Epstein contro Trump: «Posso abbatterlo». Lo scandalo si allarga, il tycoon in silenzio

Se Donald Trump sperava di insabbiare lo scandalo Jeffrey Epstein, le ultime notizie suggeriscono il contrario. Mentre emergono nuovi scritti del finanziere pedofilo morto in carcere nel 2019 – come quella del 2018 in cui afferma di essere «l’unico in grado di abbattere» il tycoon – a Washington la tensione resta altissima per le ricadute delle mail rilasciate al Congresso: l’amministrazione è in uno stato di emergenza, le smentite di qualsiasi illecito da parte di Trump non bastano, la mail sul tycoon che avrebbe «trascorso ore» in casa Epstein con una ragazza del suo giro (forse la grande accusatrice Virginia Giuffre) la fa ancora da padrona. La Cnn ha riportato in esclusiva la notizia di una riunione nella Situation room, luogo leggendario durante le crisi di sicurezza nazionale, a cui avrebbero partecipato, oltre a Trump, l’attorney general Pam Bondi, il direttore dell’Fbi Kash Patel e Todd Blanche, vice ministro della Giustizia. «Un’altra sorprendente svolta in una saga che non solo fa apparire la Casa Bianca goffa, ma anche come se stesse tentando di orchestrare un insabbiamento, anche mentre i collaboratori di Trump insistono che non c’è nulla da nascondere», scrive la Cnn. Caso Epstein, le mail che inguaiano il tycoon: «Trump ha trascorso ore a casa mia con una minorenne» Guerre di distrazione Tra i politici anti Trump di maggior spicco c’è il governatore dell’Illinois, J.B. Pritzker, uno dei potenziali candidati democratici alla Casa Bianca nel 2028. Pritzker ha detto di «essere preoccupato» di come il presidente possa rispondere alla bufera sui documenti che lo legano al più efferato predatore sessuale d’America. «La mia grande paura è che con la diffusione di quelle informazioni, che penso saranno devastanti per Trump, farà tutto quanto in suo potere per cercare di distrarre il popolo americano», ha dichiarato Pritzker alla Associated Press. «Voglio dire, potrebbe portarci in guerra con il Venezuela solo per creare una distrazione e farlo uscire dai titoli dei giornali». D’altronde, i media di destra sono infuriati perché nel mirino dei democratici non sono i numerosi nomi illustri che appaiono nelle email di Epstein ma, in modo specifico, solo il nome di Trump. «Che colpo basso e cinico quello dei democratici rilasciare solo una parte di email di Epstein per ispirare la copertura più isterica possibile e diffamare il presidente», ha scritto in un editoriale il New York Post. Nelle prossime settimane la Camera voterà se costringere o meno il dipartimento di Giustizia a rilasciare tutti i suoi file su Epstein. Sarà un test critico della forza effettiva di Trump, ai minimi storici nei sondaggi, e mostrerà se sta perdendo o meno la sua presa sui repubblicani. Mentre mercoledì la portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, parlava di «falsa narrazione» dei dem allo scopo di «diffamare il presidente», ieri il tycoon ha pensato bene di evitare le domande dei giornalisti in conferenza stampa: meglio cavalcare la firma che sancisce la fine dello shutdown più lungo della storia d’America. Il punto cruciale è che, se Trump ha sempre bollato lo scandalo come una cospirazione, oggi si oppone fermamente al rilascio dei file in possesso del dipartimento di Giustizia e dell’Fbi, mentre la base Maga chiede da sempre la divulgazione completa. Al centro delle tensioni resta la “lista”: per anni il popolo di destra ne ha fatto il totem della resa dei conti, prova regina che inchioda l’élite. Ma oggi, con Trump al potere, quella lista non viene fuori completa, ma centellinata ad arte. E la rabbia sale. Scandalo Epstein, il principe Andrea rinuncia a tutti i titoli nobiliari Contro-cospirazioni A incendiare gli animi è il memo congiunto di Giustizia e Fbi che archivia la morte di Epstein come suicidio e smentisce l’esistenza di una “client list” ufficiale. Qui entra in gioco il paradosso che alimenta la possibile rivolta che Trump dovrà fronteggiare: Kash Patel, già volto mediatico della destra Maga, è il direttore dell’Fbi; Dan Bongino, ex agente dei Servizi ed ex podcaster, è il numero due dell’agenzia, ieri commentatori che rilanciavano tesi cospirazioniste sullo scandalo, oggi custodi dell’insabbiamento. Sotto accusa c’è anche Pam Bondi, la ministra della Giustizia che aveva promesso trasparenza e poi ha acconsentito solo pubblicazioni parziali. Il popolo Maga non accetta più l’argomento “privacy delle vittime” e parla di gestione politica dell’informazione. Per cui ogni pacchetto di documenti “a rate” continua a alimentare l’idea di un cover-up da chi doveva «ripulire il Deep State». Nelle ultime email rese note affiora anche la politica estera. Circa un mese prima che Trump incontrasse Vladimir Putin a Helsinki nel 2018, Epstein tentò di far passare un messaggio al ministro degli Esteri russo Lavrov: «Penso che potreste suggerire a Putin che Lavrov può ottenere un approfondimento parlando con me», scrisse in un’email del 24 giugno 2018 indirizzata a Thorbjørn Jagland, ex premier norvegese laburista che guidò il Consiglio d’Europa come segretario generale dal 2009 al 2019. Nello scambio di email Epstein indicò di aver in precedenza parlato anche con Vitaly Churkin, l’ambasciatore russo all’Onu, prima che Churkin morisse nel 2017. «Churkin era fantastico», scrisse. «Dopo le nostre conversazioni ha capito Trump. Non è complesso. Deve essere visto mentre ottiene qualcosa, è così semplice». Jagland rispose che avrebbe incontrato l’assistente di Lavrov il giorno seguente e avrebbe suggerito una connessione con Epstein. Non è chiaro se questo contatto si sia mai concretizzato. C’è infine un’altra email sul bilaterale tra Trump e Putin, stroncato in tutto il mondo per ciò che apparve come totale capitolazione dell’uomo della Casa Bianca allo zar del Cremlino. «I russi hanno roba su Trump? Oggi è stato spaventoso anche per i suoi standard», scrisse Larry Summers, ex segretario al Tesoro di Clinton e consigliere economico di Obama in un’email a Epstein il 16 luglio 2018, giorno di Helsinki. Risposta: «Sono sicuro che la sua opinione è che sia andata super bene. Lui pensa di aver affascinato l’avversario. Ammesso che non abbia idea del simbolismo. Non ha idea della maggior parte delle cose». E in un’ennesima mail, sempre del 2018, Epstein diceva di Trump: «So quanto sia losco».