Almeno 34 palestinesi sono stati uccisi nel giorno dell’Eid al Adha. «Gli arabi sacrificano l’agnello, noi sacrifichiamo i nostri figli». I miliziani: «Sì alla trattativa», il no di Witkoff. Quattro soldati israeliani uccisi a Khan Younis. Mentre l’Idf lancia raid su Beirut
Per il secondo anno di fila a Gaza l’Eid al Adha ha un valore diverso. La festività più importante del mondo islamico, quella che ricorda il sacrificio di Abramo, non è più sinonimo di famiglia, convivialità e gioia. Migliaia di civili si sono riuniti in preghiera tra le macerie, con le facce consumate dalla guerra e dalla fame. Lacrime e dolore si sono fusi nei sermoni degli imam.
Per qualche ora la religione ha mitigato le sofferenze, ha dato una parvenza di normalità prima di catapultare tutti alla violenta realtà. In tutti gli altri paesi arabi, invece, venerdì è stato il giorno del consueto rituale che vede le famiglie musulmane compiere il sacrificio dell’agnello e riunirsi a tavola per festeggiare.
Nella Striscia non c’è niente per cui valga la pena festeggiare. Ogni famiglia ha qualcuno da piangere o ricordare. La carne non c’è più da mesi, le tavole sono vuote. Come se non bastasse, nella mattinata di venerdì la Gaza Humanitarian Foundation ha annunciato la chiusura dei centri di distribuzione.
Nel pomeriggio ha poi detto di averli riaperti e chiusi in anticipo per sovraffollamento. «Mentre voi arabi sacrificate l’agnello, noi sacrifichiamo i nostri figli», grida disperato Rami di fronte al corpo di un bambino. Uno delle sette vittime giunte all’ospedale al Shifa dopo un bombardamento israeliano a Jabalia, nel nord della Striscia.
Dall’alba sono almeno 34 i palestinesi uccisi solo nella giornata di venerdì. Strappandosi la maglia di dosso, Rami ha richiamato il mondo arabo-musulmano alle sue responsabilità e contraddizioni. Intanto, l’Idf ha comunicato che gli spostamenti verso i punti di distribuzione degli aiuti è consentito soltanto dalle 6 alle 18. «L’area è considerata zona militare», ha detto il portavoce. «Entrarci rappresenta un grave pericolo per le vostre vite. È severamente vietato entrare nei centri di distribuzione e nelle aree circostanti». In 10 giorni oltre 100 palestinesi sono stati uccisi e quasi 500 feriti nei pressi degli hub.
Fronte nord
«Non ci sarà pace a Beirut, né ordine e stabilità in Libano senza la sicurezza dello Stato di Israele. Gli accordi devono essere rispettati e, se non farete quanto è previsto, continueremo ad agire con grande forza», ha detto il ministro della Difesa israeliano Israel Katz dopo una serie di raid nel sud del Libano e nei quartieri meridionali di Beirut.
Per le autorità libanesi e iraniani, gli attacchi della notte sono una chiara violazione dell’accordo del cessate il fuoco raggiunto il 27 novembre del 2024. L’accordo prevede il ritiro dell’esercito israeliano dal Libano, il disarmo di Hezbollah e il controllo da parte dei militari libanese del sud del paese.
L’inchiesta a Parigi
Dopo le indagini aperte in Olanda dalla Corte penale internazionale, ora anche la procura antiterrorismo di Parigi ha aperto un’inchiesta per complicità in genocidio, istigazione al genocidio e complicità di crimini contro l’umanità a carico di cittadini franco-israeliani accusati di aver partecipato al blocco degli aiuti umanitari a Gaza tra gennaio e maggio 2024.
L’inchiesta è partita dopo una denuncia dell’Unione ebraica francese per la pace nel novembre del 2024, oltre che da una vittima franco-palestinese.
«Governo a casa»
Non si placano le polemiche politiche interne allo Stato ebraico dopo la notizia diffusa il 5 giugno secondo cui l’Idf avrebbe armato la milizia guidata da Yasser Abu Shabab, antagonista rispetto ad Hamas. Il gruppo sarebbe il responsabile dei saccheggi degli aiuti umanitari avvenuti nelle ultime due settimane.
Secondo diverse inchieste giornalistiche i combattenti sono legati allo stato islamico (Isis). «Dopo aver finanziato Hamas, ora Netanyahu arma milizie legate all’Isis, senza alcuna pianificazione strategica e solo per alimentare nuovi disastri», ha detto il leader dell’opposizione Yair Lapid. «Le armi che entrano a Gaza finiranno per essere rivolte contro i soldati dell’Idf e i cittadini israeliani. Questo governo deve tornare a casa».
E proprio venerdì 4 militari israeliani sono morti a Khan Younis. Intanto il leader di Hamas, Khalil al Hayya, ha rilanciato le trattative per arrivare a un cessate il fuoco per evitare che la proposta dell’inviato Usa Steve Witkoff finisca nel dimenticatoio. Il leader ha anche fatto sapere che l’organizzazione è pronta ad avviare un nuovo round di negoziati e a trasferire il controllo della Striscia all’autorità nazionale palestinese.
Ma per Witkoff le controdeduzioni fatte da Hamas sono «totalmente inaccettabili» e un ostacolo ai negoziati.
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