Il Portogallo dal prim gennaio 2021 guida il semestre di presidenza europeo in un momento delicato della sua storia recente.  «La presidenza mirerà a rafforzare la resilienza dell’Europa e la fiducia dei cittadini nel modello sociale europeo promuovendo un’Unione basata sui valori comuni di solidarietà, convergenza e coesione», si legge nel documento contenente le priorità della presidenza portoghese.

I festeggiamenti per la storia di successo di un paese che - salvato dai fondi Efsf  e dal Fondo monetario internazionale nel 2011 in cambio di una austerità da lacrime e sangue ha saputo tornare a crescere - sembrano un ricordo lontano e sbiadito.  A preoccupare sono i pesanti effetti economici della seconda ondata da Covid-19, una nuova mazzata che ha ripiombato in recessione il paese.

Sì certo, ma tutti i paesi europei sono finiti in recessione a causa della pandemia, Germania compresa (-5,6 per cento). E allora perché preoccuparsi tanto del piccolo Portogallo?

Il Paese mediterraneo sembra aver accusato un duro colpo soprattutto a causa della seconda ondata. E questo ci dovrebbe interessare e molto.

Ad aggravare la situazione è giunta anche la variante inglese, che secondo il Centro europeo di prevenzione e controllo delle malattie (Ecdc) è molto più contagiosa anche se non si hanno evidenze di una maggiore pericolosità, ed è stata trovata anche nel paese lusitano. Ma anche questo sembra un male comune a tutti i paesi partner.

Portuguese Finance Minister Mario Centeno and Secretary of State for the Budget Joao Leao, left, arrive to a news conference at the finance ministry in Lisbon, Tuesday, June 9, 2020. Portugal's President announced Tuesday that Centeno is stepping down from the government and will be replaced by Leao. Centeno, who asked to leave, is credited with bringing Portugal's budget deficit close to zero and also chairs meetings of finance ministers of the eurozone. (AP Photo/Armando Franca)

Un passo indietro

Era il mese di giugno del 2011 quando il Portogallo, dopo l’Irlanda (febbraio 2011) e dopo la Grecia (marzo 2012) bussò alla porta dell’Efsf, come allora si chiamava il Mes prima versione per chiedere un prestito perché in difficoltà a trovare credito sui mercati a prezzi sostenibili.

Lisbona ottenne, il 16 maggio 2011, un prestito coordinato di 78 miliardi (26 a carico del Fmi). Successivamente Lisbona ha pagato i debiti con il Efsf-Mes in anticipo sui tempi previsti chiudendo la pratica e meritandosi l’appellativo di “paese modello” per come ha fatto bene i compiti a casa. E allora perché tanta apprensione, come ha scritto anche il Financial Times,  sulle sorti del piccolo e virtuoso paese iberico?

Lisbona in cambiò dei prestiti dovette sottoporsi a un severo piano di austerità che portò a un nuovo equilibrio di bilancio grazie a una solidarietà nazionale molto coesa e l’abilità di una forte personalità tecnico-politica pescata dalla banca centrale, il ministro delle Finanze, Mario Centeno.

Dal 2015 a giugno 2020 Centeno, persona competente e affabile, ha ricoperto la carica di ministro delle Finanze portoghesi, poi è stato nominato presidente dell’Eurogruppo fino al luglio 2020 e da settembre è divenuto governatore della banca centrale del Portogallo.

Centeno si sarebbe dimesso dalla carica di ministro delle Finanze, secondo fonti non confermate ufficialmente, per contrasti con il premier Costa che vedeva nel suo popolare ministro un pericolo che poteva fargli ombra.

Così Centeno, considerato l’artefice di quella spettacolare ripresa che prima che la pandemia colpisse a marzo ha consentito al paese di registrare 25 trimestri di crescita ininterrotta, ha fatto le valigie ed è tornato al lavoro di banchiere centrale.

Ma il cambio ha sguarnito un presidio a cui i mercati guardavano con fiducia. Centeno è stato l’artefice di un miracolo economico fatto di riduzione di spese inutili e aumento di investimenti produttivi, secondo la ricetta ricordata recentemente anche da Mario Draghi.

Centeno ha ridotto la disoccupazione al livello più basso da un decennio. Grazie a una medicina amara ha portato il bilancio in attivo per la prima volta dopo mezzo secolo.

Tutto bene, dunque? No. Poi è arrivato il Covid 19 e un lockdown severo (ultima spiaggia quando gli altri sistemi di prevenzione sono fuori controllo) a rovinare la festa delle celebrazioni. Un confinamento deciso dal premier Antonio Costa appena tornato alla vita pubblica in seguito al test risultato negativo dopo 14 giorni di autoisolamento e dopo un incontro col presidente francese Emmanuel Macron che aveva contratto il virus.

Una serrata di negozi che ha fatto balzare la disoccupazione e ha risvegliato ricordi che sembrano ormai un lontano ricordo, quelli della crisi del debito sovrano europeo del 2010.

Ritorno al passato

Un ritorno al passato ai tempi della crisi? Possibile? Meno di un decennio dopo, il Covid-19 ha riaperto i ricordi di quella crisi, facendo precipitare l'economia in recessione.

Il Portogallo ha superato bene la prima ondata di pandemia ma è stato uno dei paesi europei più colpiti dalla seconda ondata e tra i meno rapidi a ridurre il tasso di crescita dei nuovi contagi.

In un paese di appena 10 milioni di persone, il coronavirus ha causato più di 6.600 vittime al 27 dicembre. Lo shock per l'economia è stato pesante.

La Ue nelle previsioni economiche di autunno stima che l'economia lusitana si sarà contratta dell'9,3 per cento quest'anno.

La disoccupazione dovrebbe raggiungere quasi l’8 per cento nel 2021. Il debito salirà al 135,1 per cento del Pil dal 117 per cento del 2009.

Certo un debito ancora molto lontano dal 159,6 per cento dell’Italia nel 2020 ma che ha ridotto gli spazi di manovra della politica fiscale portoghese.

Anche il deficit di bilancio di Lisbona balzerà a -7,3 per cento dallo 0,1 per cento dell’anno scorso (Italia a -10,8 per cento) e le partite correnti con l’estero registrano un -0,9 per cento mentre l’Italia registra una cifra in positivo con un +2,9 per cento.

I bond decennali portoghesi, invece, sono quasi a quota zero con uno spread con i bund tedeschi di 60 punti base, molto meno dei 110 punti base dei Btp decennali italiani.

Eppure il Portogallo rischia di diventare il “canarino nella miniera” come prima vittima della seconda ondata del Covid se non arriveranno in fretta i trasferimenti del Recovery fund a trarlo di impaccio.

Una possibile evoluzione che noi italiani dovremmo monitorare con molta attenzione perché potrebbe riguardare anche la nostra storia futura se non sapremo fare bene e in fretta buon uso dei 209 miliardi di euro tra prestiti e trasferimenti del Recovery Fund in un quadro di rinnovata coesione politica interna.  

La Ue nelle sue ultime previsioni di autunno (che non tengono conto però degli effetti della seconda ondata della pandemia), ha ridotto le stime di un rimbalzo portoghese nel 2021 a una crescita del 5,5 per cento (Italia a 4,1 per cento).

A pesare in Portogallo, come pure in Italia, è la quota del turismo, un settore che vale circa il 15 per cento della produzione nazionale ma che è stato particolarmente colpito.

La spesa per la sanità pubblica è stata tagliata, come avvenuto anche in Italia, durante la crisi del debito e questa azione ha fragilizzato la capacità di reazione alla pandemia. Come se non bastasse sono molti gli infermieri che lasciano il paese in cerca di salari migliori all’estero.

Certo, c’è sempre il salvagente degli acquisti di obbligazioni da parte della Banca centrale europea che ha ridotto i rendimenti delle obbligazioni.

Portugal's Prime Minister Antonio Costa attends a media conference with European Council President Charles Michel at the European Council building in Brussels, Tuesday, Dec 1, 2020. (Stephanie Lecocq, Pool via AP)

Inoltre c’è il Recovery Fund (Ngeu) da 750 miliardi approvato in luglio a Bruxelles che riserva al Portogallo, 13 miliardi di euro di sovvenzioni a fondo perduto (grants) entro il 2026, una cifra pari al 6 per cento del Pil, (quarto paese dopo Croazia, Bulgaria e Grecia) nella classifica dei paesi che ricevono più aiuti a fondo perduto (Italia è solo 14esima).

Una scelta inoltre quella di Lisbona che non aumenterà il debito pubblico sfruttando solo la sua componente di trasferimenti come pare sia intenzionata a fare anche la Spagna per non aumentare lo spread con il Bund.

Un’idea che in Italia non sembra aver sfiorato nessuno. Ma dato che nessun paese è un’isola, siamo sicuri che sia una buona idea essere i soli ad usare tutto il Recovery fund (209 miliardi di cui 127 di prestiti) e non solo la quota di trasferimenti pari a 82 miliardi? Altrimenti potremmo essere noi il prossimo “canarino nella miniera”.

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