Cosa prevede la bozza del piano sulla governance di Gaza: dal Board of peace al ruolo del contingente internazionale

Il futuro politico di Gaza è in costruzione nei palazzi delle Nazioni Unite. L’amministrazione Trump continua a lavorare al suo piano mentre la tregua viene violata sistematicamente dall’esercito israeliano tra raid aerei e uccisioni di palestinesi considerati «pericolo imminente» per le truppe dell’Idf. L’ultima persona è stata uccisa ieri a Jabalia, nel nord della Striscia. E così, Washington sta ultimando la bozza da presentare al Consiglio di sicurezza dell’Onu mentre Hamas ha annunciato la consegna di un ulteriore corpo alle autorità israeliane. Gaza, l’offerta di Trump: un corridoio sicuro per i miliziani di Hamas La bozza La base di partenza riguarda la tempistica. Per gli Stati Uniti, il Board of peace (Bop) che Donald Trump presiederà – probabilmente al fianco del presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi – e le «presenze civili e di sicurezza internazionali» sono «autorizzate fino al 31 dicembre 2027», come si legge nella bozza anticipata da alcuni media internazionali. Il mandato del Board potrà essere rinnovato con l’accordo degli stati membri, così come la forza di stabilizzazione internazionale che si occuperà di garantire la sicurezza a Gaza. L'amministrazione governativa transitoria avrà ala supervisione e il sostegno di un comitato tecnocratico e apolitico palestinese composto da palestinesi competenti provenienti dalla Striscia che sarà responsabile delle operazioni quotidiane della funzione pubblica e dell'amministrazione di Gaza». La composizione del comitato dei tecnocrati è stata già decisa nei giorni scorsi in Egitto dopo che tutte le fazioni palestinesi – anche Hamas – hanno dato il loro assenso a una lista di nomi pensata in maniera congiunta. Per ora non è ancora noto pubblicamente chi ne farà parte, in questa fase delicata si predilige il silenzio. Il Board «coordinerà i finanziamenti per la ricostruzione di Gaza in conformità con il Piano globale, fino a quando l'Autorità palestinese non avrà completato in modo soddisfacente il suo programma di riforme» che sia «accettabile» per il Consiglio stesso. Una clausola che rischia di rendere nulle le speranze di avere un’amministrazione palestinese per la governance futura della Striscia. Cessate il fuoco a Gaza: solo la continuazione della guerra con altre parole Il contingente internazionale La risoluzione autorizza il Board e gli stati membri a «istituire una forza internazionale di stabilizzazione temporanea (Isf) a Gaza, da dispiegare sotto un comando unificato accettabile per il Bop, con forze fornite dagli Stati partecipanti, in stretta consultazione e cooperazione con la Repubblica araba d'Egitto e lo stato di Israele, e ad adottare tutte le misure necessarie per svolgere il proprio mandato in conformità con il diritto internazionale, compreso il diritto internazionale umanitario». Quindi L’Isf starà a stretto contatto e collaborerà con Egitto e Israele insieme «alle forze di polizia palestinesi recentemente addestrate e controllate, per contribuire a garantire la sicurezza delle zone di confine». Una sorta di peacekeeping sotto il mandato di singoli stati, una vittoria politica per lo stato ebraico che ha tolto così il cappello dell’Onu alla missione. Quali sono i compiti del contingente internazionale? Monitorare il cessate il fuoco, smilitarizzare la Striscia – anche attraverso la distruzione delle infrastrutture esistenti – non solo da Hamas ma anche da altre milizie come la Jihad islamica palestinese. Garantire la tregua è una delle fasi più complicate. Dall’entrata in vigore del cessate il fuoco, 10 ottobre scorso, l’Idf ha ucciso oltre 240 persone e ferito altre 607. Numeri che hanno portato il bilancio totale delle vittime a quasi 69mila morti e oltre 170mila feriti. L’Isf, inoltre, dovranno «proteggere i civili, comprese le operazioni umanitarie, addestrare e fornire sostegno alle forze di polizia palestinesi controllate e coordinarsi con gli stati interessati per garantire i corridoi umanitari». Chi finanzierà la il contingente? Lo faranno i donatori attraverso «contributi volontari» e «strumenti di finanziamento del Consiglio di pace e dei governi». Israele e la lezione dimenticata di Rabin. Herzog: «Oggi siamo sull’orlo dell’abisso» Cisgiordania Intanto, in Cisgiordania la situazione è sempre più tesa con i coloni che ieri hanno inondato la spianata delle moschee, luogo sacro per i musulmani. Secondo l’agenzia palestinese Wafa, 465 haredi (ultraortodossi) e ultranazionalisti hanno fatto incursione nell’area sotto la protezione della polizia e hanno eseguito rituali religiosi. Lo status quo in vigore in uno dei luoghi più sacri dell'Islam vieta agli ebrei di pregare e compiere riti religiosi o di portare la bandiera israeliana, in quanto sono azioni che vengono considerate provocatorie da parte dei palestinesi. Ma non è la prima volta che vengono compiute azioni di questo tipo. D’altronde, il primo a metterle in pratica è il ministro della sicurezza Itamar Ben Gvir, il rappresentante politico per eccellenza dei coloni.