l’oppressione silenziosa

Il genocidio degli uiguri nelle parole di chi l’ha vissuto

Un gruppo di avvocati sta raccogliendo le testimonianze di chi è stato nei campi “di rieducazione”: «In realtà sono brutali campi di concentramento». L’obiettivo è convincere la Corte penale internazionale ad aprire un’indagine contro la Cina

  • Kelbinur Sidik è una donna uzbeka, nata e cresciuta nella regione autonoma cinese dello Xinjiang, un nome che i suoi abitanti ritengono offensivo e imposto da Pechino. Per questo preferiscono chiamarlo Uiguristan o Turkestan orientale.
  • Sidik è stata inviata in quello che lei stessa definisce «concentration camp» per impartire lezioni di lingua cinese ai detenuti. Il governo centrale di Pechino li chiama invece «centri di rieducazione», un luogo in cui si imparano skills di lavoro e viene insegnata la lingua e cultura cinese a chi entra in questi cerchi dell’inferno.
  • La realtà, come denunciato da tante organizzazioni umanitarie e anche dal parlamento europeo, è che sono dei veri e propri centri detentivi in cui il governo centrale rinchiude la minoranza uigura turcofona e musulmana.

Per continuare a leggere questo articolo