C’erano una volta i democratici rurali. Sembra un controsenso, oggi, quando l’immagine che danno di sé è quella di un partito profondamente urbanizzato. Che non vuol dire necessariamente elitario, perché i centri delle città spesso hanno tassi di povertà che sfiorano il venti per cento. A volte lo superano anche, come nel caso di Baltimora, dove si tocca il 23 per cento.

A partire dall’elezione di Barack Obama, questo divario si è allargato. Si è visto anche in elezioni vittoriose per i democratici come i ballottaggi in Georgia per i due seggi del Senato a inizio 2021: senza l’eccezionale affluenza in aree metropolitane come quella di Atlanta sarebbe stato un trionfo per i repubblicani.

Il fenomeno si è visto ancor di più in Iowa, stato che ha votato per Obama due volte e che oggi è diventato un bastione repubblicano.

Le caratteristiche ci sono tutte: una popolazione all’89,9 per cento bianca, quasi il 40 per cento della popolazione che abita in aree rurali e un serio problema di fuga di cervelli per cercare nuove opportunità altrove.

La strategia di Biden

Alcuni esponenti democratici però non si sono rassegnati a questo andazzo, a cominciare dal presidente Joe Biden, che ha messo al centro della sua azione politica il recupero di questi elettori che un tempo facevano parte della coalizione democratica.

In Iowa e anche altrove in America: salta all’occhio subito che anche in stati che possono contare su solide maggioranze dem come la California ci siano aree rurali che votano entusiasticamente repubblicano

Può contare su alcuni alleati al Congresso, come il Senatore Jon Tester del Montana, a sua volta allevatore che nel 2012 in un video elettorale aveva citato la carne del suo stato come cibo irrinunciabile anche durante la sua permanenza a Washington.

La battaglia principale, però, si gioca fuori dal Congresso. A cominciare dal dipartimento dell’Agricoltura, dove Biden ha deciso di sfidare le convenzioni e di nominare un ex come Tom Vilsack, che già aveva occupato la carica negli otto anni di Obama.

Non era stata una nomina gradita all’ala progressista, che non apprezzava il suo legame sviluppato nel quadriennio trumpiano con il suo successore Sonny Perdue per promuovere i prodotti caseari americani all’estero. Come lobbista dell’industria del formaggio, ha guadagnato 900mila euro all’anno. Uno stipendio alto, ma nella media dei lobbisti usciti dal governo con il famigerato sistema delle porte girevoli, criticato da chiunque si candidi a una carica politica ma mai seriamente affrontato.

Non gli viene perdonata neppure l’eccessiva accondiscendenza nei confronti della fusione tra Bayer e Monsanto. All’indomani delle elezioni però, dove nonostante il risultato complessivo arridesse ai democratici, disse chiaramente: «Serve un investimento politico a lungo termine per capire, rispettare e apprezzare l’America rurale». Perché non si è vinto, nonostante il fatto che le guerre commerciali di Trump avessero colpito pesantemente e frustrato gli agricoltori americani?

Un sociologo di Princeton, Robert Wuthnow, nel 2018 ha azzardato una risposta nel suo libro The Left Behind: non si trattava solo di problematiche economiche, ma di preoccupazioni legate al “degrado morale” dell’America, che secondo gli intervistati da Wuthnow rischiava di mettere in crisi il tessuto sociale dei piccoli centri abitati.

Accanto a questa paura irrazionale, c’era anche l’ingiusto trattamento che subiscono gli agricoltori neri, che spesso vengono discriminati anche nell’accesso al credito.

Visti per i lavoratori

I problemi sono immensi e vari e attraversano tutta l’America, a cominciare dall’Iowa, dove Jen Sorenson, presidente dell’Iowa Select Farms, il più grande produttore di carne suina, ha dichiarato in un’audizione al Senato di aver bisogno di un numero illimitato di visti annuali per i migranti che lavorano nell’industria, dato il numero attuale concesso è insufficiente e i produttori devono competere per assicurarsi un numero maggiore di visti.

Alla Camera lo scorso marzo è già stata approvata una legge per dare una regolarizzazione a un milione di clandestini, e Vilsack, poco dopo l’audizione di Sorenson, ha rincarato la dose dicendo che i lavoratori stranieri sono “essenziali” per nutrire l’America. E in questo ha ottenuto il plauso del decano della delegazione repubblicana al Senato, Chuck Grassley, proveniente come lui dall’Iowa.

Insieme a questo problema, che si scontra con la visione di molti abitanti delle zone rurali, c’è anche quello degli incendi che hanno devastato Oregon e California. Il 3 agosto Vilsack è andato in Oregon per indirizzare 15 milioni di aiuti agli agricoltori del bacino di Klamath, specializzati in frutti di bosco, che hanno perso quantità di raccolto che sfiorano il 50 per cento per l’eccezionale ondata di calore.

Tre giorni dopo, in California, insieme al governatore Gavin Newsom, ha affrontato il problema della siccità della Napa Valley che ha colpito un settore d’eccellenza come quello vinicolo. Ma anche un programma straordinario come quello che intende portare la connessione internet a banda larga in 12 stati rurali con 167 milioni di investimento federale, annunciato l’11 agosto come «la corrente elettrica del ventunesimo secolo», cadrebbe nel vuoto senza un lavoro sul campo.

Lavoro che sta venendo attuato da alcuni ex eletti democratici provenienti dalle aree rurali e sconfitti dalle ondate populiste del 2016 e del 2018 come gli ex senatori Heidi Heitkamp e Joe Donnelly, che nel gennaio 2019 hanno fondato l’One Country Project, un think tank fatto per ricucire questa frattura storica risalente agli anni obamiani, giocando un ruolo nella promozione del piano bipartisan per le infrastrutture, dove le aree rurali non saranno più ridotte al ruolo di “stati dove si vola sopra”, ma verranno connessi con la rete di trasporto federale.

La riconnessione però di questo tessuto richiederebbe qualcosa di più. Stati rurali come il Kansas, la Louisiana e il Kentucky hanno governatori democratici: eletti in modo fortunoso e contro avversari impresentabili, ma proponendo un mix di politiche sociali di spesa pubblica mirata all’istruzione, alla sanità e alle infrastrutture con una visione più conservatrice riguardante questioni etiche come l’aborto o il diritto al possesso d’armi, senza adottare la posizione repubblicana con qualche correttivo sociale, ma trovando una via di mezzo.

Del resto, la fusione fredda dei democratici conservatori con i progressisti urbani è stata la chiave del successo elettorale del partito per decenni e ha portato alla realizzazione e all’approvazione del New Deal e alla nomina di due generazioni di giudici federali d’orientamento progressista. Se si ambisce a fare cose paragonabili, questa ricucitura è necessaria.

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