L’Onu: «È il genocidio dei palestinesi». Netanyahu se ne frega, ma è più isolato

Una commissione d’inchiesta creata con procedura speciale dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha presentato un dettagliato rapporto che accusa Israele di genocidio a Gaza. Durante una conferenza stampa gli esperti scelti dall’istituzione – a cui fa capo, pur non essendo coinvolta in questo rapporto, anche la rappresentante Francesca Albanese – hanno invitato il segretario generale António Guterres e gli altri vertici delle Nazioni Unite ad adottare il termine nelle comunicazioni ufficiali. Fra gli autori c’è Navi Pillay, ex commissario Onu per i diritti umani, eroina della lotta anti apartheid e prima donna di colore a fare parte della Corte costituzionale in Sudafrica. «La commissione ha concluso che le autorità israeliane e le forze di sicurezza israeliane hanno commesso e continuano a commettere i seguenti atti di genocidio nei confronti dei palestinesi nella Striscia», ha detto Pillay. «Uno: uccidere membri del gruppo. Due: causare gravi danni fisici o mentali ai membri del gruppo. Tre: infliggere deliberatamente condizioni di vita tali da provocarne la distruzione fisica, totale o parziale. E quattro: imporre misure volte a impedire le nascite». Gaza tragedia immensa e l’Occidente ne è complice La risposta di Tel Aviv E ancora: secondo la ricostruzione della commissione, quelli commessi sono «crimini atroci», la cui «responsabilità ricade sulle più alte cariche delle autorità israeliane». La risposta dello Stato ebraico non si è fatta attender: per Tel Aviv, si tratta di una «inchiesta falsa, condotta da commissari antisemiti che agiscono come rappresentanti di Hamas». D’altronde anche il messaggio che l’Ue invia a Israele è chiaro: «Questo intervento militare porterà a più distruzione, più morti e più sfollamenti. Siamo stati chiari sul fatto che questo aggraverà anche la situazione umanitaria già catastrofica e metterà anche in pericolo la vita degli ostaggi. È giunto il momento di interrompere il ciclo di violenza, di distruzione e di sofferenza e questo deve finire ora», ha spiegato portavoce della Commissione Ue Anouar El Anouni. Come preannunciato la scorsa settimana da Ursula von der Leyen, la Commissione europea adotterà «la proposta che mira a sospendere alcune disposizioni commerciali dell’accordo Ue-Israele», come riferito dalla portavoce Paula Pinho. Di «misure volte a esercitare pressioni sul governo israeliano affinché cambi rotta riguardo alla guerra a Gaza» ha parlato anche l’Alta rappresentante, Kaja Kallas: «Sospendere le concessioni commerciali e imporre sanzioni ai ministri estremisti e ai coloni violenti segnalerebbe chiaramente che l’Ue esige la fine di questa situazione». Altro che portatore di pace: l’inetto infido Donald Trump ci intrappola in due guerre. Mediatore cercasi Nonostante le proteste internazionali, i vertici politici israeliani continuano a rilasciare dichiarazioni simili a quelle che il rapporto Onu denuncia come prove di «intenzione» genocidaria: «Gaza brucia», ha esultato il ministro della Difesa Israel Katz, mentre l’operazione di terra su Gaza City entra nella sua fase più distruttiva. Ma l’opposizione all’offensiva non è limitata agli organismi Onu e agli attori internazionali: voci critiche si levano anche all’interno dello Stato ebraico. Il generale israeliano in pensione Israel Ziv, durante un incontro su Zoom con un gruppo ristretto di giornalisti, ha ammesso che posizioni contrarie sono diffuse all’interno dello stesso esercito: «Ci si chiede quali siano gli obiettivi dell’operazione, e c’è il timore che i rischi siano maggiori dei possibili benefici». Anche Eyal Zamir, il capo dell’esercito scelto da Netanyahu, ha espresso perplessità secondo indiscrezioni trapelate nei media locali. «Il premier non ci sta dicendo cosa succederà dopo, non sappiamo a cosa prepararci», avrebbe detto durante un incontro riservato con la sottocommissione della Knesset per l’intelligence e i servizi segreti qualche giorno fa. «Se vogliono un governo militare, allora dovrebbero dirlo chiaramente», recita un’altra delle citazioni trapelate. Il fatto che Zamir non si opponga pubblicamente e proceda lo stesso con l’operazione non piace al portavoce dell’esercito israeliano, secondo cui Zamir avrebbe la «responsabilità» di dire la verità riguardo la sua opposizione. La spaccatura, insomma, interessa i ranghi delle forze armate fino ai suoi vertici. Grande fuga da Gaza City: «Ci ammassano come animali verso il macello» L’ira di Yair Più a viso aperto rispetto al dissenso dei militari è invece l’attacco a Netanyahu di Yair Lapid, il politico più influente del fronte di centro-sinistra. «Nessuno al mondo capisce cosa voglia Israele, quale sia la sua strategia, quale sarà il risultato finale, come libereremo gli ostaggi, come porremo fine alla guerra», ha detto al quotidiano Yediot Ahronot, la testata a pagamento più venduta nel paese. «L’operazione è iniziata, ma nessuno sa come finirà. Le stime più prudenti dicono che proseguirà anche nel 2026. Qual è l’idea? Combatteremo per sempre a Gaza? È illogico», ha aggiunto. «Un paese non intraprende una campagna militare di questa portata, che dovrebbe durare fino al prossimo anno, senza definire degli obiettivi». Al telefono da Londra Daniel Levy, presidente del think tank U.S. Middle East Project, dice che, per quanto il dissenso monti, rimane comunque inefficace. «Non è abbastanza diffuso per fermare Bibi. Voglio dire, Zamir sta cedendo e l’opposizione, compresa la mobilitazione di piazza, non è abbastanza forte da cambiare le dinamiche». Voci circolate quanto alla sorte dei 48 israeliani ancora prigionieri nella Striscia sostengono Hamas abbia spostato alcuni di loro dai tunnel in case in superficie, per farsene scudo. Le madri dell’organizzazione dei familiari hanno citato questa notizia, anche se è impossibile da verificare e potrebbe essere soltanto propaganda, per sottolineare il rischio per i propri cari. Nel frattempo, le immagini satellitari di Planet Labs PBC, un’azienda con sede in California, mostrano come interi quartieri di Gaza City siano stati sistematicamente rasi al suolo ancora prima dell’operazione di terra nel cuore della città iniziata la mattina di martedì 16. Ma Netanyahu e il suo ministro Ben Gvir si indignano per ben altro: il fatto che il processo per corruzione di Bibi continui «anche in questa fase cruciale per il paese». Meloni disprezza la Flotilla perché smaschera l’inerzia del governo