Gli Stati Uniti hanno condotto raid aerei nell’area di confine fra Iraq e Siria contro gruppi di milizie filo iraniane. Lo ha affermato il Pentagono, sottolineando che si è trattato di azioni difensive di precisione.

«Su ordine del presidente Biden, le forze armate americane hanno condotto questa sera (domenica sera in Italia, ndr) raid aerei difensivi di precisione contro complessi usati da gruppi di milizie filo iraniane nell’area di confine fra Iraq e Siria», si legge in una nota del Pentagono.

«I target sono stati scelti perché questi impianti sono utilizzati da milizie filoiraniane impegnate in attacchi tramite aerei a pilotaggio remoto contro il personale e le strutture americane in Iraq», ha proseguito il Pentagono.

Almeno sette combattenti iracheni filoiraniani sono stati uccisi e molti altri feriti, secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani (Ong con sede a Londra che attinge a una vasta rete di fonti in Siria).

A febbraio il presidente Biden aveva autorizzato operazioni contro gruppi sostenuti dall’Iran nella Siria orientale in risposta ad attacchi con razzi contro una base usata in Iraq da forze Usa e della coalizione.

Biden vuole mandare un segnale forte e chiaro a Teheran mentre ieri ha incontrato il presidente israeliano Reuven Rivlin a Washington: il capo della Casa Bianca vuole proteggere il personale americano nell’area e rendere esplicito che i raid saranno una risposta automatica a ogni attacco iraniano mentre la diplomazia a Vienna prosegue presso l’Aiea, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica delle Nazioni unite, i negoziati sul nucleare iraniano. Insomma, alternanza di bastone e carota. Biden vuole far capire a alla guida suprema, Ali Khamenei, e al nuovo presidente, Ebrahim Raisi, che l’America è tornata in medio oriente e che il ritiro dall’Afghanistan non vuole dire disimpegno dall’area.

Proteggere i militari

Il primo ministro iracheno, Mustafa al Kadhemi, ha condannato l’attacco aereo statunitense contro gruppi armati filoiraniani che avrebbe causato la morte di almeno sette combattenti. «Condanniamo l’attacco aereo statunitense che la scorsa notte ha preso di mira un sito al confine iracheno-siriano, che rappresenta una inaccettabile violazione della sovranità e della sicurezza nazionale irachena», si legge in una nota.

Il Pentagono ha fatto sapere che gli attacchi si sono resi necessari per «difendere il personale statunitense» dopo una serie di assalti con droni armati contro obiettivi americani, di cui Washington accusa le forze sostenute da Teheran. L’Iran però ha sempre smentito queste accuse.

I raid americani «di precisione», è stato scritto, hanno riguardato «strutture impiegate dai miliziani sostenuti dall’Iran», riferendosi in particolare ai gruppi Kataib Hezbollah e Kataib Sayyid al Shuhada, e hanno colpito due obiettivi sul territorio siriano e uno in quello iracheno, dove le forze statunitensi sono di stanza con 2.500 uomini.

Si tratta della seconda offensiva che l’esercito americano conduce contro milizie filoiraniane da quando Biden è diventato presidente, a gennaio scorso.

«Come dimostrato dagli attacchi aerei, il presidente Biden ha messo in chiaro di essere determinato ad agire per proteggere il personale militare Usa. Data la serie di attacchi in corso da parte di gruppi sostenuti dall’Iran contro gli interessi Usa in Iraq, il presidente ha ordinato ulteriori azioni militari di ostacolo e deterrenza a tali attacchi», prosegue la nota del Pentagono. Il dipartimento della Difesa ha aggiunto che gli Stati Uniti sono impegnati militarmente in Iraq per sostenere la lotta di quel paese contro lo Stato islamico.

I colloqui a Vienna

In questo momento, il governo di Teheran è impegnato in colloqui internazionali per rilanciare l’Accordo sul nucleare del 2015, che aveva permesso di rimuovere le sanzioni economiche sullo stato persiano in cambio della garanzia di programmi nucleari non finalizzati alla costruzione della bomba atomica. Nel 2018 però, l’ex presidente Donald Trump decise in modo unilaterale di portare gli Stati Uniti fuori da questo accordo. La mossa ha rafforzato i falchi a Teheran che ora, dopo le elezioni presidenziali vinte da Raisi, detengono tutte le cariche del potere.

Il ministro degli Esteri israeliano, Yair Lapid, ha espresso «forti riserve» al collega americano Antony Blinken sulla ripresa dei negoziati per il rientro degli Stati Uniti nell’accordo internazionale sul nucleare iraniano. I capi della diplomazia dei due paesi si sono incontrati domenica a Roma.

L’Iran non ha alcun obbligo di rispondere alla richiesta dell’Aiea, in merito all’estensione di un accordo di monitoraggio. Lo ha dichiarato l’ambasciatore iraniano presso l’Agenzia internazionale per l’energia atomica a Vienna, Kazem Gharibabadi, rispondendo alle sollecitazioni dell’Agenzia Onu che chiede una risposta «immediata» all’Iran sul rinnovo dell’accordo per le ispezioni dei siti nucleari scaduto il 24 giugno. Il braccio di ferro a Vienna continua mentre va segnalato che papa Francesco ha nominato nunzio apostolico in Iran monsignor Andrzej Józwowicz, finora nunzio apostolico in Rwanda.

 

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