Anticipare il voto per il proprio recall al 14 settembre, quando il clima californiano è ancora molto caldo sembrava la mossa vincente del governatore Gavin Newsom, sotto attacco da parte di un Partito repubblicano ringalluzzito dal terreno recuperato nel voto per la Camera lo scorso novembre e dalla raccolta firme per attuare un nuovo voto per la rimozione anticipata del governatore, sul modello di quanto fatto nel 2003 contro l’allora governatore democratico Gray Davis.

Una strategia molto aggressiva, che punta sulla vittoria del No, senza avere un rimpiazzo dem. Forse questa strategia però non ha tenuto conto di un fattore: l’apatia degli elettori, che non vengono smossi da uno spauracchio come Trump.

Nel 2018 Newsom definiva il suo avversario, l’imprenditore repubblicano John Cox, come «un soldato dell’esercito di Trump». Adesso non può disporre di un simile asset. E quindi il margine per salvarsi è più stretto.

L’apparato si muove

Certo, tutto l’apparato nazionale del partito è con lui. Anche esponenti di sinistra come Bernie Sanders ed Elizabeth Warren hanno girato spot per mettere in guardia contro «il golpe repubblicano».

Resta però il malcontento, anche nelle stesse file democratiche. Il governatore ha accentrato su di sé i poteri e ha avuto l’opportunità rara di ridisegnare la mappa degli incarichi di potere: prima ha nominato il nuovo senatore succeduto alla vicepresidente Kamala Harris, nominando il segretario di stato Alex Padilla, suo stretto alleato.

Poi ha nominato anche il nuovo procuratore generale, Rob Bonta, il primo di origine asiatica della storia e infine anche Shirley Waters, prima segretario di Stato afroamericana.

Un rifacimento profondo della mappa politica della California a cui presto si potrebbe aggiungere la nomina di un secondo senatore, qualora la veterana Dianne Feinstein, in carica dal 1992, dovesse ritirarsi.

Un accentramento di potere che ha fatto storcere il naso anche ad alcuni rappresentanti democratici all’assemblea statale, che di certo non si stanno spendendo molto.

Un esempio: il deputato all’assemblea statale Marc Levine, che vive nella contea di Marin, poco sopra San Francisco, ha ruggini di vecchia data con Newsom, che si trasferì in zona una volta che divenne il vice del governatore Jerry Brown, in una villa dal costo di 2 milioni e 145 mila dollari, rivenduta due settimane fa per la cifra di 5 milioni e 900mila dollari.

Ora vive nel lussuoso sobborgo di Fair Oaks, un ex bastione repubblicano che negli ultimi anni ha eletto un democratico moderato al Congresso, Ami Bera.

Stanchezza

Un progressista come Levine non apprezzò la mossa, così come non apprezzò la cena nel lussuoso ristorante The French Laundry nella Napa Valley il 6 novembre scorso, quando lo stato era in pieno lockdown.

Ma non sono solo queste le problematiche del governatore. C’è molta stanchezza nell’elettorato per un governo monocolore che dura ormai dal 2010, quando l’ultimo repubblicano eletto a livello statale, il governatore Arnold Schwarzenegger, venne sostituito dal veterano democratico Jerry Brown, che aveva già occupato quella carica negli anni Settanta.

La sensazione è che le politiche progressiste vengano pesantemente compromesse non solo dal fallimento di opere faraoniche come l’alta velocità ferroviaria tra Sacramento e Los Angeles, finita ingloriosamente tra ritardi nei lavori e costi gonfiati per una tecnologia che stava diventando obsoleta. Ma anche per episodi di malcostume politico come quello citato qui sopra.

Quando non vengono coinvolti direttamente i politici, però, sono i loro familiari a finire sotto indagine.

Un’inchiesta del Sacramento Bee ha rivelato che Jennifer Siebel, moglie del governatore e proprietaria di una casa di produzione chiamata Girl’s Club Entertainement, ha ricevuto 2 milioni e 300 mila dollari di donazioni alla sua non profit da parte di contractor governativi che in più hanno anche versato dei compensi personali a Siebel per la realizzazione di filmati e documentari per la cifra di 800mila dollari.

Anche se Newsom ha negato il conflitto d’interesse e non ci sono indagini in corso, un elettorato senza alternative vede questi fenomeni visti con crescente stanchezza e apatia.

Certo, il timore è che prevalga un candidato conservatore come la star radiofonica Larry Elder, un conservatore che ha un programma d’informazione modellato sullo scomparso Rush Limbaugh, che mischiava fatti e opinioni strettamente personali con uno stile da tribuno.

Lo sfidante No-vax

Elder, da afroamericano, sminuisce anche il problema del razzismo sistemico dicendo che lui stesso «non subisce discriminazioni da anni». È il candidato più apprezzato dalla base repubblicana e ha ricevuto un endorsement pesante da parte di un pezzo del mondo trumpiano nella persona di Rudy Giuliani e anche da parte dell’icona repubblicana hollywoodiana per eccellenza, Clint Eastwood.

L’opposizione di Elder alle mascherine e ai vaccini, però, ha minato seriamente le sue possibilità. Non contro altri repubblicani moderati come l’influencer trans Caitlyn Jenner o l’ex sindaco di San Diego Kevin Faulconer, ma contro un democratico che ha sfidato il diktat di partito sul vincere il recall semplicemente votando No.

Anche in questo caso si tratta di un influencer, che di lavoro fa il consulente finanziario e gestisce le sue numerose proprietà immobiliari, di nome Kevin Paffrath.

Classe 1992, nato in Germania, ha un canale Youtube con 1 milione e 700 mila iscritti che si dipinge come un “democratico kennediano”. In parole povere, un democratico più centrista rispetto al mainstream. Ad esempio, su eventuali chiusure, che i dem hanno impugnato come “seguire la scienza”, ha una posizione di non imporli mai più a livello statale, ma di consentire eventualmente a città e contee di farlo.

Seconda cosa, vuole risolvere nel giro di un anno il problema dei senzatetto, che anche nella stessa capitale Sacramento affollano le banche del cibo gestite da associazioni caritatevoli che si trovano a sostenere coloro che magari non hanno ancora ritrovato il lavoro e che rimangono fuori dalla rete di welfare californiana.

Rete che ha pesantissime falle: nel 2020 il dipartimento per lo Sviluppo dell’occupazione ha erogato 11 miliardi di aiuti a persone che avevano presentato credenziali fraudolente, tra cui alcuni detenuti che di certo non rispettavano la condizione di non avere pendenze giudiziarie, e che per poco non costano il posto alla segretaria al lavoro Julie Su, ritenuta estranea alle malversazioni.

Paffrath però è un neofita, completamente estraneo al sistema partitico californiano che è stato accusato  di essere uno «che vuol imparare a fare il governatore con un tutorial su YouTube» dal repubblicano Faulconer.

In ultima analisi, questa divisione potrebbe favorire il governatore uscente, il quale però ha dovuto reclutare le star della politica nazionale, compreso il presidente Joe Biden che ha previsto di fargli visita entro la settimana.

Mentre al leader informale dei repubblicani, l’ex presidente Trump è bastato molto meno per influenzare la gara: semplicemente, non se n’è occupato. Senza questo spauracchio, l’affluenza dei democratici è a rischio in un giorno che non prevede altre elezioni concomitanti.​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​

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