Stati Uniti, Regno Unito e Australia sono pronti a unire le forze per sviluppare i missili ipersonici. Come già successo con la stipula dell’Aukus, un patto di sicurezza trilaterale firmato da Washington Canberra e Londra nel 2021, anche in questo caso l’obiettivo ultimo è contrastare l’espansione militare cinese nella regione dell’Indo-pacifico, area diventata di primario interesse per gli Stati Uniti negli ultimi anni.

La guerra in Ucraina ha certamente catalizzato l’attenzione delle cancellerie mondiali, in primis di quelle occidentali, ma gli Usa hanno continuato a tenere sotto controllo le mosse di quello che è a tutti gli effetti il loro rivale numero uno. Come dimostra lo stesso contenuto della Strategia di difesa nazionale presentata dal Pentagono fine marzo, che definisce Pechino come il “maggior competitor strategico” degli Stati Uniti.

I missili ipersonici

Uno dei programmi su cui gli Usa sono in ritardo rispetto alla Cina è proprio quello dei missili ipersonici. Pechino ha condotto negli ultimi anni centinaia di test, superando di gran lunga Washington, ferma a poche decine di simulazioni nonostante l’esistenza di un programma di sviluppo apposito. Come sanno bene sia gli Usa che la Cina, i missili ipersonici sono destinati ad essere uno strumento militare decisivo nel prossimo futuro e nessuna delle due potenze vuole trovarsene sprovvista. Al momento però la Cina è in netto vantaggio nel loro sviluppo. Solo un anno fa, Pechino è riuscita a lanciare un missile con capacità nucleare che ha girato intorno alla Terra in orbita bassa, prima di cadere in mare. Secondo fonti citate dal Financial Time, il missile avrebbe mancato il suo bersaglio di circa 32 chilometri, ma ciò nonostante la notizia ha destato non poche preoccupazioni nell’intelligence americana, che non si aspettava un simile avanzamento delle capacità belliche cinesi.

I missili ipersonici sono molto più difficili da intercettare con i sistemi di difesa esistenti rispetto a quelli balistici o da crociera a causa della loro velocità, pari a cinque volte quella del suono e agevolata dalla capacità di volare su una traiettoria bassa nell'atmosfera.

In questo modo, il missile ipersonico riesce a raggiungere l’obiettivo in tempi più brevi rispetto a quello balistico. Inoltre, si tratta di strumenti precisi e manovrabili come i missili da crociera, ma dotati di una capacità distruttiva ancora superiore.

Il test cinese ha anche messo in luce alcune carenze del sistema di difesa anti-missilistico americano. Gli Usa sono preparati contro attacchi che possono giungere dal polo nord, ma la Cina ha dimostrato di poter colpire anche da quello sud. Un fianco al momento scoperto e che gli americani dovranno presto trovare il modo di proteggere.

La deterrenza integrata

Nei piani degli Usa la cooperazione con Regno Unito e Australia non dovrebbe limitarsi soltanto allo sviluppo dei missili ipersonici. Washington vuole portare avanti la cosiddetta deterrenza integrata, un progetto che prevede la messa in comune delle capacità militari degli Stati Uniti e dei suoi alleati per superare quelle dei propri rivali.

Prima di tutto, però, è necessario procedere con l’integrazione dei due domini diventati ormai fondamentali per il mantenimento della superiorità militare: spazio e cyber. Gli Usa si stanno muovendo da tempo verso l’integrazione di questi ambiti, consapevoli che tanto il controllo delle orbite basse della Terra quanto lo sviluppo di capacità cyber sono due passaggi fondamentali per continuare ad avere il predominio della forza militare.

Il rafforzamento della cooperazione con Australia e Regno Unito, dunque, dovrebbe consentire agli Usa di raggiungere quello che il generale Charles Moore, vicecomandante del Cyber command, ha definito un “vantaggio asimmetrico” rispetto alla Cina. Pechino, a differenza degli Usa, non può contare su partnership consolidate con altre potenze e può dunque essere superata sul piano militare da alleanze mirate. Come quella che sta prendendo sempre più forma nell’Indo-pacifico.

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