Gli attivisti, l’eurodeputata Hassan e l’attore Cunningham trasportavano beni di prima necessità verso la Striscia. Le forze israeliane li hanno bloccati in acque internazionali. Trattenuti, sono stati trasferiti nell’aeroporto di Tel Aviv per il rimpatrio, ha fatto sapere il ministero degli Esteri israeliano
La marina militare israeliana è intervenuta in acque internazionali per intercettare la freedom flotilla “Madleen”, la barca con cui l’attivista svedese Greta Thunberg e altre undici personalità internazionali volevano tentare di penetrare il blocco navale dello stato ebraico sulla striscia di Gaza. L’operazione si è svolta, senza incidenti gravi, nelle prime ore di lunedì. I naviganti sono stati trasferiti su imbarcazioni israeliane. La “Madleen” è stata trascinata verso il porto di Ashdod, una trentina di chilometri a nord di Gaza.
«I droni si sono avvicinati e ci hanno attaccato spruzzando una sostanza bianca che faceva male agli occhi», recita un comunicato della Madleen che descrive l’intervento degli israeliani. «Il sistema radio era disturbato mentre il personale di IOF saliva a bordo per rapire l’equipaggio», continua, usando l’acronimo “Israel Occupation Forces” molto diffuso nel movimentismo anti-israeliano.
La guerra delle immagini
Da parte sua il ministero degli Esteri di Gerusalemme ha provato a rilanciare la sfida sul piano mediatico diffondendo la propria versione dei fatti sulle reti sociali. In un video si vede una soldatessa che prima dell’arrembaggio cerca di far desistere i naviganti: «Se volete consegnare aiuti umanitari a Gaza potete farlo attraverso il porto di Ashdod, seguendo i canali prestabiliti», annuncia con un megafono. Nelle sue comunicazioni ufficiali, il ministero fa riferimento alla “Madleen” come allo «yacht dei selfie», e su X ironizza: «La scarsa quantità di aiuti che non sono stati consumati dalle celebrità verrà trasferito a Gaza». In foto mostra una Greta sorridente ricevere un panino dai soldati.
Musheir El-Farra, un attivista palestinese di Gaza che oggi risiede nel Regno Unito, nel 2008 era a bordo di una delle prime due barche che riuscirono a raggiungere il porto di Gaza, superando il blocco navale; fu l’allora premier Olmert a decidere di non intervenire, lasciando che i due battelli approdassero al porto di Gaza City a dispetto degli israeliani per la prima volta dal 1967. Oggi l’attivista ci invia un commento indignato: «L’intercettazione violenta della Madleen e l'arresto degli attivisti anti-genocidio è un atto di pirateria. Purtroppo Israele ha sempre violato impunemente il diritto internazionale».
Israele non ha mai riconosciuto a Gaza il diritto a controllare le proprie acque territoriali, malgrado il suo ritiro nel 2005. Prima della guerra consentiva la navigazione a poche imbarcazioni palestinesi autorizzate, limitandone il raggio di azione a poche miglia e attaccandole frequentemente in modo arbitrario. Il nome della Madleen viene proprio da una donna che, malgrado la repressione delle attività marittime, rimaneva attiva nella pesca a Gaza. Indipendentemente da questo blocco navale, Israele non potrebbe intervenire in acque internazionali.
Secondo la testata Middle East Eye, il ministro della Sicurezza nazionale Ben Gvir avrebbe ordinato di preparare per gli attivisti celle separate nella prigione di Givon, dove trattenerli prima del loro rimpatrio nei paesi di origine. Israel Katz, il ministro della Difesa israeliano, ha fatto sapere che prima di ripartire gli attivisti saranno sottoposti alla visione di un documentario sul 7 ottobre: 47 minuti di video, in parte inediti e in parte già trapelati, con alcuni fra i momenti più atroci dell’operazione “Diluvio di Al-Aqsa”. Poco dopo la realizzazione Netanyahu aveva proposto di renderlo pubblico, sperando che orrori, decapitazioni, corpi mutilati e bruciati, la telefonata di un miliziano ai genitori («ne ho uccisi dieci, camminate a testa alta») e tutto il resto, potessero aiutarlo a giustificare la guerra totale su Gaza. Ma le famiglie delle vittime si erano opposte. Perciò i contenuti sono mostrati solo a giornalisti e rappresentanti istituzionali; ora pure a Greta e soci.
I precedenti
Con l’avvicinarsi della “Madleen” alla costa di Gaza erano cresciuti i timori che Israele potesse decidere di intervenire in maniera più violenta. Il senatore americano filo-israeliano Lindsey Graham aveva commentato: «Spero Greta e i suoi amici sappiano nuotare», alludendo alla possibilità che la barca venisse affondata.
A inizio maggio, al largo delle coste di Malta, la “Conscience”, l’imbarcazione precedentemente scelta dalla Freedom Flotilla Coalition per l’operazione su Gaza, era stata colpita da velivoli non identificati, probabilmente droni o aerei israeliani, mentre era in attesa di imbarcare gli attivisti. Ma ci sono precedenti ben più gravi. Nel 2010 la Mavi Marmara, un’imbarcazione turca, fu attaccata dalle forze israeliane quando si trovava ancora in acque internazionali. I soldati saliti a bordo uccisero 9 persone; decine i feriti negli scontri con gli attivisti. L’incidente provocò anni di gelo fra Ankara e Tel Aviv, pesando come un macigno sulle relazioni fra i due paesi; la dinamica dei fatti è rimasta al centro di annose controversie legali.
La “Madleen” era salpata l’1 giugno dal porto di San Giovanni Li Cuti, a Catania, con a bordo aiuti come latte in polvere, pannolini e beni di prima necessità da portare Gaza, in crisi umanitaria e dove le vittime sarebbero oltre 50mila. Thunberg, a 22 anni già 5 volte candidata al Nobel per la pace, era salpata insieme, fra gli altri, all’attore irlandese Liam Cunningham e all’eurodeputata francese di origine palestinese Rima Hassan. Aveva detto di «non poter stare a guardare questo genocidio senza fare qualcosa», e ricevuto poi da Katz l’ormai immancabile accusa di essere antisemita.
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