Il conteggio dei voti dei portoghesi residenti all’estero ha confermato la possibilità che da domenica scorsa aleggiava nell’aria: a cinquantun anni dalla Rivoluzione dei Garofani, in Portogallo l’era del bipartitismo è finita. Grazie alle preferenze della diaspora, il partito di estrema destra Chega, che alle elezioni del 18 maggio aveva ottenuto 58 deputati, è riuscito ad aggiungerne altri due, grazie soprattutto ai voti provenienti da Svizzera, Francia, Belgio e Regno Unito.

Si consuma così, almeno in parlamento, il sorpasso del Partito socialista, che ha raccolto circa 4mila voti in più di Chega, ma che resta fermo a 58 eletti. Gli altri due deputati espressi degli emigrati portoghesi vanno invece ad Aliança Democrática, la coalizione di centrodestra guidata Luís Montenegro, che in serata potrebbe ottenere la conferma dal presidente della Repubblica Marcelo Rebelo de Sousa per formare un nuovo governo di minoranza, proprio come era successo dopo le elezioni anticipate dell’anno scorso.

Eccezionalismo iberico

«Siamo davanti a una rivoluzione politica strutturale: la democrazia portoghese non è più un sistema a due colonne, che si sostiene sull’alternanza al governo di centrodestra e centrosinistra, ma a tre: Chega, insomma, diventa un partito con una reale chance, tra qualche anno, di governare il paese», spiega Riccardo Marchi, professore di Relazioni internazionali all’Università Lusófona .

Una rivoluzione che si è consumata in tempi record. Fino a sei annifa il Portogallo è stato uno dei pochi paesi europei a non avere un partito di estrema destra. A crearlo è stato André Ventura, ex avvocato e commentatore sportivo, cresciuto all’interno del Partido Social Democrata, il principale partito di centrodestra portoghese (Psd, che dal 2023 è il principale componente, insieme a due partiti minori, della coalizione Aliança Democrática).

È nel 2019 che, dopo aver perso le elezioni municipali a Loures, un comune dell’area metropolitana di Lisbona, e messo in discussione la leadership del Psd, Ventura decide di uscire dal partito per fondare Chega, che in portoghese vuol dire “basta”. Da quel momento, l’ascesa di Ventura è stata costante, al punto che già l’anno scorso il partito aveva superato il milione di elettori diventando la terza forza politica del paese.

«L’ascesa di Chega segna anche la fine definitiva dell’eccezionalismo iberico», ricorda Marchi. Per molto tempo alcuni studiosi di scienze politiche hanno sostenuto che paesi come Spagna e Portogallo, avendo vissuto un autoritarismo recente, fossero immuni all’avanzata dell’estrema destra. Dal 2015 in poi questo scenario è cambiato, prima con la nascita di Vox in Spagna e poi con quella di Chega, che negli ultimi due anni ha superato il partito spagnolo per numero di deputati.

«Ma Ventura non appartiene alla tradizione della destra radicale portoghese nostalgica del regime di Salazar. Tuttavia, sa bene che tra i suoi elettori esistono sacche di salazaristi che evita accuratamente di scontentare», afferma ancora Marchi. Fin dall’inizio, però, Chega ha saputo imporsi su temi che i partiti tradizionali hanno evitato a lungo, come l’immigrazione. Anche la corruzione è diventata centrale nella sua narrativa, rafforzata da casi simbolici come quello dell’ex primo ministro socialista José Sócrates, arrestato nel 2014 ma mai arrivato a processo. Ventura presenta così il suo partito come l’unica forza capace di rompere «il sistema».

Patrioti europei

Da una prospettiva più ampia, il risultato di Chega è una buona notizia per Patriots for Europe, il gruppo parlamentare di cui fanno parte anche Vox e la Lega, ma non altera di molto gli equilibri europei. Come dice Marchi «il Portogallo resta un paese di medie dimensioni e soprattutto con un peso limitato nei meccanismi decisionali di Bruxelles». A livello nazionale invece oggi il partito si trova in una posizione ideale.

La scelta del centrodestra di formare un governo di minoranza apre spazi strategici per Ventura, che può agire su due fronti: quello dell’opposizione radicale e, quello della responsabilità istituzionale.

Da un lato, infatti, il Partido Socialista è in un momento di grande fragilità: oltre a essere uscito sconfitto dalle urne, è attraversato da forti tensioni interne e quindi non è in grado di esercitare un’opposizione netta al governo di centrodestra. Dall’altro, Chega non ha intenzione né di far cadere il nuovo esecutivo (per il momento), né di sostenerlo attivamente.

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