In India la lotta al patriarcato profuma di coraggio e masala

Cibo è il nostro inserto mensile che racconta il mondo attraverso ciò che mangiamo. Esce l’ultimo sabato di ogni mese sulla app di Domani e in edicola. In ogni numero svisceriamo un tema diverso con articoli, approfondimenti e commenti: il tema del numero di questo mese è la frutta che diventa un lusso. Qui troverete man mano tutti gli altri articoli di questo numero. In questa pagina, invece, tutti gli altri articoli di Cibo, che è anche una newsletter gratuita. Ci si iscrive a questo link. Al Sardar Market di Jodhpur, la città blu del Rajasthan, una donna che fa affari è tuttora una gemma rara. Neelam Verhomal lo ha imparato sulla sua pelle. Sguardi indiscreti, molestie quotidiane e concorrenza sleale da parte dei colleghi uomini glielo ricordano ogni mattina, quando apre il negozio di spezie che un tempo era stato di suo padre, Mohanlal, scomparso più di vent’anni fa. La sua eredità sopravvive nell’insegna che porta ancora le sue iniziali, Mv Spices, e nel fiorente commercio di spezie oggi interamente gestito dalle sue sette figlie. Neelam, 39 anni, è «la terza delle Spice Girls», si presenta con ironia. Il suo passato da ingegnere informatico sembra appartenere a una vita fa. Arrivano i sommelier delle mele: se il menù della frutta cambia volto Nell’antico mercato che si estende sinuoso intorno alla torre dell’orologio, ai piedi del forte che domina su tutta Jodhpur, Verhomal, insieme alle sue sorelle e alla madre Bhagwanti, è alla guida di uno dei negozi di spezie più famosi di tutto il Rajasthan, la cui popolarità è nel tempo sconfinata ben oltre il subcontinente indiano. Mentre racconta ai clienti provenienti dai quattro angoli del pianeta aromi e proprietà delle oltre trenta miscele di spezie in vendita, Neelam offre loro del chai, una tradizione per onorare gli ospiti, che vanno «accolti come dèi», secondo le usanze del posto. Il sogno di un padre Curioso e visionario Mohanlal Verhomal non è sempre stato un mercante di spezie. A Jodhpur vendeva generi alimentari al mercato della torre dell’orologio. Alla vista dei turisti di passaggio ne era profondamente incuriosito, non solo per l’aspetto, ma anche per la loro lingua. Un giorno una donna americana gli chiese della polvere di curry. La richiesta lo colse alla sprovvista non solo perché parlavano lingue diverse, ma per l’errata sovrapposizione tra curry e masala su cui tuttora si fonda la conoscenza della cucina indiana di buona parte dell’occidente. Se infatti il curry – al contrario di quanto comunemente si intende – è un’unica spezia; il masala è una miscela di spezie, la cui più nota combinazione è il garam masala. «Dopo aver decifrato la richiesta della donna, mio padre corse a casa e chiese a mia madre di prepararne un po’ per la cliente – racconta Verhomal riavvolgendo il nastro dei ricordi – La donna la trovò estremamente piccante, così mia madre ne preparò quattro diverse varianti, che le piacquero moltissimo. Fu questo l’inizio di tutto». Foto Apal Singh

[Missing Credit] Da quel giorno, la fama di Mohanlal crebbe poco per volta. Nel suo negozio presero a sedersi visitatori da tutto il mondo. Centinaia di lettere tuttora custodite dalla famiglia, raccontano volti, storie e paesi che Verhomal ha conosciuto negli anni. Alcuni ci avevano parlato a stento ma non ne avevano mai dimenticato il carisma e il sapore delle spezie sapientemente preparate da Bhagwanti. «Mio padre osservava mia madre mentre cucinava. Imparò molto da lei. Lavoravano tantissimo e fino a tardi per poterci dare un’istruzione adeguata. Il mercato non era un posto per donne, mio padre lo diceva sempre. Eppure quello che faceva lì era per noi». Verhomal ricorda di quelle poche ore trascorse di domenica al mercato, la puzza di rancido delle verdure andate a male e il tanfo degli animali con cui si condividevano spazi angusti. Mohanlal voleva che le sue figlie conoscessero i clienti, per familiarizzare con quella lingua straniera che lui aveva imparato dopo tanti sacrifici. Voleva si affacciassero anche solo per pochi istanti da quella finestra sul mondo che era riuscito a spalancare nel cuore caotico del Sardar Market. Con la complicità delle guardie, un giorno Mohanlal stese un lenzuolo per vendere le sue spezie davanti al Forte di Mehrangarh, la principale attrazione turistica della città. Finché un giorno, il Maharaja chiese di incontrarlo. Era il 1989 e le spezie di Mohanlal erano sempre più note tra i viaggiatori in visita in Rajasthan. «Il caso volle che una turista di Stoccarda avesse acquistato delle spezie da mio padre e non ricordandone il nome, pensò di scrivere una lettera direttamente al sovrano, che incuriosito volle incontrarlo per offrirgli un regolare permesso per vendere le sue spezie all’interno delle mura del forte», sorride Verhomal. Il sapore del futuro: quanto pesa il gusto nuovo che si coltiverà Spezie e patriarcato La situazione precipita alla morte di Mohanlal. In mancanza di un erede maschio, i fratelli dell’uomo si contendono il negozio di spezie. Sebbene la legge non lo impedisca, una donna proprietaria è tuttora mal vista. «Mia madre si oppose con tutte le sue forze. I fratelli di mio padre non erano istruiti e non sarebbero stati in grado di portare avanti l’attività di papà». Per Verhomal, la madre e le altre sorelle inizia un periodo estremamente difficile. Insulti, molestie, diversi tentativi di frode e aggressione, anche con l’acido. I primi tempi non riescono a rifornirsi di spezie, i contadini non hanno alcuna intenzione di entrare in affari con loro. Il pregiudizio sociale e culturale è una taglia che pende sulle loro teste. Cresciuta a sua volta all’ombra di una donna forte e combattiva, Bhagwanti non si è mai lasciata intimidire, incoraggiando le ragazze a seguire il suo esempio. A chi prevedeva la sua imminente rovina, senza un marito e con sette figlie femmine, rispondeva che un giorno avrebbe aperto ben sette negozi, uno per ciascuna di loro. E non si sbagliava, visto che oggi sono tre i loro negozi in città. La libertà viaggia sul risciò, storie di emancipazione femminile nell’India delle spose bambine Le Spice Girls del Rajasthan Già protagoniste di un documentario (The Spice Girls of India, 2013) poi presentato al London Film Festival, Bhagwanti e le sue figlie tornano a raccontare la propria storia davanti alla cinepresa di Gillian Greenfeld, regista e antropologa canadese. I tempi delle riprese, iniziate nel 2023, sono quelli di una coraggiosa produzione indipendente: un cinéma verité al limite della ricerca antropologica, costretto a fare i conti con i pochi mezzi a disposizione. L’ultimo ciack, previsto per novembre, avrà il sostegno di una campagna lanciata su Indiegogo. «Il film è una storia di resistenza – racconta la regista - In Rajasthan, dove le donne sono ancora sfruttate e costrette a stare un passo indietro, questa madre e le sue figlie non vendono solo spezie, ma rivendicano uno spazio culturalmente negato. Non sono solo coraggiose: sono rivoluzionarie». [Missing Caption][Missing Credit] Il titolo, non ancora definitivo, non mancherà di un’eco pop: «Probabilmente ci sarà una citazione musicale. Per ora è solo un titolo di lavoro», fa sapere la regista in attesa della fine delle riprese. Greenfeld ha registrato ore di interviste, sfogliato documenti e fotografie. In una di queste, ingiallita dal tempo, Verhomal è circondata dalle sue sorelle. Le più piccole sono distratte, lo zio seduto a gambe incrociate confeziona le spezie in numerosi sacchetti. Bhagwanti non distoglie lo sguardo dal suo lavoro. «Avevamo raggiunto mio padre in negozio per la preghiera del Diwali. Aveva una consegna importante e non sarebbe tornato a casa per tempo», ricorda Verhomal. È una scena in movimento, ma i suoi occhi e quelli del padre puntano dritti l’obiettivo. Quando era poco più di una ragazzina, gli aveva promesso che avrebbe persino rinunciato al matrimonio pur di poter decidere per sé stessa e portare avanti il negozio. Il suo sguardo, a distanza di anni, sembra ancora racchiudere quella stessa promessa. [Missing Caption][Missing Credit]