Donne e famigliari in attesa fuori dalle carceri ecuadoregne. C’è chi piange i propri morti e chi aspetta nuove notizie. È la triste immagine delle rivolte scoppiate all’interno delle carceri che hanno interessato il paese. Si stima che in una settimana siano almeno 79 i detenuti rimasti uccisi nelle risse, spesso con armi da taglio, tra gang rivali. Dopo giorni di guerriglia dentro le strutture, le autorità sono riuscite a riprendere il controllo in tre diverse città soltanto grazie all’intervento di circa 800 agenti della polizia e dell’esercito. Gli scontri sono scoppiati nelle ali di massima sicurezza dove le bande rivali combattono per contendersi il comando.
In un tweet il generale della polizia nonché ministro del governo, Patricio Pazmiño Castillo, ha pubblicato due foto all’interno del centro di comando che si occupa di sedare le proteste «per recuperare il controllo» della situazione.

Secondo l’agenzia nazionale responsabile delle strutture detentive, 37 detenuti sono morti a Guayaquil, 34 a Cuenca, otto a Latacunga. Sempre secondo l’agenzia, circa il 70 per cento della popolazione carceraria del paese si trova nei centri in cui si sono verificati i disordini.

Il direttore delle carceri Edmundo Moncayo ha detto che due gruppi stanno cercando di ottenere «una leadership criminale all'interno dei centri di detenzione» e che gli scontri sono degenerati dopo una perquisizione all’interno delle celle da parte degli agenti penitenziari per scovare eventuali armi dei detenuti.

Le aree di massima sicurezza ospitano reclusi condannati per omicidi, traffico di droga, estorsioni e altri crimini gravi. Il paese non è immune a questo tipo di rivolte, che sono diventate sempre più frequenti negli ultimi anni. La capienza massima delle prigioni dovrebbe essere di 27mila detenuti, ma ne ospitano circa 38mila causando un sovraffollamento pericoloso anche per questioni igienico sanitarie.

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