La guerra in Ucraina ha portato in Egitto un aumento dei prezzi delle materie prime e una fuga di capitali. L’ennesimo colpo a un’economia nazionale precaria e che lentamente stava recuperando lo shock causato dalla pandemia da Covid-19.

In questo momento di fragilità economica, l’Egitto del presidente Abdel Fattah al Sisi è alla disperata ricerca di investitori stranieri e le monarchie del Golfo Persico, approfittando della situazione, sono andate in soccorso del generale egiziano portando investimenti per circa venti miliardi di dollari.

La crisi

Il governo egiziano sta affrontando una crisi alimentare che è destinata a protrarsi nel medio-lungo periodo. L’aumento dell’inflazione ha alzato i prezzi delle materie prime e dei generi alimentari di prima necessità. Un fattore importantissimo per la tenuta sociale del paese, visto che circa il 35 per cento della popolazione (su oltre 102 milioni di egiziani) vive sotto la soglia della povertà.

Se l’Europa è dipendente a livello energetico dal gas e dal petrolio russo, l’Egitto lo è per l’approvvigionamento di grano. Metà delle sue importazioni provengono da Mosca mentre circa un altro 30 per cento da Kiev. Senza contare che il Cairo importa anche oltre la metà del suo olio di girasole dall’Ucraina. Per via dell’invasione russa i prezzi del grano nel paese hanno registrato un aumento del 44 per cento, mentre per altri generi alimentari sono stati eliminati i sussidi statali la scorsa estate.

La priorità di al Sisi è mantenere il potere ed evitare che una crisi economica di ampia portata possa portare a disordini e rivolte. Anche per questo ha assunto una linea ambigua nei confronti di Vladimir Putin, uno dei suoi più importanti alleati in Europa che negli anni ha effettuati diversi investimenti nel settore energetico e del turismo.

Gli Emirati Arabi Uniti

La guerra ha spinto il generale egiziano a cercare investimenti nel ricco Golfo Persico. Il tour del presidente egiziano è iniziato a febbraio dove è andato in visita negli Emirati Arabi Uniti, in Bahrain e in Kuwait, e si è concluso a marzo con la visita a Ryiadh. Al Cairo ha invece ospitato il principe ereditario di Abu Dhabi Mohammed bin Zayed Al Nahyan lo scorso marzo, e nelle settimane successive i due governi hanno mantenuto colloqui e relazioni.

I due paesi stanno stringendo importanti accordi economici. Lo scorso 12 aprile la Abu Dhabi Development holding company, uno dei fondi sovrani dell’emirato, ha investito circa due miliardi di dollari in cinque importanti società egiziane quotate in borsa. Una notizia che ha fatto volare i titoli nel mercato finanziario egiziano.

Le cinque imprese sono la piattaforma di pagamento online Fawry, la compagnia statale Alexandria Container and Cargo Handling Company, Abu Qir Fertilizers, la Commercial International Bank e Misr Fertilizers Production Company. Si tratta di aziende posizionate in settori chiave e che hanno generato importanti profitti negli ultimi anni attirando gli investimenti del fondo sovrano emiratino.

La decisione di Abu Dhabi è in linea con il programma strategico lanciato dai due paesi nel novembre del 2019, poco prima della pandemia, che prevede investimenti congiunti da venti miliardi di dollari in diversi settori e attività.

I legami con gli Emirati Arabi Uniti si stanno rafforzando sempre di più. Dallo scoppio della guerra il presidente al Sisi e il principe ereditario bin Zayed Al Nahyan, hanno avuto diversi colloqui per discutere sia della guerra in Ucraina e capire che linea intraprendere al tavolo dei negoziati, ma soprattutto per cercare nuovi investimenti che possano anche accelerare la transizione energetica.

Il 25 aprile scorso la compagnia egiziana Hassan Allam Utilities ha firmato due memorandum d’intesa con l’Abu Dhabi future energy company (Masdar) per costruire impianti adibiti alla produzione di idrogeno verde nella zona economica del Canale di Suez. Il progetto punta a produrre 480mila tonnellate di idrogeno verde all’anno in varie fasi fino al 2030.

Gli altri investimenti

Johanna Geron, Pool Photo via AP

Il mese scorso, l’Arabia Saudita del principe Mohammed bin Salman ha depositato cinque miliardi di dollari presso la Banca centrale egiziana dopo che le riserve erano scese a 37 miliardi (erano 41 a febbraio del 2022), uno dei punti più bassi dal periodo pandemico.

Il primo ministro egiziano Mustafa Madbouly ha annunciato anche che il paese attirerà ulteriori investimenti sauditi per un valore di dieci miliardi di dollari dopo la firma di un accordo che faciliterà le operazioni del Pif (Public investment found, il fondo sovrano della monarchia) in Egitto. E ora, nel mirino, ci sono aziende portuali e delle telecomunicazioni.

Il 29 marzo il Qatar ha firmato accordi per un valore complessivo di cinque miliardi di dollari, mentre il fondo sovrano del paese ha garantito che continuerà con gli investimenti già proposti prima dell’inizio della guerra. Per implementare l’intesa è stato creato anche un comitato apposito presieduto dai ministeri degli Esteri dei due paesi. Segno di un’ulteriore distensione diplomatica e delle relazioni commerciali tra Egitto e Qatar dopo l’embargo economico del 2017.

La richiesta di aiuto al Fmi

A fine marzo l’Egitto si è rivolto nuovamente al Fondo monetario internazionale in cerca di un nuovo prestito dopo quelli ottenuti nel 2020 e nel 2016. In attesa della discussione di un nuovo prestito, di cui non è ancora certa l’approvazione, l’Egitto ha vietato per ora le esportazioni di grano, farina, riso, pasta, oli e fagioli, e mira ad aumentare la produzione interna nei prossimi mesi.

A oggi i soldi ottenuti dai recenti investimenti sono stati impiegati per aumentare le riserve di dollari nella banca centrale, pagare i costi di un debito pubblico in costante aumento, e attutire l’aumento dei costi delle materie prime e del grano. Ma basterà? La crisi del grano probabilmente durerà anche nel medio-lungo periodo dato che interi raccolti sono andati perduti per via della guerra e il conflitto non accenna ancora a rallentare mantenendo i prezzi ancora alti.

L’Egitto, ancora una volta come già accaduto nel 2013 dopo la caduta dell’ex presidente Morsi e la salita al potere del generale al Sisi, si affida alle monarchie del Golfo per far “respirare” la sua economia. Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti vogliono lasciare Al Sisi al potere, un alleato affidabile per mantenere stabile l’area ed evitare, ancora una volta, l’ascesa dei fratelli musulmani come accaduto con Morsi. Per esperti e analisti, però, il presidente egiziano sta cedendo il controllo di aziende strategiche. E al di là del Mar Rosso non vedevano l’ora.

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