«Che strana coincidenza. Ci sono almeno quattro laboratori biologici controllati dagli Stati Uniti che operano in Nigeria, cioè proprio nel luogo dal quale proviene il vaiolo delle scimmie». La dichiarazione circola da fine maggio, è attribuita a Igor Kirillov, capo delle truppe russe per la protezione biologica, e a diffonderla è l’agenzia di stampa russa Tass.

Ce lo ha già insegnato l’esperienza della pandemia di Covid-19: dall’epidemia alla infodemia, il passo è breve. Ma lo schema collaudato di illazioni, complottismi e disinformazioni si intreccia oggi con la guerra in corso in Ucraina. Il risultato è una guerra informativa, fatta di attacchi, controattacchi e strategie militari su come affrontare il nemico.

Sul campo di battaglia, in questa “soft war” informativa sul vaiolo delle scimmie, ci sono anzitutto Mosca e Washington.

La narrazione di Mosca

La realtà parallela del Cremlino si diffonde da mesi con mezzi ufficiali e non: ci sono sia le dichiarazioni degli apparati di governo, che le artificiose ricostruzioni diffuse dalla Russia via internet. La versione di Mosca si impernia su una coincidenza temporale. Nel quadro della Conferenza sulla sicurezza di Monaco, un gruppo di esperti ha simulato a tavolino il caso di una epidemia di vaiolo delle scimmie per valutare i modelli di gestione di una crisi di questo tipo, e ha proiettato l’insorgere dell’epidemia proprio nel maggio 2022; in questo stesso mese si è diffusa l’epidemia nella realtà. La coincidenza temporale è l’innesco perfetto per la teoria del complotto di Mosca, e infatti nella primavera 2022 cominciano a circolare in russo su internet notizie di questo tipo: «Gli scienziati statunitensi hanno preparato a tavolino l’epidemia di vaiolo delle scimmie un anno fa, oltre 271 milioni di persone moriranno». La proiezione delle vittime, che viene presentata come il vero scenario imminente, fa parte invece delle simulazioni fatte dai 19 esperti globali.

Gli attacchi del Cremlino

Il complotto diventa virale, e infatti se ne trova traccia online anche in italiano: la realtà parallela di Mosca ha già contagiato la sfera informativa occidentale.

Che questa strategia rientri in un quadro di contrapposizione geopolitico, lo chiarisce bene il ruolo diretto svolto dal Cremlino. Oltre ai media filogovernativi, infatti, i complotti partono dal governo stesso. Il ministero della Difesa russo, ad esempio, offre all’agenzia di stampa Tass un titolo che è un’accusa diretta a Washington: «Quattro laboratori Usa operano in Nigeria, dove proviene il virus – secondo il ministero».

La realtà parallela si arricchisce così di nuovi arredi: la simulazione, i laboratori, e la presenza costante degli Stati Uniti come agenti di crisi.

Sfere di influenza mediatica

In rete si trova traccia anche di teorie che vanno in direzione opposta: «C’è la Russia dietro l’epidemia di vaiolo delle scimmie? Le rivelazioni dell’ex colonnello».

Ma l’aspetto più interessante della soft war, e cioè del versante non armato del conflitto, è la discussione a cielo aperto sulle tattiche migliori per combattere la controparte. Esemplare in tal senso è l’analisi prodotta su Foreign Policy da Ivana Stradner, consulente media alla Foundation for Defense of Democracies, nata dopo l’11 settembre 2001 per spingere – con la sua attività lobbistica – un’agenda interventista.

Stradner suggerisce all’amministrazione Usa strategie di battaglia informativa, con l’obiettivo dichiarato di costruire «una sfera informativa controllata dagli Usa»: dopo le sfere di influenza della guerra fredda, oggi le sfere di influenza fredde si fanno a colpi di news.

Strategie belliche in Usa

«Cosa dovrebbe fare Washington per contrastare l’ondata di disinformazione di Mosca? La cosa migliore è che Biden replichi le tattiche che ha già usato durante il crescendo che è sfociato poi nella guerra in Ucraina». A quali tattiche si riferisce Stradner? «La Casa Bianca ha reso pubbliche le informazioni che arrivavano dall’intelligence statunitense, comprese le operazioni di false flag, e in questo modo ha contrastato frontalmente la guerra informativa del Cremlino». L’analisi suggerisce insomma agli Usa di mantenere una «postura aggressiva», di declassificare i documenti di intelligence relativi alle campagne di disinformazione russe, e di non ripetere «gli errori dell’amministrazione Obama, troppo titubante».

Se già con Covid-19 la disinformazione ha contribuito a polarizzare il paesaggio mediatico e ha alimentato la sfiducia dell’opinione pubblica nelle istituzioni, oggi i contagi – sia del vaiolo delle scimmie che informativi – dilagano in piena guerra aperta. Con armi reali o finzionali.

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