La cittadina iraniano-britannica Nazanin Zaghari-Ratcliffe, dipendente della Fondazione Thomson Reuters, è stata condannata a un altro anno di prigione in Iran, dopo aver già scontato una pena detentiva di cinque anni. A riferirlo, il suo avvocato, Hojjat Kermani.

La donna è stata arrestata in un aeroporto di Teheran ad aprile 2016 con l’accusa di propaganda e complotto nei confronti dello stato, a seguito della partecipazione a una protesta davanti all'ambasciata iraniana a Londra nel 2009. A marzo scorso, è stata rilasciata dagli arresti domiciliari, dopo cinque anni di custodia cautelare, ma è stata convocata di nuovo in tribunale per la nuova condanna.

Il marito della donna, Richard Ratcliffe, ha detto alla Bbc che la decisione della corte è stata un brutto segno e «chiaramente una tattica negoziale» da parte delle autorità iraniane. Secondo Ratcliffe, infatti, Teheran starebbe utilizzando la moglie come merce di scambio per un vecchio debito di 400 sterline per delle forniture militari che, da molti anni, l’Iran contesta e rivendica al Regno Unito. Alla storia si somma il presente. La condanna della donna arriva infatti mentre a Vienna sono in corso i colloqui sul nucleare iraniano, organizzati per favorire il rientro degli Stati Uniti, alleati di Londra, nell’intesa.

Le reazioni

Boris Johnson ha così criticato la nuova sentenza: «Non credo sia assolutamente giusto che Nazinin debba scontare un'altra pena», ha dichiarato il premier Tory a margine di una visita a a Wrexham. «Ovviamente dovremo studiare il verdetto nel dettaglio», ha aggiunto, assicurando che il suo governo «non si fermerà e raddoppierà gli sforzi» per ottenere che Zaghari-Ratcliffe sia rilasciata e possa tornare dalla famiglia nel Regno Unito, «lavorando sulla questione anche con i nostri amici americani», ha concluso Johnson. Anche il ministro degli Esteri Dominic Raab ha definito la condanna e il divieto di espatrio di un anno «del tutto disumani e ingiustificati».

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