Migliaia di persone hanno omaggiato il feretro dell’ultimo presidente dell’Unione sovietica, Mikhail Gorbaciov, nella stessa sala delle colonne del palazzo dei sindacati a Mosca dove si svolse il commiato a Josif Stalin e Leonid Bréžnev.

Fiori bianchi o rossi tra le mani, in un ordinato silenzio, molti volti giovani e alcuni segnati dal tempo hanno deciso di rendere omaggio all’unico uomo che ha cercato di offrire e creare una speranza a un popolo oppresso dal regime sovietico.

A lato del feretro, la figlia Irina, raccolta nel suo dolore, che precedentemente aveva rifiutato l’accredito alla camera ardente alle testate russe Izvestija, Vgtrk, Ria Novosti e Komsomol’skaya Pravda.

Unica nota polemica di una giornata che ha, comunque, concesso alla popolazione russa di vedere in diretta la cerimonia, seguita da una serie di interviste ai colleghi e ai membri del Pcus nel canale Rossija 24.

Putin assente

Confermata l’assenza del presidente Vladimir Putin, che si è limitato a inviare un biglietto di condoglianze alla famiglia, ricordando come Gorbaciov sia stato «un politico e uno statista che ha avuto una influenza importante sulla storia del mondo». 

Tuttavia, prima di partire per Kaliningrad, Putin ha deciso di rendere omaggio alla salma, portando un mazzo di fiori e facendosi il segno della croce.

“Il freddo addio di Putin”, “freddezza e distacco” sono le frasi che riassumono nella pubblicistica occidentale il “profondo cordoglio” del presidente russo. Non poteva essere altrimenti.

Chi avrebbe pianto per la morte di un funzionario sovietico che ha causato «la più grande catastrofe geopolitica del Ventesimo secolo», nelle parole di Putin?

Parole a cui bisognerebbe aggiungere anche un’altra frase del presidente russo: «Chi non rimpiange la disgregazione dell’Urss non ha cuore, chi vuole ricrearla così com’era non ha cervello».

E, in questi mesi, abbiamo assistito alla volontà del Cremlino di ricostruire l’Impero russo, selezionando eventi e leader storici del passato sovietico che rafforzano quel grande senso patriottico che accomuna il popolo russo.

Una “superpotenza” che, ormai in una situazione di stallo politico, obsolescenza tecnologica e arretratezza economica, ha cercato di riformarsi con la perestrojka, la glasnost’ e l’uskorenie avviate da Gorbaciov.

Sappiamo com’è andata e, da allora, nell’opinione pubblica russa il periodo della presidenza gorbacioviana è sempre stato associato alla fase più buia della storia sovietica, a uno  shock psicologico dovuto alla drammatica situazione sociale ed economica degli anni Novanta e a quel profondo senso di umiliazione nei confronti dell’egemonia americana.

Il popolo non ha dimenticato

Le immagini di oggi, tuttavia, dimostrano che una parte del popolo non ha dimenticato il “premio Nobel per la pace” e vuole rendergli omaggio pubblicamente.

Non erano funerali di stato ufficiali, come quelli attribuiti al primo presidente della Federazione russa, Boris Eltsin, ma numerosi politici, come l’ex presidente Dmitrij Medvedev, il segretario del Consiglio di sicurezza, Nikolaj Patrušev, e il leader del partito di Jabloko, Grigorij Javlinskij sono intervenuti.

Ma le parole del portavoce Dmitrij Peskov dimostrano quanto siano stati ufficiosi: «Ci saranno elementi di un funerale di stato, nel senso che ci sarà un picchetto d’onore. Sarà organizzato un addio. Lo stato assisterà nell’organizzazione del funerale».

Ai funerali di Eltsin parteciparono anche i presidenti americani Bill Clinton e G.H.W. Bush e altri leader europei, a quelli di Gorbaciov, così omaggiato e osannato in occidente, hanno partecipato solamente alcuni ambasciatori europei (assente l’Italia dall’elenco). 

La notevole eccezione nella lista delle assenze è quella di Viktor Orbán, il più filorusso fra i leader dell’Unione europea, che ha partecipato alla cerimonia. 

Si tratta comunque di un inequivocabile segnale dell’isolamento a cui la Russia è sottoposta dopo l’invasione in Ucraina che nemmeno la morte di un uomo onesto di pace è riuscita a superare.

Andrej Medvedev, deputato di Russia Unita, ha ricordato che «dall'inizio dell'operazione militare speciale, Gorbaciov è già il quarto politico deceduto direttamente coinvolto nel crollo dell’Urss»;

«Una specie di coincidenza quasi mistica», in riferimento a coloro – il bielorusso Stanislaŭ Šuškevič, l’ucraino Leonid Kravčuk e Gorbaciov (Eltsin è morto nel 2007) – che sancirono la fine dell’Unione sovietica.

Il 2022 sarà certamente ricordato come l’anno che ha determinato una svolta epocale nel e dell’ordine internazionale all’inizio del Ventunesimo secolo.

E ci ha fatto comprendere che Gorbaciov arrivò al potere troppo tardi per il suo tempo e, verosimilmente, troppo presto per il nostro.

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