Tornano a tremare le finestre degli abitanti di Kherson. Nelle chat Telegram della città dell’Ucraina meridionale arrivano foto e video di esplosioni, riprese dai balconi di chi è rimasto in città, secondo le stime meno di un terzo dei 290mila abitanti. Le immagini sono seguite dalle solite raccomandazioni: “Non uscite di casa”, “state in un posto sicuro”. Le strade del centro sono deserte.

Da mesi si parla di una controffensiva nel sud dell’Ucraina, promessa a gran voce dalle autorità di Kiev. Finora si è tradotta in qualche chilometro guadagnato dagli ucraini nella regione che da inizio marzo è in mano a Mosca.

La domanda che aleggia ora tra gli abitanti di Kherson è se sia davvero questa la volta buona per la liberazione dell’intera regione. Ci avevano già sperato a fine luglio quando gli ucraini avevano bombardato il ponte Antonovskiy per lasciare i russi senza rifornimenti. Anche allora si parlava di controffensiva.

Ci avevano di nuovo sperato qualche settimana fa quando gli ucraini avevano colpito il quartier generale della flotta russa in Crimea, penisola confinante con la regione di Kherson. Ci sperano ancora di più adesso visto che lo stesso presidente ucraino Volodymyr Zelensky conferma il lancio di «un contrattacco nell'Ucraina meridionale».

Fake news

Su alcuni siti si parla addirittura di scontri armati in strada nel centro della città. Ma il giornalista di Kherson Konstantin Ryzhenko smentisce al momento queste ricostruzioni. Nel suo canale Telegram definisce “fake news” e “clickbait” questo tipo di notizie. E critica chi le diffonde, giocando, dal suo punto di vista, con lo stato d’animo di chi vive sotto occupazione da più di sei mesi.

«Scrivono che il servizio di sicurezza ucraino (Sbu) ha praticamente vinto, che l’esercito di Kiev è arrivato in città, che hanno già liberato alcune strade. Poi guardi fuori e non c’è nulla. Vi rendete conto quanto è logorante?», dice Ryzhenko e mostra foto di carri armati russi che girano nel centro della città. Nei commenti qualcuno scrive: «Peccato speravo che l’Sbu fosse entrata in città e che oggi avrebbero liberato Kherson». 

Ponti fuori uso

Se da un lato le autorità ucraine alimentano le speranze di una liberazione di Kherson, i russi parlano di “tentativo fallito miseramente”. Dai video che arrivano dall’Ucraina i combattimenti sembrano davvero più intensi e molto più vicini alla città, rispetto alle scorse settimane. 

Gli attacchi ucraini, in queste ore, hanno interessato in particolare i ponti, tra cui l’Antonovskiy, che è stato di nuovo bombardato per impedire ai russi di inviare rinforzi a Kherson dalla Crimea. Secondo il capo dell’amministrazione statale regionale di Kherson, Yaroslav Yanushevich, l’Sbu, nella giornata di ieri ha raggiunto questo obiettivo.

«Quasi tutti i principali ponti sono fuori uso. Sono rimasti solo collegamenti pedonali. In questo modo è stata tolta all’esercito russo la possibilità di ricevere nella regione di Kherson rifornimenti dalla Crimea», ha detto in un’intervista ad Apostrof tv.

Una questione di tempo

Non ha dubbi sul successo dell’operazione il consigliere di Zelensky, Oleksiy Arestovych, che però rimane cauto sui tempi. Alla domanda se sia questa la “massiccia controffensiva” promessa da Kiev, ha risposto:  «Inviterei a vedere cosa succede nei prossimi giorni. Posso dire che il servizio di sicurezza ucraino sta conducendo un’avanzata. Sono riusciti a spostare in avanti di qualche unità la linea del fronte e stanno colpendo i ponti per impedire il rifornimento dei nemici».

Poi ha aggiunto: «Molti vorrebbero un'offensiva su larga scala con notizie sulla conquista di un insediamento da parte dei nostri militari in un'ora. Ma non combattiamo così, lo facciamo per una causa e questa cosa richiede tempo e fatica». Arestovych però è ottimista sul risultato: «Siate pazienti, questo processo non sarà molto veloce, ma si concluderà con la bandiera ucraina issata su tutto il territorio».

La strada più lunga

Secondo l’esperto militare Oleh Zhdanov l’esercito ucraino ha scelto la strada «più sicura, ma anche più lunga». «Alla luce della mancanza di armamenti sufficienti per portare una controffensiva su larga scala, le forze ucraine hanno scelto la strada più lunga. Abbiamo costretto i russi a un’importante dislocazione delle loro forze».

«In questo momento abbiamo circondato, sulla destra del Dnepr, la più grande unità russa presente sul territorio. Ora stiamo neutralizzando, lentamente, la capacità di attacco di questa unità, costringendo i soldati a fuggire o a consegnarsi prigionieri», ha detto in un’intervista, pubblicata su YouTube, e rilanciata dai canali Telegram di Kherson. 

Un destino incerto

Anche secondo il giornalista Ryzhenko se davvero si tratta dell’annunciata controffensiva non sarà «questione di un paio di giorni e nemmeno di un paio di settimane». «Anche se l’esercito ucraino dovesse avanzare con successo, si tratta di un’operazione lenta. Chilometro dopo chilometro, difendendo con le unghie e con i denti ogni pezzetto di territorio. L’Sbu non è Glovo o Uber che consegna territori su richiesta. Non si possono fare previsioni sui tempi, ma quello che è certo è che non saranno brevi», spiega Ryzhenko.

Ryzhenko si rivolge anche alle autorità di Kherson, destituite dopo l’occupazione russa, ma che tornerebbero al potere in caso di riconquista ucraina: «Avete delle previsioni? Avete un piano d’emergenza quando i combattimenti arriveranno in città? Se dovessero saltare gli impianti, avete un piano per tutti coloro che rimarranno senza acqua, gas ed elettricità?».

Gli abitanti di Kherson cercano già la risposta, in particolare, all’ultima delle sue domande: ieri infatti tutta la regione è rimasta senza luce e acqua. Tra annunci di controffensiva da parte di Kiev e smentite di Mosca, ci sono infatti le vite di chi è ancora rimasto a Kherson e il cui destino, in questi giorni, è diventato ancora più incerto.

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