«Buone condizioni generali». Così recita lo scarno comunicato diffuso a mezzogiorno dalla Santa sede sull’operazione a cui si è sottoposto papa Francesco ieri domenica 4 luglio per una stenosi diverticolare sintomatica del colon.

L’intervento è durato circa tre ore e, salvo complicazioni, si prevede una degenza di circa una settimana. Che l’operazione fosse andata secondo quanto prospettato era stato reso noto già ieri alle 23:41, quando il direttore della sala stampa Matteo Bruni aveva rilasciato una nota: «Il Santo Padre ha reagito bene all’intervento condotto in anestesia generale ed eseguito dal Prof. Sergio Alfieri, con l’assistenza del Prof. Luigi Sofo, del dott. Antonio Tortorelli e della dott.ssa Roberta Menghi».

Il prof. Sergio Alfieri, che ha eseguito l’intervento, è il responsabile dell'unità operativa complessa di chirurgia digestiva del Gemelli ed esperto in tecniche mini-invasive nel trattamento chirurgico del colon-retto.

L’intervento per diverticolite

Nell’ultimo bollettino medico è anche spiegata l’entità dell’operazione, vale a dire una emicolectomia sinistra: «Si tratta della rimozione completa della parte sinistra del colon, ciò vuol dire che probabilmente il tratto di stenosi era molto lungo» spiega a Domani la dott.ssa Francesca Lirosi, primario di chirurgia dell’apparato digerente superiore e chirurgia bariatrica al St Peters Hospital nel Surrey fino al 2019: «La diverticolite è un’infiammazione dei diverticoli, delle sacche che protrudono dalle pareti intestinali.

Quando la stenosi, cioè l’ispessimento delle pareti intestinali, è importante e sintomatico, laddove le dilatazioni per via endoscopica non danno beneficio, non resta altro che tagliare il pezzo di intestino infiammate e poi le due estremità vengono ricongiunte». È il tipo di intervento a cui è stato sottoposto il papa.

«In alcuni casi è necessario aggiungere una stomìa, cioè un sacchetto che serve a proteggere l’anastomosi, vale a dire il punto in cui le due parti dell’intestino sono state ricongiunte». Come spiega l’esperta, i primi giorni di degenza sono delicati: «In genere, nei primissimi giorni post-operatori potrebbero verificarsi complicanze, come la mancata tenuta dell’anastomosi. Se si presenta questa complicanza, è necessario un secondo intervento: è un rischio alto in pazienti anziani. Ma se il papa è in buone condizioni generali, anche a 84 anni l’intervento è facilmente superabile. Dopo i primi tre giorni, la ripresa è più facile».

Visibilmente dimagrito

Lo scorso giugno, il quotidiano spagnolo La Razon aveva parlato a lungo di un dimagrimento del pontefice, che era stato notato proprio da chi lo aveva incontrato: «È visibilmente più magro. Lo si vede dal viso, ma ha guadagnato anche in agilità» avevano dichiarato quelli che lo avevano visto. Nell’articolo veniva, comunque, escluso un «malanno più grave».

L’unico problema di salute, noto ai più, che il papa fronteggia da anni è un’ernia al disco che negli ultimi mesi gli ha causato diverse sciatalgie: «Dovrei parlare in piedi, ma voi sapete che la sciatica è un ospite un po’ molesto» aveva detto Francesco stesso inaugurando l’anno giudiziario del Tribunale della Rota Romana lo scorso 29 gennaio.

Gli attacchi di sciatalgia, che accompagnano il pontefice sin dai tempi a Buenos Aires, si sono così acutizzati da indurlo ad annullare la celebrazione dell’ultimo Te Deum il 31 dicembre scorso e costringerlo, per alleviare l’infiammazione, a svariate sedute di fisioterapia. Ciononostante, era stata sempre esclusa l’ipotesi di un intervento chirurgico, data la sua età. Con l’infiammazione al colon, invece, il papa non ha potuto evitare l’ospedale.

Due Angelus, due papi

Nel suo ultimo Angelus il pontefice non ha fatto cenno dell’imminente intervento, concentrandosi piuttosto sulla visita pastorale in Slovacchia, prevista per il prossimo 12 settembre: «Sono lieto di annunciare che dal 12 al 15 settembre prossimo, a Dio piacendo, mi recherò in Slovacchia per fare una visita pastorale» aveva detto ai fedeli in piazza san Pietro, dai quali si era congedato pure in modo inusuale, senza la chiosa dell’«arrivederci». La sala stampa vaticana ha, comunque, confermato che l’Angelus della prossima domenica ci sarà. Diverso fu l’approccio di papa Giovanni Paolo II.

Era il 12 luglio 1992 quando Wojtyła, al termine dell’Angelus, decise di fare una «confidenza» ai fedeli riuniti in piazza san Pietro: «Questa sera mi recherò al Policlinico Gemelli per sottopormi ad alcuni accertamenti diagnostici. Chiedo le vostre preghiere, affinché il Signore mi sia accanto col suo aiuto e col suo sostegno. Alla Vergine SS.ma ripeto il mio Totus tuus, con piena fiducia nella sua materna protezione». Sempre a margine di un Angelus, quello del 1994, Giovanni Paolo II sancì di fatto il suo magistero della sofferenza, che in lui collimava con il sacrificio: «Ho capito che è un dono necessario. Il Papa doveva trovarsi al Policlinico Gemelli, doveva essere assente da questa finestra per quattro settimane, quattro Domeniche, doveva soffrire […]. Ho capito che devo introdurre la Chiesa di Cristo in questo Terzo Millennio con la preghiera, con diverse iniziative, ma ho visto che non basta: bisognava introdurla con la sofferenza […]. Deve essere aggredito il Papa, deve soffrire il Papa, perché ogni famiglia e il mondo vedano che c'è un Vangelo, direi, superiore: il Vangelo della sofferenza, con cui si deve preparare il futuro, il terzo millennio delle famiglie, di ogni famiglia e di tutte le famiglie».

La comunicazione della salute

Nel corso degli ultimi pontificati, anche la salute del papa ha trovato nuove modalità di narrazione. Appare sicuramente in controtendenza rispetto all’aura pop che aleggia da sempre intorno al papa argentino, l’estrema discrezione di Bergoglio sulla sua salute. Diverso utilizzo ne fece, al contrario, papa Giovanni Paolo II. Uomo dei dolori, il papa polacco mostrò in mondovisione il suo personale Calvario: «Non per esibizionismo, ma per rivendicare il valore e il ruolo nella società di ogni persona, anche malata o minorata» commentò dopo la morte il suo medico personale, Renato Buzzonetti.

Nel linguaggio para-verbale della convalescenza, Giovanni Paolo II ha fatto della sofferenza un mezzo di comunicazione pastorale. Nel caso di Francesco, l’intervento al colon era stato programmato da tempo: è, quindi, presumibile che sia stato il papa stesso ad aspettare un mese distensivo come luglio, per affrontare l’intervento chirurgico. Un approccio che non stupisce: due anni fa, con una discrezione ancora maggiore, Francesco si era sottoposto a un intervento di cataratta agli occhi presso la Clinica Pio XI di Roma, lontano dagli occhi indiscreti dei media. Data l’entità dell’operazione, sarebbe apparso superfluo apparecchiare la macchina della comunicazione, ma certamente l’assenza di un entourage intorno a un pontefice, che a dicembre compirà 85 anni, ne dà un’immagine definitiva: ancora una volta, dinanzi alla sofferenza, papa Francesco appare visibilmente solo.

© Riproduzione riservata