persino detenuti nella prigione numero 7 di Yablonevka, come denunciato alcuni, con la promessa di libertà e denaro.

Putin non ha annunciato la mobilitazione generale, ma è in corso una mobilitazione silenziosa in cerca di carne da cannone soprattutto nelle province remote e nelle periferie.

In Ucraina non mancano le reclute, confluite nella Difesa Territoriale, ma anche gli uomini non convocati sono obbligati a non lasciare il proprio comune di residenza senza l’autorizzazione del commissario militare, in base alla legge marziale.

Non è sufficiente schierare una massa di decine di migliaia di persone, perché occorre addestrarle ed equipaggiarle adeguatamente.

Nonostante la Bielorussia di Lukashenko stia accumulando battaglioni sul confine nord, sono pochi a credere che prenderà parte alle ostilità.

Si tratta di un esercito ancora più scadente di quello russo e molti tra gli ufficiali si sono schierati contro la guerra, per cui il governo di Minsk rischierebbe una rivolta interna qualora ordinasse un attacco.

In ultima analisi la situazione è quindi e sfaccettata, molto dipenderà dall’arrivo delle armi pesanti sul fronte del Donbass, che potrebbe decidere le sorti della guerra nei prossimi mesi.

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