Meloni si autoesclude dai Volenterosi. Così la premier umilia sé stessa e l’Italia

Casette variopinte, cuori pulsanti, alberi floridi e navi in viaggio, la maggior parte con i colori della bandiera europea. I leader della Comunità politica europea sono stati accolti a Tirana, oltre che da un fitto diluvio, da alcuni disegni che hanno tappezzato le pareti della sala della plenaria del vertice. Edi Rama, premier dell’Albania fresco di riconferma, ne ha spiegato il significato: è come i bambini albanesi pensano all’Europa. Immagini fanciullesche ma suggestive usate dal leader di Tirana. Elezioni Albania, verso una netta vittoria di Edi Rama La scelta di Giorgia Seppur molto diversa, è stata suggestiva anche la foto dei leader della coalizione dei Volenterosi riuniti a margine del summit della Cpe. Insieme a Volodymyr Zelensky, il presidente francese Emmanuel Macron, il premier britannico Keir Starmer, il cancelliere tedesco Friedrich Merz e il premier polacco Donald Tusk hanno avuto un incontro. E un collegamento telefonico con Donald Trump. Assente, ancora una volta come nel viaggio mancato a Kiev, Giorgia Meloni. La presidente del Consiglio italiano, quando la notizia era già uscita, si è affrettata a spiegare la sua posizione. Una necessità comunicativa improvvisa, come il suo punto stampa durato un minuto senza possibilità di domande, in cui Meloni è stata tagliente: «Rispetto a questo dibattito sulla mancata presenza italiana alle riunioni tra Regno Unito, Francia, Polonia, Germania e Ucraina, devo ribadire che l'Italia ha da tempo dichiarato di non essere disponibile a mandare truppe in Ucraina». «Non avrebbe senso per noi partecipare a dei formati che hanno degli obiettivi sui quali non abbiamo dichiarato la nostra disponibilità», ha aggiunto la premier parlando di «coerenza e chiarezza». Una volta tanto è in sintonia con Matteo Salvini, che ribadisce: «No all’invio di anche un solo militare italiano in Ucraina. Il governo è compatto, chiaro, coerente». Sarà lo stesso Macron, in serata, a rispedire al mittente il tema: «Mai parlato di inviare truppe, la discussione era sul cessate il fuoco. Guardiamoci dal divulgare false informazioni, bastano quelle russe». A essere meno chiaro è il motivo dietro la scelta di Palazzo Chigi, dato per assodato il sostegno alla causa ucraina di Meloni. Una decisione presa forse per smarcarsi da un’iniziativa, quella dei Volenterosi, la cui impronta principale è di Macron. O forse per dimostrare una posizione alternativa rispetto alle altre capitali europee, specie agli occhi dell’inquilino della Casa Bianca. O forse, ancora, per mantenere in equilibrio la postura del suo governo, che deve fare i conti con una Lega riottosa sul tema Ucraina. Quale che sia la ragione, Meloni ha sfilato ufficialmente l’Italia dal gruppo di testa europeo. Primo maggio di propaganda e di governo, altro video-spot di Meloni ma senza decreto Pressione su Mosca Intanto, in alcune dichiarazioni congiunte, Macron, Starmer, Merz, Tusk e Zelensky hanno spiegato i contenuti della riunione informale: con Trump hanno discusso soprattutto dei colloqui di pace, pur spuntati, tra Mosca e Kiev a Istanbul. «L'Ucraina è pronta a compiere i passi più rapidi possibili per raggiungere una vera pace, ed è importante che il mondo mantenga una posizione forte», ha affermato Zelensky, auspicando un aumento delle sanzioni occidentali nel caso in cui i russi continuino a evitare i negoziati ad alti livelli. Starmer ha manifestato la volontà di concordare una risposta comune nei confronti della Russia. La condanna all’atteggiamento del Cremlino è arrivata da Tusk: «La parte russa non ha dimostrato buona volontà e ha posto condizioni inaccettabili. Il compito principale è mantenere l'unità dei partner europei e americani sulla questione ucraina». E Macron gli ha fatto eco, puntando il dito contro Putin che «si rifiuta di rispondere alla proposta di tregua incondizionata avanzata dagli americani e sostenuta dall'Ucraina e dagli europei». Per il presidente francese, Mosca sta dimostrando solamente di «voler guadagnare tempo, continuando la guerra». Per questo l’Europa vuole incrementare la pressione sulla Russia, come invocato dalla presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen da Tirana e Bruxelles è al lavoro per un nuovo pacchetto di sanzioni. Nel frattempo, Meloni ha adottato altre dichiarazioni congiunte. Quella dei principali paesi europei, più la Romania, a sostegno della Moldavia e della sua ambizione europea. E poi quella con l’Albania, firmata dopo un bilaterale con Rama. Al centro della quale, oltre al supporto italiano all’ingresso di Tirana in Ue, ci sono alcuni accordi economici e il rafforzamento della cooperazione tra i due paesi, dalla difesa ai migranti. Il rapporto tra Rama e Meloni d’altronde è più che saldo, come dimostrato in maniera grottesca dal premier albanese inginocchiatosi davanti a Meloni al suo arrivo. O dal suo saluto, ironico ma non troppo, alla «protettrice dell’Albania». Poche decine di migranti Merito, almeno in parte, dei centri albanesi di Gjader e Shengjin, ora diventati Cpr: un miliardo di costi stimati per gli italiani, poche decine di migranti mandati nelle due strutture, di cui la maggior parte costretti al ritorno in Italia. Un fallimento evidente, sebbene per la premier italiana la «velocità» dei lavori abbia dimostrato il loro «funzionamento». «Stiamo andando avanti come promesso», ha commentato coraggiosamente da Tirana. Ad ogni modo, l’Italia è il primo sponsor dell’adesione europea dell’Albania. Il carismatico Rama, però, ha giocato per tutto il summit la carta ‘simpatia’, per dimostrare al resto d’Europa il desiderio e la risolutezza del suo paese nel voler entrare nell’Ue. Dal video realizzato con l’intelligenza artificiale che mostrava i leader europei tornati neonati, e che ha strappato un sorriso perfino a Recep Tayyip Erdogan, fino alla cravatta indossata con i simboli europei. Ai bambini, autori dei disegni, il compito di capire nei prossimi anni se ha funzionato. Forzare il diritto non è una soluzione. Tutti i profili di illegittimità degli inutili Cpr in Albania