In Cile la favorita è la comunista Jeannette Jara

Jeannette Jara è in testa nei sondaggi per il primo turno delle elezioni presidenziali in Cile. La candidata comunista è riuscita nel difficile compito di tenere assieme il centrosinistra e ridare fiducia a un elettorato che il presidente Gabriel Boric ha, in parte, deluso. Ma il primo posto al primo turno, anche diventasse realtà, nasconde una corsa complicata verso il ballottaggio. I candidati di destra si contenderanno l’accesso al secondo turno e, se uniti, potrebbero vincere facilmente. L’America Latina, il Cile e i sondaggi ci hanno però abituato a sorprese. Solo le urne, come sempre, diranno la verità. Si vota il 16 novembre 2025: si vince al primo turno solo con il 50 per cento più uno dei voti, il ballottaggio è previsto per il 14 dicembre. Il voto è obbligatorio e l’iscrizione automatica. Il successore di Boric entrerà a La Moneda mercoledì 11 marzo 2026. Abusi, violenze e adozioni illegali: l’orrore che il Cile non dimentica Pene esemplari José Antonio Kast, del Partido Republicano, è il candidato pinochetista. Dato per secondo nei sondaggi, propone carceri di massima sicurezza, guerra ai gruppi criminali, pene esemplari, frontiere sigillate ed espulsioni di massa dei migranti. La sua figura guarda alla destra più radicale e post-fascista, sostenuta da uno zoccolo duro ben radicato nel paese. Poi c’è Evelyn Matthei, di Chile Vamos, che incarna una destra più tradizionale. Vuole schierare per le strade diecimila agenti di polizia e garantire loro maggiore difesa legale, tagliare le imposte alle imprese e agevolare gli investimenti. Sempre a destra si colloca Johannes Kaiser, del Partido Nacional Libertario, che propone di “ridurre lo Stato”, in stile Milei: ripristinare la leva, reintegrare poliziotti in quiescenza, introdurre la pena di morte e adottare linee ultra-restrittive sull’immigrazione, fino a creare campi di detenzione per i non regolari in attesa di rimpatrio. Jeannette Jara è invece la candidata unica del centrosinistra. Ha ricevuto una lettera di sostegno firmata da oltre duecento dirigenti della Democrazia Cristiana, che ha confermato la capacità di costruire una coalizione più ampia di quella che, nel 2021, portò Boric alla vittoria. Anche lei ha parlato di sicurezza, ma non di militarizzazione. Si è distinta per l’idea di rimuovere il segreto bancario e quella di introdurre un salario vitale da 750 dollari al mese. Pensa anche di calmierare i costi della corrente elettrica e prevede agevolazioni per la prima casa a chi ha meno di quarant’anni. Sicurezza, migrazione ed economia sono stati i temi principali di questa campagna elettorale. Le diverse destre parlano, con numeri diversi, di taglio delle tasse e di stretta securitaria. Jara ha preferito concentrarsi sul welfare e sull’idea di avviare una transizione produttiva con standard sociali e ambientali. Tutti i sondaggi indicano che Jara e Kast andranno al ballottaggio, anche se Kaiser, dato al 15 per cento, e Matthei, al 14 per cento, sperano ancora di scavalcare il candidato pinochetista. Il secondo turno è pressoché certo, così come è quasi scontata la formazione di una probabile coalizione anti-comunista che potrebbe compattarsi contro Jara. Se il possibile primo posto di Jara rappresenta una notizia positiva per le aspirazioni del centrosinistra, i numeri restano difficili: la candidata comunista si aggira attorno al 30 per cento e, al secondo turno, le sue chance di vittoria appaiono ridotte. Boric non ha brillato per coraggio e ha lasciato spegnere la fiammella che l’estallido sociale del 2019 aveva acceso contro le ingiustizie del neoliberismo cileno. Il viaggio in Cile, così finì il “sortilegio” di Bergoglio L’ombra di Pinochet Negli ultimi mesi, però, il presidente è apparso più deciso e ha dato nuovo ossigeno alla campagna di Jara. Il Cile resta un paese dove i poteri economici e politici legati a Pinochet e alla destra sono ancora ben saldi. Boric avrebbe forse potuto osare di più, soprattutto dopo l’elezione, ma ha preferito un governo di mediazione che ha deluso i movimenti sociali che lo avevano sostenuto. Jara, per vincere, dovrà riaccendere quella fiamma che, nel 2021, aveva superato la storia e lo status quo del Cile. Non è facile, ma non è impossibile.