Il presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron ha rilasciato al sito Le Grand Continent, pubblicato dal Groupe d’études géopolitiques di Parigi, la sua più lunga intervista da quando è in carica. Due ore di discussione in cui ha affrontato temi cruciali per il destino dell’Europa, segnando quello che appare come un vero e proprio cambio di direzione non soltanto nella sua politica ma anche nell’impianto ideologico su cui regge il capitalismo occidentale da decenni. Nel congedare i membri del think tank, Macron ha insistito sulla necessità di imbastire un dibattito con tutte le forze intellettuali disponibili.

Secondo il presidente francese stiamo vivendo un momento epocale nel quale si concentrano crisi su vari livelli tra loro connessi: sanitario, securitario, economico, geopolitico, culturale, ecologico. Un momento di accelerazione improvvisa, una trasformazione strutturale e persino antropologica, una vera e propria frattura del capitalismo che è anche una torsione della storia. Ad essere entrato in crisi è l’ordine mondiale come lo conoscevamo dal 1945, ma questo porta con sé anche una crisi dei valori universalistici e democratici dell’illuminismo.

(AP Photo/Thibault Camus)

Neoliberismo superato

La tipologia di capitalismo fissata dal Washington Consensus, cioè il cosiddetto neoliberalismo, è superata: dobbiamo immaginare un nuovo consenso attorno all’idea che gli effetti sociali e ambientali di questo modello di sviluppo non possono più essere tollerati. Secondo Macron, sono le classi medie e classi popolari che stanno pagando il prezzo della globalizzazione.

Per decenni è stato propagandato uno stile di vita consumista e ora bisogna dire alle persone che questo non è sostenibile: ma così inevitabilmente entra in crisi la fiducia nella stessa democrazia. Il nuovo consenso del quale il presidente francese vuole farsi portatore non dovrà essere un elenco di buoni propositi ma innervare l’agenda politica e dettare la linea sulle questioni economiche, finanziarie e commerciali: insomma non si possono più nascondere i problemi sotto il tappeto, ad esempio delocalizzandoli, ma bisogna affrontarli di petto.

Una sfida collettiva

Questa sfida epocale, insiste Macron, non può essere affrontata in un solo paese. L’umanità ha un destino comune che impone a tutti di cooperare. Ad esempio sul vaccino per la Covid-19, che potrebbe essere considerato come un bene pubblico mondiale. Gli europei possono cominciare a farlo su scala continentale: è urgente costruire un’Europa politica per non essere schiacciati da USA e Cina, se possibile coinvolgendo l’Africa su un piano di assoluta parità.

Il presidente francese ambisce a fare dell’Europa la prima potenza educativa, sanitaria, digitale e verde. Questo richiede inoltre lo sviluppo di una difesa europea. Dal suo punto di vista, c’è bisogno di più Europa: un’Europa sovrana e indipendente, ma anche solidale ed ecologica.

(Ludovic Marin/ POOL via AP)

Principi repubblicani

Su un solo aspetto Macron sembra non voler prendere atto dell’irreversibilità delle trasformazioni storiche in atto, ed è nella sua difesa a oltranza dei principi repubblicani, che da qualche anno in Francia si trovano in attrito con le rivendicazioni delle minoranze etniche e religiose. Insomma la Francia non cambierà posizione sulle famigerate caricature del profeta Maometto. Il presidente rifiuta senza mezzi termini l’ideale multiculturalista per insistere strenuamente sui valori dell’universalismo, augurandosi il trionfo dei Lumi e rivendicando l’attualità del sistema westfaliano dello Stato-nazione dotato di una propria cultura egemone.

Dal suo punto di vista questo dovrebbe servire a dare all’Europa che verrà un solido mito politico attorno al quale convergere; ma a uno sguardo esterno potrebbe sembrare soltanto l’ennesimo tentativo di leggere con una griglia tipicamente francese un mondo che ha preso tutt’altra direzione. Non a caso la Francia si è trovata sola, nota il presidente, nel difendere questa linea.

Se un ordine sta cadendo forse non è soltanto quello del 1945, ma addirittura quello del 1789 o addirittura del 1648. E in questo caso essere all’altezza di questa estrema torsione della Storia richiederebbe una più profonda riflessione sui fondamenti culturali della nostra società, che anche loro non funzionano più.

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