Esiste davvero un problema di democrazia in Francia e sembra un paradosso trattandosi della terra dei diritti par excellence? Anzitutto i fatti.

Dopo il varo della legge che alza a 64 anni l’età pensionabile, Emmanuel Macron ha iniziato un lungo tour nel Paese per riallacciare un rapporto con i cittadini.

È stato accolto pressoché ovunque da manifestazioni di protesta e dalla colonna sonora delle pentole battute. Un fracasso che ha convinto molti prefetti a vietarle e ad allargare la zona protetta attorno al presidente, con l’adozione in modo estensivo di una legge antiterrorismo.

Un provvedimento eccessivo persino per il ministro dell’Interno che ha diramato una nota per invitare i prefetti a una valutazione reale dei pericoli. Perché non risulti semplicemente una censura del dissenso.

Non bastasse è alle viste il ponte del primo maggio con due appuntamenti in agenda che rischiano di rialzare una temperatura già alta e a incrudelire lo scontro tra l’inquilino dell’Eliseo e la folta massa degli scontenti.

Il primo è stasera allo Stade de France, nella turbolenta banlieue di Saint Denis, storicamente di sinistra, il luogo dove ebbe inizio la lunga notte degli attentati culminati nel massacro al Bataclan il 13 novembre 2015.

Ricorderete la faccia atterrita dell’allora capo dello stato François Hollande, esfiltrato dagli spalti dopo che un kamikaze si era fatto esplodere durante la partita amichevole Francia-Germania. È in programma dunque per oggi la finale della Coppa di Francia tra Nantes e Tolosa, evento al quale per tradizione il presidente partecipa, scende sul terreno a stringere la mano agli atleti e infine premia i vincitori.

I sindacati hanno annunciato che alla stazione del metrò e della Rer distribuiranno trentamila cartellini rossi, il simbolo nel calcio dell’espulsione, da sventolare in segno di protesta contro Macron, e diecimila fischietti, il surrogato delle pentole evidentemente troppo ingombranti e oltretutto vietate. È stata minacciata anche un’interruzione della corrente elettrica (ma le autorità stanno rimediando con l’installazione di quattro generatori autonomi) ed è previsto che al minuto 49,30 parta una bordata di fischi: un riferimento all’articolo 49,3 della Costituzione, quello che ha permesso il varo della legge che alza i limiti per la pensione senza un voto del Parlamento.

Spazi fra popolo e potere

Lo sport è da sempre la cassa di risonanza per amplificare un qualunque messaggio e l’occasione è ghiotta. Salvo che non sono ancora chiare le contromisure che la politica intende adottare per silenziare il dissenso. Sui social impazzano le previsioni più varie. È probabile che i poliziotti mobilitati, ben tremila, sequestrino i fischietti che potrebbero interferire con l’operato dell’arbitro e anche i cartellini rossi potrebbero fare la stessa fine visto che sono pure uno strumento dell’ufficiale di gara. Il deputato di La France Insoumise (la Francia Indomita, estrema sinistra) Eric Coquerel, il quale avrà un posto non lontano da Macron, ha già annunciato che sventolerà il suo cartellino, salvo gli venga impedito.

Il presidente dal canto suo, per non esasperare gli animi, è intenzionato, stando a indiscrezioni filtrate dal suo ufficio, a non scendere in campo per il saluto di rito nel tentativo di abbassare la tensione. Sicuro però l’utilizzo da parte delle forze dell’ordine di droni per “prevenire attentati e proteggere la sicurezza delle persone e dei beni”, come recita un comunicato ufficiale, mentre sono state vietate riunioni sindacali nella zona dello stadio. Le televisioni sarebbero state invitate ad abbassare l’audio in caso di rumorose proteste.

Se parte delle restrizioni sono considerate ragionevoli in un clima tanto delicato, le opposizioni contestano l’eccesso di zelo che sarebbe da ascrivere all’avversione di Macron per le contestazioni.

Per lui un’offesa alla massima figura istituzionale dopo che ha cercato di ridare ieraticità al ruolo del presidente fin dalla camminata in solitaria attorno alla Piramide del Louvre la sera della sua prima elezione.

Stando a un fresco sondaggio del Figaro, il 70 per cento sostiene le proteste e ben il 65 per cento non ascolta più le parole del presidente. E c’è da scommettere che tanta avversione si tradurrà in una partecipazione massiccia alla sfilata del primo maggio, in capo a cento giorni di azione e rabbia, in una Francia paralizzata dallo sciopero dei controllori di volo.

E dove diminuiscono gli spazi dialettici tra popolo e potere.

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