Si infiammano i rapporti diplomatici tra il paese della Mezzaluna sul Bosforo e l’Italia come non avveniva dai tempi della gravissima crisi per l’arrivo a Roma del leader curdo Ocalan nel 1998 che portò, per un breve periodo, al boicottaggio turco dei prodotti italiani.

«La dichiarazione del presidente del Consiglio italiano è un’indecenza e una totale maleducazione», ha detto il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, replicando al premier Mario Draghi, che una settimana fa lo aveva definito «dittatore con cui dobbiamo cooperare».

Il ministero degli Esteri turco si aspettava la «ritrattazione» della frase di Draghi, come era stato chiesto espressamente al nostro ambasciatore ad Ankara, Massimo Gaiani, ma dopo aver visto che nessun segnale di distensione arrivava dall’Italia sono passati all’attacco diretto mettendo in campo il presidente Erdogan, che non ha mezze misure e, come hanno riferito alla Bbc fonti diplomatiche britanniche, si è circondato solo di consiglieri che gli dicono quello che vuole sentirsi dire. Nessuno osa contraddirlo se non vuole subire le dure conseguenze dell’ira del presidente.

Distrutti i rapporti

Secondo quanto riporta l’emittente di stato Trt, Erdogan, riferendosi sempre alle parole del presidente del Consiglio italiano, ha affermato che hanno distrutto i rapporti tra Turchia e Italia. Il leader turco ha quindi ricordato di essere stato eletto, al contrario di Draghi che – ha sottolineato – è stato nominato e ha invitato il premier italiano a guardare alla sua storia.

Palese il riferimento a Benito Mussolini, evocato nei giorni scorsi dalla stampa (al 90 per cento filogovernativa) di Ankara che ha ricordato all’Italia il proprio passato e rivendicando le numerose elezioni in cui, dal 2002 a oggi, il leader turco è stato eletto, vincendo spesso con percentuali elevate, grazie a un ampio consenso tra gli elettori conservatori islamici dell’interno, soprattutto in Anatolia, mentre gli abitanti delle città come Smirne, Istanbul e Ankara sono rimaste in mano al Chp, il partito laico di Kemal Ataturk, il fondatore della Turchia moderna.

Le proteste

Le tensioni tra Roma e Ankara erano scoppiate lo scorso 8 aprile quando Draghi, parlando del “sofagate” di Ankara nel corso di una conferenza stampa, aveva definito Erdogan un «dittatore di cui però si ha bisogno». Le parole del premier avevano scatenato l’immediata reazione di Ankara. Il ministero degli Esteri turco già in serata aveva convocato l’ambasciatore italiano per esprimere una protesta ufficiale.

«Condanniamo con forza le inaccettabili parole del premier nominato italiano sul nostro presidente eletto», aveva aggiunto il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, mentre il vice presidente turco, Fuat Oktay, riferendosi al fascismo, aveva invitato Draghi a «guardare al passato del suo paese per vedere cos'è una dittatura».

Il giorno successivo fonti informate avevano parlato di diplomazie al lavoro per “ricucire” quella che viene definita una crisi senza precedenti" nei rapporti tra Roma e Ankara.

Le dichiarazioni di Draghi hanno suscitato reazioni di indignazione da parte di diversi esponenti della classe politica e delle autorità turche. Il leader ultraconservatore Devlet Bahceli, del partito del Movimento nazionalista (Mhp), un tempo vicino al gruppo dei Lupi Grigi di Ali Agca, l’attentatore di Papa Wojtyla e oggi principale partner di coalizione di Erdogan, ha detto ai membri del suo gruppo parlamentare che le dichiarazioni di Draghi rivelano «un’ammirazione segreta per Mussolini». 

Non resta che aspettare le prossime mosse diplomatiche ed economiche tra i due contendenti.

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