Mario Draghi parla di pace e prova a portare Joe Biden al tavolo dei negoziati. Nella conferenza stampa tenuta nell’ambasciata a Washington, il premier italiano ha fatto il punto sulla sua visita di due giorni negli Stati Uniti dove ha incontrato sia il presidente americano sia i leader del Congresso.

Nel suo discorso Draghi si è rivolto allo stesso Biden, a Volodymyr Zelensky e a Vladimir Putin, nonché agli stati europei. L’Italia è un «alleato affidabile e interlocutore credibile» ha detto ringraziando la «splendida» accoglienza ricevuta dal presidente americano.

La visita è stata l’occasione per discutere di diversi temi, dalla crisi energetica a quella alimentare, ma per trovare una prima soluzione a queste problematiche, bisogna risolvere il problema a monte e cioè porre fine alla guerra in Ucraina. «Occorre incominciare a chiedersi come costruire la pace, come costruire il percorso negoziale che è molto difficile», ha detto Draghi.

I negoziati

«La guerra ha cambiato fisionomia. Inizialmente era una guerra in cui c’era un Golia e un Davide, una difesa disperata che sembrava anche non riuscire. Oggi il panorama si è completamente capovolto, Golia non c’è più. Quella che sembrava una guerra di una potenza invincibile, si è dimostrata una potenza non invincibile», ha proseguito.

A quasi ottanta giorni dall’inizio dell’invasione russa è giunto il momento di capire a che tipo di pace si vuole arrivare e quali sono gli obiettivi di questa guerra. I tempi, per il premier, sono maturi. «Non è più valida la risposta che mi veniva data qualche tempo fa quando la guerra era diversa», ha detto Draghi riferendosi alla sua ultima e unica telefonata avuta con il presidente russo lo scorso 24 febbraio. Quel giorno, Putin aveva detto che non era tempo per raggiungere un accordo.

«Ora non è più così, né gli uni né gli altri hanno obiettivi chiarissimi. Occorre sforzarsi per portare le parti attorno a questo tavolo». Sia gli Stati Uniti sia i paesi europei, devono prendere parte ai negoziati, così come al G20 che si terrà a Bali, in Indonesia, il prossimo novembre. «Siamo tutti tentati a non sederci al tavolo in cui è seduto Putin. Ma dall’altra parte tutti gli altri paesi del mondo siedono a questo tavolo».

Il riferimento è soprattutto alla Turchia del presidente Recep Tayyip Erdogan che fin dal primo momento ha assunto il ruolo di mediatore principale tra Ucraina e Russia ospitando anche gli ultimi due round di negoziati dal vivo tra la delegazione di Kieva e quella di Mosca.

Tuttavia, secondo Draghi «non bisogna cercare un ruolo, ma la pace», lo stato o la persona che si fa mediatore non deve avere «affermazioni di parte» in una guerra che secondo lui non ha vincitori.

Soprattutto è il presidente ucraino Zelensky che deve dettare le regole del gioco. «Bisogna togliere il sospetto che si arrivi a una pace imposta, che magari fa comodo agli Stati Uniti, agli europei e fa comodo ai russi ma non è accettabile agli ucraini», ha detto Draghi rispondendo, forse, anche alle polemiche tutte italiane sull’intervista mal interpretata del segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, secondo cui l’Alleanza atlantica non accetterà mai l’annessione della Crimea.

È Zelensky che deve «definire cos’è la vittoria», premessa essenziale per portare avanti le mediazioni. Ma sono anche gli stati europei che devono prendere una decisione insieme su quale linea tenere. Non decide la Nato, non decidono gli Stati Uniti e non decide neanche Putin. È un concetto che Draghi ha ripetuto più volte nella sua conferenza. Altrimenti si «arriva al disastro» e non si costruirà una pace duratura e sostenibile in futuro.

Interrogato sui toni “aggressivi” usati dall’amministrazione Biden, Draghi non ha negato che lo fossero e ha sviato la domanda.

La crisi alimentare

Durante la sua visita a Washington il presidente del Consiglio ha anche affrontato il tema della crisi alimentare ed energetica. L’obiettivo è sbloccare le tonnellate di grano ferme nei porti ucraini per colpa delle navi russe e destinate soprattutto ai paesi dell’Africa e del medio oriente.

«Il ministro Lavrov ha detto che sono stati bloccati perché sono stati minati i porti, questo è un inizio di dialogo che si può creare», ha detto Draghi che nell’accusa ha visto in realtà un’apertura. «Se ci sono queste mine vanno tolte», ha detto il premier molto pragmaticamente. Per risolvere lo stallo, l’Unione europea presenterà oggi un piano d’azione per aprire “corridoi di solidarietà” e sbloccare le circa trecento navi mercantili ferme nel mar Nero.

Tra le principali soluzioni c’è quella che mira a trasportare il grano sulla terra ferma, per farlo arrivare in Polonia o in Lituania prima di partire dai porti del mar Baltico. L’altra opzione è convince i russi a sbloccare lo stallo.

Italia

Sul lato italiano, invece, Draghi ha detto che non prevede una recessione per quest’anno, data la buona crescita economica dello scorso anno, e che il governo ha intenzione di mitigare l’impatto del rialzo dell’inflazione sulle fasce più povere della società.

Sul fronte umanitario «non vediamo una crisi» ha detto Draghi. L’Italia si è fatta trovare preparata stanziando fondi per accogliere i circa 120mila profughi ucraini entrati nel territorio e garantire anche un’accoglienza dei minori nelle scuole.

Il programma pomeridiano

Dopo la conferenza stampa presso l’ambasciata italiana a Washington, il premier Draghi si è recato al Congresso americano per un meeting bipartisan con i vertici dei gruppi politici, dove ha incontrato anche la speaker della Camera Nancy Pelosi.

In serata, invece, è stato insignito del premio Distinguished leadership award 2022 dell’Atlantic Council.

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