È tornata in Iran Elnaz Rekabi, l’atleta che domenica aveva gareggiato ai campionati di arrampicata sportiva in Corea del Sud senza indossare l’hijab. Secondo le immagini diffuse dalle agenzie e dai social media, la climber è stata accolta come un’eroina a Teheran. Il suo gesto simbolico è coinciso con la quinta settimana di manifestazioni in Iran, dopo la morte il 16 settembre di Masha Amini, una ragazza arrestata perché non indossava correttamente l’hijab.

“Non intenzionale”

Mercoledì Rekabi aveva detto pubblicamente che il gesto di non indossare il velo non fosse intenzionale. Lo ha ribadito ancora una volta quando è stata intervistata al suo arrivo. Comunque per l’occasione si è radunata una piccola folla, all’esterno dell’aeroporto internazionale Imam Khomeini. Nei video si vedono persone che cantano e la definiscono un’eroina. Qualcuno le ha consegnato dei fiori.

Ma lei ha ripetuto di nuovo di essere stata chiamata in gara all’improvviso: «Ero impegnata a indossare le mie scarpe e la mia attrezzatura. Questo mi ha fatto dimenticare di indossare l’hijab quando sono andata a gareggiare».

La repressione

In realtà non è ancora chiaro cosa sia successo all’atleta dopo la gara (e quanto questo abbia influito sulle sue dichiarazioni successive). Il servizio persiano della Bbc, che ha molte fonti in Iran anche se le è vietato operare lì, ha citato una "fonte informata" e anonima secondo la quale i funzionari iraniani avrebbero sequestrato sia il cellulare sia il passaporto di Rekabi.

IranWire, un sito web fondato dal giornalista iraniano-canadese Maziar Bahari, che in passato è stato incarcerato in Iran, ha affermato che Rekabi sarebbe stata destinata alla prigione di Evin, quella dove si trovano i prigionieri politici, la stessa dove si trova anche l’italiana Alessia Piperno. E la stessa dove è scoppiato un incendio nei giorni scorsi dopo la rivolta.

La Federazione internazionale di arrampicata sportiva ha fatto sapere in una nota che continuerà a tenere monitorata la situazione.

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