Con un’insolita puntualità Vladimir Putin è atterrato a Ginevra e lungo il percorso verso la villa La Grange, sede del summit con il presidente Joe Biden, sono stati esposti tre cartelloni con la scritta «Navalnyj è stato avvelenato con il Noviciok», «sinora non c’è stata alcuna inchiesta», «come lo spiega, presidente Putin?» Un benvenuto speciale da parte di qualche manifestante che ha ribadito una delle linee rosse che certamente non favoriscono il disgelo tanto auspicato a livello internazionale.

Il primo faccia a faccia

Giunto a destinazione il presidente Putin ha trovato la sua delegazione, composta dal fedele ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, il consigliere presidenziale per gli Affari esteri Juri Ushakov, il generale Valeryj Gerasimov, l’ambasciatore russo negli Stati Uniti, gli inviati del Cremlino in Siria e Ucraina e il portavoce presidenziale.

La delegazione americana, che ha accompagnato il presidente Biden, è costituita dal segretario di Stato, Antony Blinken, la sottosegretaria di Stato, il consigliere per la sicurezza nazionale, gli esperti del Consiglio di sicurezza sui dossier russi e l’ambasciatore americano a Mosca.

Dopo una stretta di mano, durata qualche secondo, i due protagonisti della giornata hanno scambiato qualche battuta e sorriso: Biden ha sottolineato l’importanza di «incontrarsi di persona» e Putin ha auspicato «un faccia a faccia positivo».

La prima parte dell’incontro tra i due presidenti è cominciata alle 13.36, accompagnati dal segretario di Stato americano e dal ministro degli Esteri russo ed è terminata dopo due ore, il doppio del tempo previsto, mentre le rispettive delegazioni hanno partecipato nella seconda parte, cominciata alle 16.

Ciò vuol dire che i due presidenti non sono mai stati lasciati soli nella conversazione. Quale può essere la motivazione? Un’interpretazione abbastanza attendibile può essere ricondotta al suggerimento del team che ha lavorato con Biden per preparare il vertice: bisogna evitare di commettere errori e lasciare spazi di manovra a Putin che sfrutterebbe abilmente durante la conferenza stampa.

Il rischio di fare errori

Sebbene anche la moglie di Biden abbia affermato che è «super preparato», ha suscitato oggetto di scherno nei media russi il fogliettino che Biden teneva tra le mani all’inizio dell’incontro.

Un segnale di incertezza e “incredibile” debolezza di Biden che secondo l’ex segretario di Stato Michael Pompeo troverebbe conferma anche nel rifiuto americano di una conferenza congiunta.

Al di là del cerimoniale, della ricerca di un qualche segnale dal linguaggio del corpo che non lascia trasparire significative differenze con i predecessori di Biden, la storia dei summit Stati Uniti/Russia è costellata da tensioni iniziali e riprese di dialogo.

Certamente il presidente Biden non è così illuso da aspettarsi un reset delle relazioni con Putin e la maggior parte degli analisti converge sul fatto che un buon successo è semplicemente la ripresa del dialogo.

Ma durante la conferenza stampa di Putin sono emersi anche altre considerazioni: nessuna ostilità con il suo omologo; l’inizio di una consultazione bilaterale sul tema della cybersicurezza, il rientro degli ambasciatori; tavoli tecnici per discutere il controllo degli armamenti; nessuna convergenza sul caso ucraino, ma continuare nella ricerca di realizzare gli accordi di Minsk.

Putin ha, inoltre, espresso un giudizio molto positivo su Biden: «È una persona molto esperta, un leader costruttivo, non tutti sanno trattare i temi in maniera altrettanto approfondita».

Il valore dell’incontro

Una valutazione abbastanza realistica del summit? «Molto rumore per nulla» per chi si aspettava uno scontro politico da “Nuova Guerra Fredda”. Confermate le aspettative dei russologi: un’atmosfera cordiale, una collaborazione in diverse aree di policy, nessuna illusione sulle rispettive linee rosse e un tentativo bilaterale di regolarizzare lo scontro egemonico per preventivare situazioni che potrebbero determinare un’escalation del conflitto in alcune zone geopolitiche.

Non stupisce, invece, la risposta di Putin alla domanda su Aleksej Navalny: «Questa persona sapeva cosa prevede la legge, ha deliberatamente deciso di essere detenuto».

La vera sorpresa è stata l’annuncio di una dichiarazione congiunta sulla stabilità strategica, a quanto pare la vera priorità delle due amministrazioni presidenziali.

Putin può tornare in Russia dimostrando di essere ancora una volta l’unico leader capace di salvaguardare gli interessi del paese e condizionare positivamente l’inizio della campagna elettorale parlamentare.

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