La stabilità dell’Indo-Pacifico è legata a una serie di dispute territoriali le cui origini hanno radici nella turbolenta storia della regione. Se a fare notizia è la complessa questione di Taiwan, la cui sovranità è rivendicata da Pechino, Taipei non è l’unica isola a essere contesa. Le acque dell’Asia sono, infatti, popolate da molteplici attori dalle rivendicazioni sovrapposte.

Di particolare interesse è il caso del Giappone. Il principale alleato americano nell’Indo-Pacifico è, difatti, coinvolto in ben quattro dispute territoriali: quella per le Senkaku/Diaoyu con Pechino e Taipei; quella per le Takeshima/Dokdo con Seul; quella per le Curili con Mosca; e quella meno nota relativa alle rivendicazioni di una zona economica esclusiva attorno all’atollo di Okinotori.

Sebbene tutte e quattro queste dispute contribuiscano al clima di incertezza nella regione, i due flashpoint che più preoccupano sono le Senkaku e le Curili. In uno scenario internazionale sempre più rimodellato dall’assertività cinese a est e russa a ovest, è interessante notare come il Giappone rappresenti l’unico paese a detenere dispute territoriali con entrambe le due principali potenze revisioniste. Le contese tra Tokyo, Pechino, e Mosca meritano, quindi, particolare attenzione.

Le isole Senkaku

Le Senkaku sono un piccolo gruppo di isole (e rocce) disabitate nel Mar Cinese orientale, dal 1895 sotto amministrazione giapponese. La sovranità delle isole è contesa sia da Pechino che da Taipei, entrambe le quali le reclamano come proprie.

A prescindere dalla validità o meno di tali pretese, la disputa rappresenta un ostacolo di prim’ordine nelle relazioni sino-giapponesi. A Pechino, le rivendicazioni per la sovranità delle isole si intrecciano sia a questioni domestiche legate al nazionalismo cinese, che a dilemmi strategici. Di contro, Tokyo nega risolutamente l’esistenza di una disputa in quanto per il Giappone le isole costituiscono senza ombra di dubbio territorio nipponico.

Le tensioni tra i due vicini sono più volte sfociate in un aperto confronto diplomatico. Nel 2010, in seguito all’arresto del capitano di un peschereccio cinese coinvolto in una collisione con un’imbarcazione della guardia costiera giapponese, la Cina ha di fatto risposto imponendo un embargo sulle esportazioni di terre rare al Giappone. Due anni dopo, Tokyo ha nazionalizzato tre delle isole, suscitando le ire dei cinesi che hanno preso d’assalto ristoranti e attività giapponesi in Cina. Il governo di Pechino ha reagito, inoltre, annunciando una nuova zona Adiz (Air defense identification zone), che includeva lo spazio aereo sopra le isole. Sebbene dal 2013 a oggi non si siano verificati nuovi incidenti eclatanti, le tensioni rimangono elevate.

A preoccupare Tokyo sono le continue incursioni di imbarcazioni militari e paramilitari cinesi nelle acque territoriali e nelle zone contigue delle isole, i cui numeri, secondo i dati forniti dalla guardia costiera giapponese, si sono moltiplicati proprio a partire dal 2012. Problematico è anche il fatto che Pechino ricorra a operazioni coercitive entro i canoni della cosiddetta “zona grigia”, ovvero attività assertive che rimangono sotto la soglia di un attacco armato e il cui obiettivo è quello di alterare gradualmente lo status quo e normalizzare la presenza cinese nelle acque contese. In risposta a tali preoccupazioni, Tokyo ha riorientato le proprie priorità strategiche e difensive verso l’area sud-occidentale del paese.

La disputa ha, tuttavia, implicazioni che vanno oltre le sole relazioni bilaterali e rischia di implicare anche gli Stati Uniti, legati al Giappone da un trattato di sicurezza. Sebbene Washington non si sia espressa riguardo alla sovranità delle isole, la Casa Bianca ha più volte confermato che le Senkaku ricadono entro i confini dell’articolo 5. Va poi sottolineato che il comportamento di Pechino nel Mar Cinese orientale è deleterio sia all’interno che al di fuori della regione, in quanto rischia di costituire un precedente indesiderato.

Le isole Curili

L’arcipelago delle Curili si estende a nord dell’isola giapponese di Hokkaido fino alla penisola russa della Kamčatka. Oggetto della disputa sono le quattro isole di Kunashiri (Kunashir in russo), Etorofu (Iturup), Shikotan, e Habomai, la cui sovranità è contesa tra Tokyo e Mosca da oltre settant’anni.

A differenza delle Senkaku, le Curili non sono state, in passato, al centro di drastici scontri diplomatici. Negli anni, le varie visite dei rappresentanti del governo russo – l’ultima quella del primo ministro Mishustin nel 2021 – hanno suscitato le proteste delle autorità giapponesi senza però sfociare in ulteriori tensioni diplomatiche. Al contrario, seppur fermo nelle sue rivendicazioni, il Giappone, soprattutto sotto l’ex primo ministro Abe, ha portato avanti una politica di apertura nei confronti di Mosca. La risoluzione della disputa era infatti uno dei cavalli di battaglia dell’allora premier giapponese che, a tale scopo, ha spesso optato per il perseguimento di rapporti personalistici con Putin. Nel 2014, in seguito alla crisi in Crimea e nel Donbas, tale approccio si è scontrato con la linea occidentale pro-sanzioni. Allora, infatti, Tokyo ha introdotto solo sanzioni per lo più simboliche.

La guerra in corso in Ucraina ha, tuttavia, ricalibrato l’approccio giapponese e ha ulteriormente complicato la questione delle Curili. L’allineamento di Tokyo con le potenze occidentali non è, infatti, stato digerito da Mosca che ha risposto alle sanzioni giapponesi includendo il paese nella lista di “nazioni ostili”. Il Cremlino ha, inoltre, abbandonato i negoziati per la firma di un trattato di pace e la relativa risoluzione della disputa, ritirandosi anche dalle negoziazioni per la realizzazione di progetti economici congiunti nei territori contesi.

Mosca ha inoltre assunto una posizione più rigida e polemica nei confronti di Tokyo denunciando, ad esempio, le esercitazioni militari di Giappone e Stati Uniti, definendole un pericolo per la sicurezza nazionale russa. L’escalation del Cremlino è proseguita con il dispiegamento di sistemi missilistici di difesa su Paramushir, un’isola delle Curili settentrionali non rivendicata da Tokyo. Questo sviluppo non è, tuttavia, da considerarsi una novità. Difatti, la militarizzazione russa dell’intero arcipelago delle Curili, tra cui anche delle contese Etorofu e Kunashiri, era già stata avviata almeno dal 2015.

Dal canto suo, Tokyo non si è piegata alle ire di Mosca. Kishida ha simbolicamente utilizzato l’espressione “territorio intrinseco” (koyū no ryōdo) in riferimento ai territori contesi, una terminologia che entrambi i suoi due predecessori avevano evitato. Inoltre, il paese del Sol Levante ha continuato a rafforzare il proprio allineamento con l’occidente e si è risolutamente espresso a sostegno dell’Ucraina.

È però interessante notare come Tokyo abbia, allo stesso tempo, ignorato la dichiarazione di Zelensky con cui Kiev ha riconosciuto la sovranità giapponese sulle quattro isole contese. Nonostante la dura linea di entrambe le parti, è pertanto improbabile che la disputa delle Curili possa evolversi al di là di una contesa diplomatica.

Tensioni su due fronti?

Se gli occhi del Giappone rimangono puntati sulla Cina e sulle incursioni nel Mar Cinese orientale, l’invasione russa dell’Ucraina ha sollevato nuove apprensioni a Tokyo. Sebbene Russia e Cina non si siano espresse nelle rispettive dispute territoriali, resta da vedere se un’eventuale convergenza di interessi possa spingere Mosca e Pechino a sostenere le reciproche rivendicazioni, soprattutto data la posizione strategica delle isole contese. In tal caso, il Giappone potrebbe trovarsi nella posizione di dover navigare tensioni su due fronti e con rivali che stanno già approfondendo la propria collaborazione.

Come evidenziato nella nuova National security strategy giapponese, da alcuni anni, Russia e Cina coordinano la propria presenza navale in Asia e organizzano esercitazioni militari congiunte in aree di particolare interesse per Tokyo, tra cui il Mar del Giappone e il Mar Cinese orientale. Tale coordinamento è volto a lanciare un segnale non solo a Tokyo, ma soprattutto a Washington. Nonostante ciò, le relazioni sino-russe presentano ancora numerosi ostacoli: l’emergere di un asse Pechino-Mosca esteso a supporto delle rispettive dispute rimane per ora un punto di domanda.

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