La Turchia è in piena turbolenza economica e politica. La lira ha perso il 33 per cento del suo valore a novembre e il 44 per cento da inizio anno. Con questi dati drammatici la Banca centrale di Turchia non demorde e ha detto che potrebbe abbassare ulteriormente il proprio tasso di interesse durante la prossima riunione del comitato sulla politica monetaria in programma il 16 dicembre.

«Ho avuto l’impressione che prenderà una pausa e resterà per qualche tempo a vedere cosa succede nel 2022 dopo un modesto taglio finale a dicembre», è quanto affermato da uno degli investitori che ha partecipato a una conference call con il governatore della Banca centrale di Turchia Sahap Kavcioglu, secondo quanto riporta il quotidiano turco Sabah.

Anche l’economista Enver Erkan, della società di investimento turca Tera Yatirim, ha parlato di un «taglio finale» dei tassi previsto per dicembre. «Osserveremo gli effetti cumulativi della nostra attuale politica monetaria nella prima parte del 2022», ha detto il governatore della Banca centrale parlando con investitori turchi e stranieri.

Wolfgango Piccoli, co-presidente della società di consulenza mondiale Teneo Intelligence, ha aggiunto caustico da Londra su Twitter: il governatore potrà soppesare la situazione a gennaio se sarà ancora in carica. 

La valuta si è indebolita dello 0,5 per cento toccando quota 13,47 rispetto al dollaro, dopo aver toccato il minimo record di 14 martedì. La lira si era stabilizzata da quando la banca centrale, sostenuta da un annunciato swap degli Eau di 5 miliardi di dollari, è intervenuta mercoledì con acquisti di lira per placare i mercati.

L’agenzia di rating americana S&P ha dichiarato a Reuters che la posizione di politica monetaria della Turchia e il suo utilizzo delle riserve “prese in prestito” per difendere la lira rappresentano un rischio per il suo rating sovrano. Un chiaro monito a cambiare atteggiamento prima del blocco dei capitali o altre misure estreme.

Il cambio alle Finanze

Nel frattempo il ministro delle Finanze turco, Lutfi Elvan, è stato costretto alle dimissioni a seguito delle spaccature politiche all’interno del governo di Ankara sempre sui tagli dei tassi di interesse che hanno svalutato la lira turca e a una maggiore inflazione.

Il presidente Erdogan ha annunciato la partenza di Elvan con una nota diffusa durante la notte tra mercoledì e giovedì e lo ha sostituito con Nureddin Nebati, suo vice al ministero delle Finanze. Nebati è noto nel mondo politico turco per la sua stretta relazione con il predecessore di Elvan, Berat Albayrak, che è il genero di Erdogan.

Albayrak in passato è stato costretto alle dimissioni per l’opposizione degli investitori internazionali. Anche il recente cambio di atteggiamento della Fed, che ora non esclude un rialzo dei tassi, sta provocando la svalutazione della lira e in generale delle valute dei mercati emergenti.

Il 16 novembre Elvan ha detto che il suo ministero stava combattendo l’inflazione e ha invitato altre istituzioni a fare lo stesso. Una critica alla politica dei tassi bassi voluta da Erdogan. Il giorno dopo, il presidente turco ha ribadito la sua posizione e ha segnato la fine di Elvan.

Gli investitori stranieri avevano accolto con favore la nomina di Elvan nel novembre dello scorso anno al fianco del governatore della banca centrale, Naci Agbal, come segno che il governo si stava impegnando di nuovo a perseverare una politica economica monetaria più ortodossa, dopo mesi di turbolenze finanziarie causate da bassi tassi di interesse e da una crescita dei prestiti a sostegno del settore immobiliare, uno dei settori più sostenuto politicamente da Erdogan.

Il neoministro delle Finanze, Nebati, 57 anni, ha conseguito un dottorato in scienze politiche e amministrazione pubblica presso l’università di Kocaeli. È stato direttore della associazione imprenditoriale musulmana Musiad, che si contrappone alla Tusiad, la Confindustria laica turca che infatti chiede invano da mesi l’aumento dei tassi preoccupata dell’indebitamento delle imprese locali in valuta forte (il cosidetto carry trade).

La Turchia ha tagliato i tassi al 15 per cento dal 19 da settembre nonostante l’accelerazione dell’inflazione. Ovviamente l’aumento dei prezzi al consumo è balzato al 20 per cento a ottobre mentre i prezzi al dettaglio a Istanbul sono aumentati del 24,1 per cento su base annua a novembre, il livello più alto in 18 anni. Una “bomba sociale” per Erdogan.

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