I prigionieri politici catalani sono in uno stato di semilibertà e alcuni di loro hanno partecipato alla campagna politica per le elezioni. Tutti temono l’avanzata di Vox, il partito di estrema destra che cresce nei sondaggi
- «Da Madrid hanno condotto quella che definiamo un’operazione di stato» dice Jordi Cuixart, «hanno rifiutato il rinvio con l’obiettivo di favorire l’astensione al voto, perché ogni volta che la partecipazione è stata elevata, l’indipendentismo e i partiti che si battono per l’autodeterminazione hanno ottenuto la maggioranza».
- «Ho partecipato in maniera ridotta alla campagna elettorale: possiamo uscire durante il giorno, ma la sera alle sette dobbiamo tornare in carcere» dice Dolors Bassa, ex ministra del Lavoro, degli Affari sociali e della Famiglia nel governo catalano che promosse il referendum del 2017.
- Nei più di mille giorni di prigione, Bassa ha letto circa 600 libri e ricevuto più di 800mila lettere. Quest’esperienza ha cambiato la vita della sua famiglia.
«Questa legislatura non ha più un percorso politico». Quim Torra ha la faccia di un leader della prima Repubblica, gli occhiali troppo grandi e il naso aquilino. Nella sua breve carriera istituzionale si è trascinato l'accusa di essere uno xefonobo e un personaggio incolore. Perde lo scranno più alto di un territorio in tumulto, proiettato verso l'indipendenza o verso il disordine. A spingerlo alle elezioni anticipate la concordia perduta con gli alleati e uno striscione appeso al balcone del p



