L’autrice Dolan: «A differenza dei governi la Flotilla non ha perso l’umanità, per questo si continua a provare»

Alla fine di agosto, la scrittrice irlandese Naoise Dolan ha annunciato dal suo profilo Instagram che si sarebbe unita al gruppo di volontari e attivisti della Global Sumud Flotilla per portare via mare aiuti umanitari sul territorio di Gaza. Per comunicare la notizia, Dolan ha registrato un videomessaggio in gaelico irlandese, dettaglio significativo nel contesto di una missione che pone al centro la questione dell’autodeterminazione dei popoli. «È facile romanticizzare il sostegno irlandese alla causa palestinese» aveva scritto sul Guardian a pochi giorni dalla partenza delle prime navi «ma le ipocrisie del nostro governo sono troppo evidenti, e mi rifiuto di restare in silenzio». Arrivata in Tunisia con un gruppo di altri attivisti irlandesi, il piano sarebbe stato quello di aspettare le navi partite da Genova e Barcellona e procedere al loro seguito lungo la rotta. Poi l’arrivo di un contrordine: a due settimane dall’inizio della missione, molte navi – inclusa quella su cui avrebbe viaggiato la scrittrice – sono state sospese, lasciando gli attivisti a operare sulla terraferma in attesa di nuove indicazioni. Classe ’92, Naoise Dolan è autrice di due romanzi– Tempi eccitanti e La coppia felice (Atlantide, 2020 e 2023) –, storie concentrate sul tema delle relazioni umane che in Italia hanno trovato moltissimi lettori e lettrici affezionati, ma il suo impegno politico è emerso da tempo nell’attività giornalistica e nella partecipazione in prima persona a cortei pubblici e manifestazioni. Oggi, la Global Sumud Flotilla resta la più grande missione umanitaria della storia, alla quale hanno preso parte attivisti da 44 paesi del mondo. Eravate pronti a salpare da diverso tempo. Vi è stato comunicato il motivo per cui la missione del vostro equipaggio è stata sospesa? Molte navi provenienti dalla Tunisia sono state cancellate perché non hanno superato i controlli di sicurezza e/o non hanno potuto essere riparate in tempo per unirsi alla flotta. È molto meglio così che se avessero avuto il permesso di salpare senza essere adatte alla navigazione, o se l’intera flotta avesse dovuto attendere le riparazioni. È triste per le persone che speravano di salpare, ma questo movimento non è basato sull’individualismo: dà priorità alla solidarietà collettiva con la Palestina nel modo più efficace. Altre navi però continuano il loro viaggio su Gaza. Siete in contatto loro? Abbiamo avuto qualche messaggio degli irlandesi sulle navi, soprattutto consigli pratici provenienti dall’esperienza diretta, tipo “Non possiamo cucinare durante queste tempeste, quindi portate con voi molto cibo che potete mangiare senza alcuna preparazione”. Ma non c’è stato un afflusso di messaggi, hanno molto lavoro da fare sulla nave e devono razionare l’uso del wifi. Il governo israeliano ha fatto sapere che gli attivisti della Flotilla saranno trattati come dei terroristi. Molte persone in occidente sono convinte che mostrare una bandiera palestinese sulla nave equivalga a dichiararsi sostenitori di Hamas. Cosa risponde a queste affermazioni? Quella parola è sempre stata usata selettivamente come arma politica, anche contro quei palestinesi che oppongono una resistenza non violenta. L’esercito israeliano sta uccidendo decine e migliaia di civili, eppure questo è tollerato e persino sostenuto dalla comunità internazionale. Siamo una missione non violenta, non abbiamo nulla sulle nostre navi che possa essere usato per causare danni. Io sono una persona che non può vincere un braccio di ferro. Chiunque provi a usare quella parola contro di me è un propagandista, e per giunta non particolarmente convincente. Clima e Gaza, Greta Thunberg ha sempre fatto politica: non può sorprendere che sia sulla Flotilla Greta Thunberg fa parte ancora una volta di questa missione. La prima volta sono stati bloccati e rimandati indietro dalle autorità israeliane e ci sono grandi possibilità che questo accada di nuovo. Perché è importante riprovarci? Ogni volta che torniamo più forti, aumenta la pressione internazionale su Israele. I nostri paesi hanno influenza e complicità, e con una richiesta pubblica sufficiente potrebbero costringere Israele a porre fine al blocco e ad aprire un corridoio umanitario. Il nostro primo obiettivo è sempre quello di farlo direttamente. Ma ciò accadrà, o perché raggiungeremo Gaza o perché i nostri inesauribili tentativi creeranno sufficiente pressione sui nostri governi. I palestinesi di Gaza non si sono mai arresi, nonostante affrontino rischi ben peggiori ogni giorno. A differenza dei nostri governi, non abbiamo perso la nostra umanità – e l’approccio umano è continuare a provarci. Qual è il ruolo dei social media nell’esperienza della Global Sumud Flotilla? Il nostro principio di non violenza si estende all’ignorare le provocazioni online, quindi ho lasciato che ogni sorta di commenti orribili, accuse e minacce mi arrivassero senza rispondere. C’è anche una nuova responsabilità che non avevo mai avuto prima: essere affiliata a un’organizzazione e sapere che tutto ciò che dico può mettere in pericolo non solo me, ma chiunque sia associato alla mia persona. Questa è solo una piccola parte dell’autocensura e dell’autocontrollo a cui sono sottoposti i palestinesi: molti hanno trascorso l’intera vita a parlare con molta cautela in pubblico per paura che le loro parole potessero essere usate come giustificazione per la violenza contro qualcun altro. Come risponde a chi ha definito “performativo” l’impegno delle persone che si sono unite alla missione? Ti chiameranno “performativo” se ti limiterai a parlare, e se agirai concretamente continueranno a chiamarti così, insieme a cose ben peggiori. Se hai più paura di essere insultato che di vivere in un mondo in cui il genocidio è tollerato, allora il problema è proprio questo. La Global Sumud Flotilla è più di un simbolo. Per questo fa paura Come scrittrice e romanziera, in che modo il suo lavoro sta insieme al suo attivismo? Descriverei il rapporto tra il mio lavoro e l’attivismo in questo modo: grazie al successo dei miei romanzi, ho una piattaforma. La avrei indipendentemente dal fatto che la usassi o meno per oppormi a un genocidio. Che sia un bene che io abbia quella piattaforma, o che me la meriti, è irrilevante. I romanzi non sono attivismo. Ma mi hanno dato un certo grado di influenza nel mondo – molto inferiore a quello delle persone che vorrei difendessero i diritti umani dei palestinesi – che ritengo immorale non usare. Ho terminato la prima bozza del mio terzo romanzo nel giugno 2024 e non sarà pubblicato prima del 2027. È anche per questo che ultimamente mi sono concentrata di più sul giornalismo: è un mezzo più rapido per rispondere alle crisi. Sono molti gli artisti – attori, cantanti, romanzieri – che invece ancora non si sono espressi su quello che sta succedendo a Gaza. Quanto ancora l’arte può restare separata dalla politica? Credo che gli artisti debbano avere la moralità e l’umiltà di partecipare alle stesse iniziative di solidarietà di tutti gli altri, piuttosto che fornire necessariamente una risposta artistica speciale. Negli ultimi giorni alcune imbarcazioni, inclusa quella su cui procede Greta Thunberg, sono state attaccate da droni in acque tunisine, per fortuna senza causare feriti. Resta una missione molto rischiosa per gli attivisti che ne fanno parte. Ci sono stati momenti in cui ha avuto paura di quello che succederà? Naturalmente, sono umana. Ma ho molta più paura di un mondo in cui un genocidio è considerato normale. Nessuno sale su queste navi pensando che sarà facile. Ma non fare nulla ci renderebbe complici, e noi ci rifiutiamo di esserlo. Si imbarcherà di nuovo? Le cose cambiano molto velocemente. Mi è appena stato comunicato che potrei salpare con una delle barche di Thousand Madleens, in partenza da Catania il 24 settembre. Si tratta di un’organizzazione separata dalla Sumud, affiliata alla Freedom Flotilla Coalition, che navigherà con circa otto navi in coda a quelle della Sumud. Se questo non dovesse succedere, il mio contributo sarà quello di riportare i loro progressi e la situazione a Gaza nei miei articoli giornalistici per continuare a sostenere la missione. Gifuni: «Davanti allo sterminio di un popolo ogni azione non violenta è giustificata»