In Australia, per la prima volta nella storia, tre uomini hanno denunciato il papa alla Corte suprema, per chiedere un risarcimento danni: da bambini avevano subìto abusi sessuali da un prete, Michael Glennon, condannato per pedofilia e morto in carcere, nel 2014. Il Vaticano, sostengono i tre, sapeva degli abusi e non ha preso provvedimenti, o lo ha fatto con anni di ritardo. Lo rivela il Sidney Morning Herald.

Una storia di abusi

Glennon – che era anche un insegnante di karate – è stato accusato per la prima volta nel 1978. Per gli abusi su una bambina di 10 anni era stato condannato a due anni di carcere. Prima di essere rilasciato, ha passato sette mesi in prigione. Nonostante questo, ha continuato a guidare un campo giovanile cattolico a Lancefield, nello stato di Victoria. Spesso era l’unico adulto presente.

Nel 1984 è stato accusato di avere abusato di due ragazzini, di 11 e 13 anni. Nel 1985 di cinque ragazzini e una ragazzina, tutti fra i 12 e i 16 anni. Dopo anni di ritardo nel processo, Glennon è stato condannato solo nel 1991. Nel 1999 è stato condannato per altri 24 casi. Altri 23 nell’ottobre del 2003. Nel 2014, ormai in carcere dal 1992, è stato trovato morto all’interno della sua cella, per cause naturali.

L’accusa

La Chiesa lo ha ridotto formalmente allo stato laicale soltanto nel 1999, più di vent’anni dopo le prime accuse. Per questo, i tre uomini hanno deciso di denunciare papa Francesco, in quanto vertice della Chiesa mondiale, alla Corte suprema, chiedendo un risarcimento danni.

L’accusa, senza precedenti in Australia, è che il Vaticano – retto dal 1978 al 2005 da Giovanni Paolo II – sapesse dei comportamenti di Glennon. La Chiesa non sarebbe però intervenuta in tempo, di fatto permettendogli di restare a contatto con i bambini.

© Riproduzione riservata