Il presidente russo Vladimir Putin è andato in visita a Teheran per iniziare una nuova èra.

Sul tavolo un accordo da 40 miliardi di dollari tra la National iranian oil company e Gazprom. Il progetto, secondo l’agenzia di stampa del ministero del petrolio iraniano verte sullo sviluppo dei giacimenti di gas di Kish e North Pars e anche di sei giacimenti petroliferi. Non è un caso se ad accogliere Putin su un lungo tappeto rosso c’era il ministro iraniano del Petrolio, Javad Owji. Che la visita avesse una valenza importante lo aveva anticipato senza mezzi termini il portavoce del Cremlino Dimitry Peskov ricordando la storia diplomatica tra Russia e Persia quando «molti dei paesi di oggi non esistevano nemmeno allora». Ancora una volta il Cremlino ricorre alla storia imperiale della Russia per affrontare e decifrare il presente.

A Teheran il presidente Putin ha incontrato il presidente iraniano Ebrahim Raisi e quello turco Recep Tayyip Erdogan. Sul tavolo diplomatico diversi dossier: dall’accordo sul nucleare iraniano, alla situazione siriana, passando per la guerra in Ucraina e la crisi del grano, che sembra bloccarsi nei prossimi giorni dopo che russi e ucraini hanno raggiunto un accordo. A Istanbul verrà creato un centro di comando che, anche sotto l’egida delle Nazioni unite, avrà lo scopo di garantire la sicurezza dei “corridoi alimentari” con cui le navi cargo dovranno trasportare le oltre 20 milioni di tonnellate di grano ferme nei porti ucraini attraverso il Mar Nero.

Cosa vuole Putin

L’incontro trilaterale ospitato dalla Repubblica islamica ha per Mosca l’obiettivo di dimostrare all’Occidente che nonostante l’invasione dell’Ucraina, può contare su un fedele alleato, peraltro scomodo ai paesi arabi limitrofi, a Israele e anche agli Stati Uniti.

Il presidente americano Joe Biden ha già ribadito durante la sua visita in Israele della scorsa settimana che è disposto a trattare ancora per far rientrare Teheran all’interno dell’accordo sul nucleare del 2015 siglato con Obama, ma ha anche aggiunto che gli Stati Uniti «non aspetteranno in eterno».

In un momento in cui la Russia continua a incassare le sanzioni occidentali – in questi giorni Bruxelles sta varando un ulteriore pacchetto – l’Iran è per Putin un paese amico con cui rafforzare la propria economia. Dopo l’introduzione delle sanzioni da parte di Bruxelles Putin aveva già preannunciato durante i suoi discorsi televisivi che la Russia avrebbe guardato a Oriente per compensare le perdite. E così, la visita a Teheran getta le basi anche per la futura firma di un trattato di cooperazione strategica, che punta ad ampliare la collaborazione nel settore bancario e finanziario tra i due paesi mettendo da parte il dollaro e adottando le rispettive monete nazionali nei loro scambi commerciali che da 4 miliardi dovrebbero raddoppiare.

L’ayatollah e la Siria

Nella loro fitta agenda, Erdogan e Putin hanno anche avuto un incontro con l’ayatollah Ali Khamenei, che ha espresso il suo punto di vista sulla Siria. «Qualsiasi tipo di attacco militare nel nord della Siria danneggerà sicuramente la Turchia, la Siria e l'intera regione, e andrà a beneficio dei terroristi», ha detto la guida suprema. Un monito a Erdogan che ha annunciato una vasta operazione nel nord del paese di Assad contro i curdi. Minacce a parte, Erdogan è andato in Iran anche per aumentare gli scambi commerciali tra i due paesi, i quali raggiungeranno la quota di 30 miliardi di dollari l’anno. Confermandosi così un abile leader diplomatico e pedina di raccordo fondamentale tra Oriente e Occidente.
 

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