La cucina a gas, uno degli elettrodomestici di uso quotidiano di molte case americane, è la frontiera della nuova guerra culturale.

Tutto è partito da una dichiarazione lo scorso 9 gennaio da parte di uno dei membri del consiglio d’amministrazione dell’Agenzia per la protezione dei consumatori, Richard Trumka jr., figlio dell’omonimo leader sindacale, nominato da Joe Biden lo scorso anno.

Trumka ha detto che tra le opzioni considerate dall’agenzia per ridurre le emissioni c’è anche il futuro divieto di installare una cucina a gas nelle nuove costruzioni.

Una dichiarazione mediaticamente incendiaria, che ha scatenato le dichiarazioni dei principali esponenti repubblicani, tra cui il governatore della Florida, Ron DeSantis, e Jim Jordan, il presidente della Commissione giustizia della Camera.

A poco è servita la smentita del presidente dell’agenzia, Alexander Hoehn-Saric, che ha detto che «non abbiamo in programma divieti di questo tipo».

Dichiarazione confermata anche dalla portavoce della Casa Bianca Karin-Jean Pierre: «Il presidente non sostiene affatto questi divieti». Troppo tardi. Non c’è però soltanto una paranoia come nel caso delle armi ad aver fatto salire i toni della polemica, ma una lunga serie di divieti che i governi locali guidati dai democratici hanno emanato gli scorsi anni.

L’ultima persona a essersi unita a questo trend è stata la governatrice dello stato di New York Katie Hochul, che ha proposto di vietarlo nelle nuove abitazioni, confermando però che l’eventuale proibizione non coinvolgerà le abitazioni già esistenti. Al di là del dibattito contingente, la cucina a gas ha un potere evocativo non da poco.

Contro i sovietici

A Mosca nel 1959, durante l’American national exhibition, una fiera inaugurata in un periodo di distensione tra Stati Uniti e Unione sovietica, l’allora vicepresidente americano Richard Nixon ebbe un acceso scambio di vedute con il leader sovietico Nikita Krusciov sulle virtù del sistema capitalista che consentiva a chiunque di potersi permettere una cucina modello come quella esposta nella capitale sovietica.

Non solo: secondo lo storico dell’architettura Greg Castillo, autore del libro Cold War on the Home Front, il design americano delle nuove abitazioni piene di elettrodomestici fu uno degli elementi chiave della propaganda informale degli Stati Uniti verso i paesi comunisti.

Oggi invece la difesa di questo importante elettrodomestico, ormai posseduto soltanto dal 40 per cento degli americani, è un elemento della difesa del modello di vita americano messo in pericolo non più da una potenza straniera ma dai progressisti che controllano le città e le altre amministrazioni locali.

Non stupisce infatti che la prima città ad aver proibito l’installazione dei fornelli sia stata la californiana Berkeley, nell’area di San Francisco, nell’autunno del 2019, seguita da città come New York, Los Angeles, Seattle e ovviamente la stessa San Francisco.

Secondo i dati del Rocky Mountain Institute, un think tank ambientalista, ben 94 enti locali hanno applicato nuovi divieti almeno per le nuove costruzioni.

C’è un grosso però: attuare una simile proibizione a livello statale rischia di essere più difficile del previsto, anche in uno stato apparentemente favorevole come la California.

Nel 2021 il disegno di legge presentato dal senatore statale Dave Cortese, proveniente da San Josè, altra città che ha attuato il divieto come misura per raggiungere la “neutralità carbonica, si è visto costretto a ritirare il provvedimento, nonostante i democratici abbiano un’ampia maggioranza in entrambe le Camere del Golden State.

Ad affossare la proposta è stato uno dei tradizionali alleati dei democratici, il sindacato dei lavoratori dell’energia, che si è detto subito contrario in ragione della sua preoccupazione per la perdita di posti di lavoro per chi lavora nel settore.

Analoga opposizione è scaturita anche nelle fila dei dem newyorchesi, che hanno subito posto un freno alle ambizioni green della governatrice Hochul, che ha specificato che eventuali nuovi divieti saranno assolutamente circoscritti.

E pazienza se questo vuol dire non essere più considerata “la governatrice più verde d’America”. Non è mancato nemmeno l’attivismo dei repubblicani a livello locale in senso avverso.

Il solito Manchin

Secondo una ricerca di S & P Global, ben 19 stati, compresi Texas e Florida, hanno proibito alle città progressiste di seguire il modello californiano, ottenendo il plauso delle lobby del gas naturale.

A difesa del classico fornelletto però è sceso anche un esponente democratico particolare, il senatore Joe Manchin del West Virginia, stato dove il settore estrattivo è molto forte. Con una dichiarazione secca ha affermato «che la sua cucina a gas» sarà l’ultimo elettrodomestico a essere cambiato.

Facendo pesare ancora di più il fatto di essere uno dei senatori la cui rielezione nel 2024, in uno stato fortemente repubblicano, sia decisiva per i dem per mantenere il controllo del ramo del Congresso da cui dipendono le nomine federali. I progressisti hanno scoperto che toccare la cucina a gas non è come proibire la vendita delle stoviglie di plastica, da tempo già una realtà in molte grande città senza troppe polemiche. La cucina a gas è un simbolo troppo potente per poter essere toccato senza rimanerne scottati.

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