In Russia la liberalizzazione, successiva alla trasformazione politico-sociale introdotta dalla Perestrojka e dalla Glasnost’, ha consentito agli inizi degli anni Novanta la nascita di diverse testate giornalistiche e di alcune emittenti radio-televisive.

I mass media costituiscono la fonte principale di socializzazione politica del cittadino russo. La televisione copre, infatti, oltre il 95 per cento della popolazione, distribuita nelle undici zone orarie, ed è molto importante per veicolare il messaggio del Cremlino.

Dagli anni Novanta a oggi

L’età dell’oro dei mass media degli anni Novanta ha consentito la nascita e lo sviluppo di un’informazione pluralistica. La principale rete è Canale 1 (Pervy Kanal), una joint company di quote statali e private che appartengono a uomini d’affari, sostenitori del governo, seguita dal secondo canale, Rossija che è un’emittente statale.

Il terzo canale, Ntv, è di proprietà di Gazprom ed è stata la prima televisione privata nell’era post-sovietica. I migliori giornalisti del paese hanno lavorato per questo canale che, nel corso degli anni, non è riuscito ad affrontare le ingenti spese e ha dichiarato il fallimento economico nei primi anni Duemila.

Grazie all’intervento di Gazprom, che ha rilevato i debiti, Ntv trasmette ora le proprie notizie e inchieste, anche se è diventato un canale più allineato al governo.

La radio è, invece, uno strumento economico e molto conveniente, utilizzato soprattutto dagli autisti in macchina e ha un’offerta molto più variegata, con centinaia di stazioni di natura statale e privata.

La stampa russa incontra le medesime difficoltà di altri paesi relative al mantenimento dei costi e alla pubblicità che si è spostata su internet. Solitamente i quotidiani sono comprati dalle persone con un grado di istruzione più elevato e interessate a inchieste e specifici approfondimenti.

Con l’arrivo alla presidenza di Putin, i cambiamenti più significativi hanno riguardato la sostituzione dei proprietari e i contenuti dei programmi televisivi.

In generale, i media russi seguono il vecchio stile sovietico di esagerare le notizie positive e minimizzare quelle negative (forme di protesta, omicidi, crisi economica, ecc.). I candidati sono sempre sbilanciati a vantaggio dei partiti di potere o del presidente della Federazione, anche con toni di campagna negativa.

Durante la programmazione televisiva quotidiana la presenza di Putin è molto diffusa ed è volta a descrivere tutti i suoi impegni quotidiani, le decisioni e gli incontri con i ministri, i governatori e i sindaci a cui chiede un rapporto puntuale della situazione politico-economica locale.

Giornalismo d’inchiesta

La situazione del giornalismo d’inchiesta è, invece, decisamente allarmante. I dati forniti da alcune agenzie rilevano la morte di ventuno giornalisti fra il 2000 e il 2007 («reporter senza frontiere») e di ben cinquantotto giornalisti di cui trentotto assassinati, quattro torturati e due minacciati nel periodo 1992-2020 (Commitee to protect journalist, Cpj). Tra i mandanti si sospettano ufficiali governativi in tredici casi, gruppi criminali in dieci, militari in tre, gruppi politici in quattro e sconosciuti in otto episodi.

Il caso più noto, anche a livello internazionale, è quello della giornalista della Novaja Gazeta, Anna Politkovskaja, uccisa nella sua casa di Mosca dopo minacce seguite alle sue inchieste sulla violazione dei diritti umani nelle guerre cecene. Le forme di autocensura dei giornalisti sono ormai una prassi quotidiana per chi vuole mantenere il proprio lavoro.

Dopo un favorevole atteggiamento al potenziamento della tecnologia e alla riduzione del digital divide nel paese, le istituzioni governative hanno compreso che i cittadini russi, uscendo dal torpore politico dell’èra sovietica, hanno in mano uno strumento (internet) di opposizione critica all’operato del governo che deve necessariamente essere regolamentato e limitato.

La regolamentazione e l’attenzione rivolta verso il mondo digitale è piuttosto recente e risale agli anni del primo mandato di Putin. Questo ritardo è dipeso in gran parte dall’obsolescenza delle infrastrutture che si stimava, agli inizi degli anni Novanta, fossero in ritardo di almeno dieci anni rispetto all’occidente.

Russofobia

La Russia di Putin ha compreso che i mass media e internet costituiscono uno strumento di soft power, utilizzato in una narrazione domestica che contrappone la Russia all’occidente. Quest’ultimo non riconosce la Russia come un attore globale nell’arena internazionale e la Russia reagisce, diffondendo un’informazione politica basata sull’ostilità occidentale alla risurrezione della grande potenza russa.

Il famoso termine “russofobia”, creato da un diplomatico zarista nel Diciannovesimo secolo per indicare la marginalizzazione della Russia in diversi ambiti politici, oggi si riferisce  al tentativo occidentale di rendere la Russia più debole attraverso la diffusione di un vero e proprio pregiudizio nei confronti del paese in articoli e opinioni di riviste internazionali.

Per difendersi da notizie giudicate prive di qualsiasi rilevanza politica e socioeconomica, il governo russo ha avviato una serie di provvedimenti per contrastare questo diffuso sentimento russofobico.

Nel dicembre 2005 Russia Today (RT) debutta come canale televisivo al fine di presentare una controparte alla narrazione occidentale sulla Russia. Si attivano canali di RT in lingua araba (2007), in spagnolo (2009) e in francese (2017). Nel 2010 RT America ha cominciato a trasmettere programmi più polemici e critici nei confronti dell’occidente, reclutando personalità americane famose in difesa della cultura e dei valori russi.

L’attenzione verso RT negli Usa e nell’Europa occidentale ha raggiunto il suo apice durante le elezioni presidenziali americane del 2016 in seguito a un attacco hacker che ha indebolito la candidata democratica Hillary Clinton. L’intelligence americana ha confermato che la fonte di questa interferenza era in Russia, vettore primario di una guerra d’informazione, scioccando l’opinione pubblica americana.

RT indubbiamente è nata con lo scopo di valorizzare l’immagine di Putin e del suo paese attraverso un nuovo tipo di propaganda che può essere molto efficace nelle persone che hanno un basso livello di istruzione. I dati dimostrano che l’audience di RT in Europa è meno dello 0,1 per cento del potenziale complessivo, mentre sul canale YouTube alcuni video, per lo più di catastrofi e violenze raggiungono anche i 3 miliardi di visualizzazioni e solo l’1 per cento ha contenuto politico.

L’informazione dopo l’invasione

Da quando l’Ucraina è stata invasa, la programmazione televisiva è cambiata, come era già accaduto per l’annessione della Crimea nel 2014.

I canali stanno trasmettendo numerosi programmi patriottici, mentre sono diminuiti i programmi di intrattenimento “leggero” e i talk show in prima serata rimangono le trasmissioni televisive più popolari. Dalle news all’infotaiment, lo schema narrativo è sempre il medesimo: la Russia si deve difendere dagli attacchi degli Stati Uniti e della Nato che non accettano e riconoscono la “grandezza” della Russia.

Il termine “operazione speciale militare” è stato sdoganato dopo l’affondamento della flotta navale Moskva, presentato all’opinione pubblica russa come un atto di «guerra della Nato». E di guerra si continua a parlare attraverso documenti storici e i simboli della parata del prossimo 9 maggio che celebra la vittoria sovietica sul nazismo.

La propaganda ha sempre avuto un ruolo rilevante nell’Unione sovietica e, attualmente, costituisce ancora uno strumento comunicativo strategico, più dinamico e adattatosi alle innovazioni tecnologiche del Ventunesimo secolo.

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