Decine di migliaia di cittadini israeliani sono scesi in strada nelle maggiori città del paese ieri sera, tornando a protestare contro il governo del primo ministro Benjamin Netanyahu dopo la sua decisione di licenziare il ministro della Difesa, Yoav Gallant, che aveva preso pubblicamente posizione contro la controversa riforma della giustizia, e il premier decide di fare un passo indietro.

A quanto riportano i media iraniani, citando fonti del suo partito, il Likud, dovrebbe annunciare questa mattina il congelamento del piano di riforma della giustizia del suo governo. Il primo ministro ha discusso durante la notte della possibilità, e anche il presidente Isaac Herzog ha chiesto alla coalizione di governo di fermare l'iter legislativo della riforma. Netanyahu dovrebbe parlare alla nazione alle 10.

Le proteste

A Tel Aviv i manifestanti hanno bloccato un’autostrada e acceso falò, e scontri tra polizia e manifestanti si sono verificati all’esterno dell’abitazione privata del primo ministro a Gerusalemme.

Il console generale di Israele a New York, Asaf Zamir, ha annunciato ieri le proprie dimissioni, in polemica con la decisione di Netanyahu di licenziare il ministro della Difesa. Zamir ha annunciato le dimissioni su Twitter, dicendosi «sempre più preoccupato» per le politiche del governo israeliano. «La situazione politica a Israele ha raggiunto un punto critico, e avverto un profondo senso di responsabilità e l'obbligo morale di difendere ciò che è giusto e lottare per i valori democratici che mi sono cari», ha scritto Zamir.

In tutto il paese

Nel paese, frattanto, decine di sindaci e presidenti di consigli regionali hanno annunciato l'adesione a uno sciopero della fame contro la riforma promossa dal governo.

Per il dodicesimo sabato consecutivo in Israele circa 630 mila manifestanti, secondo gli organizzatori, sono scesi in piazza in 150 diverse località per protestare.

Complessivamente sono state fermate 44 persone per aver bloccato le arterie principali nella capitale, ad Haifa e a Gerusalemme.

Le manifestazioni di sabato sera hanno preceduto una «settimana di paralisi» a livello nazionale da parte dei manifestanti che è iniziata ieri. I leader della protesta hanno annunciato piani per manifestazioni mirate contro ministri e parlamentari, e hanno promesso manifestazioni di massa in «giorni di paralisi» mercoledì e giovedì, inclusa una «gigantesca protesta» alla Knesset, il parlamento, a Gerusalemme mercoledì.

Preoccupazione Usa

L'amministrazione del presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, è «profondamente preoccupata» per gli sviluppi in Israele e la decisione del premier Benjamin Netanyahu di licenziare il ministro della Difesa.

Lo ha dichiarato la sua portavoce Adrienne Watson. Gli eventi «sottolineano ulteriormente l'urgente necessità di un compromesso». Come il presidente ha recentemente discusso con il primo ministro Netanyahu, «i valori democratici sono sempre stati, e devono rimanere, un segno distintivo delle relazioni USA-Israele. Le società democratiche sono rafforzate da controlli ed equilibri e i cambiamenti fondamentali in un sistema democratico dovrebbero essere perseguiti con la più ampia base possibile di sostegno popolare», ha aggiunto.

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