Per il nuovo governo di centrodestra a guida Giorgia Meloni scrollarsi di dosso le accuse di filoputinismo non è semplice. Alle relazioni tra la Lega e la Russia, e alle recenti dichiarazioni in favore di Vladimir Putin di Silvio Berlusconi, si aggiunge ora la nomina a ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica di Gilberto Pichetto Fratin, lo stesso che nel dicembre del 2016 partecipava in qualità di consigliere della regione Piemonte all’inaugurazione del centro di rappresentanza di Donetsk a Torino.

L’iniziativa era stata promossa e organizzata da Maurizio Marrone, attuale assessore della regione Piemonte in quota Fratelli d’Italia che non è mai stato allontanato dall’atlantista Meloni, nonostante il suo reiterato appoggio alla causa separatista dei filorussi. Lo scorso settembre, il quotidiano La Repubblica aveva riportato la notizia di una sua partecipazione in qualità di osservatore internazionale, insieme a una decina di italiani, ai referendum farsa che si sono tenuti nelle regioni ucraine con i quali i separatisti chiedevano l’annessione alla Federazione russa. Marrone, però, ha negato di trovarsi in Donbass.

Il consolato di Torino

La presenza del forzista Fratin, ex vice ministro al Mise durante il governo Draghi, all’inaugurazione del “consolato” di Donetsk in Italia è confermata da un’interrogazione parlamentare e da alcune foto pubblicate su Facebook che lo ritraggono tra il pubblico presente nella sala della Fondazione Magellano di Torino dove si è svolto l’evento. La Fondazione è nata su iniziativa di un altro esponente della destra piemontese, Angelo Burzi, consigliere in regione dal 2000 al 2014 tra le fila di Forza Italia.

All’epoca dei fatti, il 14 dicembre del 2016, la Russia era già stata sanzionata dall’occidente per dell’annessione unilaterale della Crimea avvenuta due anni prima. Oltre a Marrone e Fratin all’inaugurazione era presente anche la consigliera della regione Piemonte Gianna Gancia (capogruppo della Lega). I loro nomi compaiono in un’interrogazione presentata da Davide Mattiello del Partito democratico in cui si chiedeva conto al governo italiano se fosse a conoscenza dell’iniziativa “diplomatica” e quali misure aveva intenzione di prendere, dato che l’esecutivo guidato prima da Matteo Renzi e poi da Paolo Gentiloni (subentrato il 12 dicembre 2016) sosteneva una posizione di condanna dell’azione russa in Ucraina in linea con Bruxelles e la Nato.

Quello che sappiamo è che insieme agli esponenti della destra piemontese e diversi giornalisti locali all’inaugurazione avevano partecipato circa quaranta persone. Vincenzo Amendola, allora sottosegretario agli Affari esteri, aveva risposto all’interrogazione spiegando che il “finto consolato” non è altro che un’associazione nata circa un mese prima, il 7 novembre del 2016, e il cui atto costitutivo era stato sottoscritto nella sede di un noto ristorante russo di Torino, l’Otium Sibiriaki. Di conseguenza «non potrebbe in alcuna misura godere di riconoscimento, né tantomeno di status diplomatico né, quindi, avere alcun titolo di rappresentanza».

Secondo lo statuto, il centro di rappresentanza di Donetsk a Torino è «un’associazione indipendente, volontaristica, apolitica e senza scopo di lucro, fondata sui valori della libertà, per la realizzazione degli interessi comuni e per la cooperazione tra persone fisiche e giuridiche ed altre organizzazioni tra la Repubblica italiana e la Repubblica popolare di Donetsk in ambito economico, commerciale, culturale e di reciproca collaborazione tra i due paesi». In un’intervista a Vice, Marrone aveva spiegato l’obiettivo di quell’ufficio di rappresentanza: «Da un lato siamo impegnati nella divulgazione di notizie su una guerra troppo presto dimenticata dai media, i quali sembra ignorino il fatto che i cittadini del Donbass si stanno semplicemente difendendo da quello che a tutti gli effetti è stato un tentativo di golpe da parte dell'Unione Europea; e parallelamente cerchiamo di mettere in campo tutta una serie di iniziative per il riconoscimento internazionale della Dnr (repubblica di Donetsk ndr.), attraverso la partnership con realtà del mondo politico, culturale ed economico».

Dalle foto dell’inaugurazione della sede traspare il linguaggio propagandistico del presidente russo Vladimir Putin, il cui volto è raffigurato in un quadro affisso di fianco a quello che illustra l’allora autoproclamato presidente della Repubblica di Donetsk, Aleksandr Zakharchenko. Sul muro, sopra i loro volti, è affissa un’aquila bicipite, storico simbolo dell’imperialismo russo, mentre in un angolo c’è la medaglia dell’amicizia, un’onorificenza che il presidente Zakharchenko aveva donato a Marrone in segno di riconoscenza per il suo operato. Il 31 agosto del 2018 Zakharchenko muore in un attentato.

In un articolo pubblicato su Vita, Marrone ha detto che «la notizia dell’uccisione del capo della Repubblica popolare di Donetsk Aleksandr Zakharchenko ha scioccato tutti noi. Riceviamo da venerdì sera sulle pagine social del Centro di Rappresentanza centinaia di messaggi di cordoglio dai tanti cittadini originari del Donbass che vivono in Italia». Nel suo messaggio, l’assessore di Fratelli d’Italia aveva anche attaccato l’Unione europea per non aver riconosciuto il risultato dei referendum indipendentisti che all’epoca si erano tenuti nel Donbass.

L’altra rappresentanza a Verona

A poco meno di tre anni di distanza dall’inaugurazione del centro di rappresentanza di Donetsk a Torino, è nato a Verona il 9 febbraio del 2019 un secondo ufficio territoriale su iniziativa di Palmarino Zoccatelli, presidente dell’associazione Veneto-Russia vicino agli ambienti della Lega e, secondo la European platform for democratic election partecipante come osservatore alle elezioni che si sono tenute a Donetsk nel 2018.

Non è un caso se il Veneto fu proprio la prima regione all’interno dell’Unione europea a riconoscere la Crimea come territorio russo attraverso una risoluzione presentata il 18 maggio del 2016 dal consigliere della Lista Zaia Stefano Valdegamberi.

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