«Stasera abbiamo cambiato marcia. Le Forze di difesa stanno conquistando territorio, colpendo i terroristi e distruggendo le infrastrutture. Stiamo prendendo il controllo dell'asse Morag. Questo sarà il secondo corridoio Philadelphi, un corridoio aggiuntivo», ha detto Netanyahu. Chiudono i panifici a Gaza per mancanza di materie prime
Dopo due settimane di bombardamenti a tappeto su tutta la Striscia da parte dell’esercito israeliano, e oltre mille morti dalla fine della tregua, il gabinetto di guerra dello stato ebraico accelera l’offensiva e approva l’invio di una seconda divisione militare nel sud di Gaza. Lo ha annunciato ieri il ministro della Difesa, Israel Katz, secondo cui le truppe si muoveranno per bonificare le aree «da terroristi e infrastrutture e conquistare un vasto territorio che verrà aggiunto alle aree di sicurezza dello stato di Israele».
In giornata Benjamin Netanyahu, impegnato anche ad affrontare i processi giudiziari a suo carico, ha chiarito i piani. Ha detto che l’esercito sta dividendo il sud di Gaza. «Stasera abbiamo cambiato marcia. Le Forze di difesa stanno conquistando territorio, colpendo i terroristi e distruggendo le infrastrutture. Stiamo prendendo il controllo dell'asse Morag. Questo sarà il secondo corridoio Philadelphi, un corridoio aggiuntivo», ha detto.
«Quanto più a lungo gli ostaggi rimarranno prigionieri, maggiore sarà la pressione finché non saranno rilasciati: siamo determinati a raggiungere gli obiettivi di questa guerra, agiamo instancabilmente, con una linea chiara e un compito chiaro», ha concluso. Al momento, si trovano nella Striscia ancora 59 ostaggi. In teoria: molti di loro sono morti negli ultimi 17 mesi.
La protesta dei familiari
I nuovi piani annunciati su Gaza, già preannunciati da Katz il 21 marzo scorso, e la volontà di annettere con la forza militare parte del territorio, non sono stati accolti con favore da parte dei famigliari dei prigionieri. «È stato deciso di sacrificare gli ostaggi per ottenere guadagni territoriali», afferma l'Hostages and Missing families forum in una nota. «Invece di garantire il rilascio degli ostaggi attraverso un accordo e porre fine alla guerra, il governo israeliano sta inviando più soldati a Gaza per combattere nelle stesse aree in cui le battaglie hanno già avuto luogo ripetutamente».
Nella nota si legge che le famiglie «sono rimaste inorridite quando questa mattina si sono svegliate con l'annuncio del ministro della Difesa secondo cui l'operazione militare a Gaza sarebbe stata estesa allo scopo di 'conquistare un vasto territorio».
Ad alimentare le tensioni è stata anche la visita del ministro per la Sicurezza nazionale, Itamar Ben Gvir, alla spianata delle moschee dove si è recato per pregare. Secondo l’accordo del 1967 i cittadini non musulmani possono accedere al sito come visitatori, ma non possono recarvisi per pregare. La visita di Ben Gvir ha suscitato la ferma condanna dell’Arabia Saudita. Per Hamas è stata una condanna «escalation provocatoria e pericolosa».
La guerra
Intanto i bombardamenti dell’aviazione israeliana proseguono. Secondo fonti locali, almeno 71 persone sono state uccise a Gaza nelle ultime ventiquattro ore. Diciannove di loro sono morte in una clinica sanitaria dell’Unrwa a Jabalia. Sempre nel nord, continuano le proteste di massa dei gazawi contro Hamas per chiedere la fine della guerra.
La popolazione è allo stremo. Chi non muore per via delle bombe rischia di morire di fame. Da circa un mese Israele ha vietato la consegna di aiuti umanitari per la popolazione civile parte della quale è già in malnutrizione.
Ieri il World Food Program ha annunciato che i panifici a Gaza sono stati costretti a chiudere «a causa della mancanza di farina e carburante». Il Wfp ha detto che «distribuirà gli ultimi pacchi alimentari nei prossimi due giorni». Nel silenzio internazionale, ieri il Consiglio per i diritti umani dell’Onu ha adottato una risoluzione con cui chiede a Israele di «revocare il blocco illegale» ed esprime «grave preoccupazione per le dichiarazioni dei funzionari israeliani che equivalgono a incitamento al genocidio e chiede che Israele rispetti la sua responsabilità legale nel prevenire il genocidio».
Sguardo su Iran e Siria
Nello scenario mediorientale si muovono altre pedine. Il ministro degli Esteri israeliano, Gideon Sa’ar, è partito ieri sera per Parigi per discutere di Iran e altre questioni regionali con il suo omologo Jean-Noel Barrot. Occhi puntati anche sulla Siria. Secondo alcuni media il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, potrebbe incontrare durante una sua visita in Arabia Saudita di metà maggio il leader dei ribelli siriani di Hayat Tahrir al Sham, Ahmed al-Sharaa.
© Riproduzione riservata