La Cina “blocca” le terre rare. Furia Trump: «Nuovi dazi»

Torna alta la tensione tra Stati Uniti e Cina. Per comunicarlo al mondo, come sempre, il presidente Donald Trump si è affidato al suo social Truth. «Valuto un massiccio aumento dei dazi sui prodotti cinesi in arrivo» verso Washington, ha scritto. Le parole del tycoon fanno riferimento ad alcune lettere che il governo di Pechino avrebbe «inviato ai paesi di tutto il mondo», minacciando controlli «sulle esportazioni di ogni singolo elemento di produzione che abbia a che fare con le terre rare». Nelle prossime settimane Trump avrebbe dovuto incontro il presidente cinese Xi Jinping in Corea del Sud ma, come ha scritto su Truth, «ora sembra non esserci più motivo di farlo». La reazione di Wall Street è stata subito negativa registrando diversi cali. Anche le Borse europee hanno chiuso in ribasso. La reazione, ha promesso il presidente degli Stati Uniti, sarà rapida e decisa: «Non possiamo permettere alla Cina di tenere in ostaggio il mondo, anche se sembra che questo sia stato il loro piano da un po’ di tempo a questa parte». Donald Trump ha accusato Pechino di aver raggiunto «in maniera oscura e sinistra» il monopolio su alcuni elementi, come i magneti. Adesso quei prodotti hanno deciso che «verranno negati alle altre nazioni». Secondo il tycoon però questo non sarà un problema per l’economia a stelle e strisce: «Per ogni elemento che sono riusciti a monopolizzare, noi ne abbiamo due». La partita dell’India sulle terre rare, Modi vuole sfruttare le proprie riserve e aggirare la Cina La stretta di Pechino Nei giorni scorsi il ministero del Commercio cinese ha introdotto una stretta ai controlli dell’export di terre rare e tecnologie correlate. Tutte le nuove regole entreranno in vigore il 1° dicembre 2025. Prima delle ultime limitazioni annunciate, i dazi di Pechino erano rivolti solo all’esportazione di questi materiali preziosi, mentre d’ora in poi si imporranno licenze anche per l’esportazione di macchinari di estrazione, riciclo e raffinazione per tutto ciò che coinvolge le terre rare. Le nuove norme andranno a limitare l’ingresso e l’uscita anche di tutti i beni prodotti all’estero che contengono componenti o materiali di origine cinese, come i prodotti realizzati usando tecnologie di Pechino. Le licenze saranno invece negate per tutto ciò che riguarda le applicazioni militari e le tecnologie sensibili, valutando le richieste caso per caso. La strategia cinese è chiara: usare le terre rare come uno strumento di pressione geopolitica. Una tecnica che nell’aprile scorso aveva provocato carenze globali di magneti e materie prime strategiche. Il ritorno di Putin sul tappeto rosso: l’obiettivo è vincere su armi, terre e affari Il primo accordo Lo scontro si è riacceso dopo alcuni mesi di apparente calma. Il 27 giugno scorso i due paesi avevano firmato un accordo economico in cui erano state proprio le terre rare a giocare un ruolo fondamentale. Pechino aveva accordato la loro cessione agli Stati Uniti insieme ai magneti, abbattendo anche le tariffe fino al 10 per cento. In cambio aveva ottenuto dei dazi ridotti al 55 per cento. Secondo Trump quello di ora è un «attacco spuntato dal nulla», di cui mette in dubbio le tempistiche. La scelta cinese «è inappropriata in quanto arriva propri nei giorni in cui ci sarà la pace in Medio Oriente. Mi chiedo se questa scelta del momento giusto sia stata una coincidenza». Il presidente ha già ventilato la possibilità di nuovi dazi del 100 per cento sui farmaci, del 50 per cento sui mobili e del 25 sui camion. Le minacce però non sembrano intimorire la Cina, che dispone di armi di pressione ben più ampie di quelle nelle mani americane. Pechino ha dalla sua parte il 53 per cento della cantieristica mondiale, contro poco più dell’1 per cento degli Stati Uniti. In questo modo Xi Jinping ha la possibilità di colpire Washington ben più duramente di quanto invece possa essere colpita dalle mosse di Trump. Le leve industriali sono tutto in questo gioco delle parti e quelle del tycoon sembrano in questo momento più limitate. Tutti con Trump. Meloni (e l’Europa) in cerca d’autore L’attacco ai porti Non si parla solo di dazi sulle terre rare, ma l’attacco della Cina sarà rivolto anche ai porti e alle imbarcazioni. A partire dal 14 ottobre Pechino applicherà tariffe di attracco per le navi statunitensi, bilanciando così i dazi che Washington aveva già deciso di imporre, proprio nello stesso giorno, per i mercantili cinesi. Il ministero dei Trasporti di Xi ha definito le misure di Trump «una violazione grave dei principi del commercio internazionale e del commercio marittimo». La risposta è stata dunque reciproca. In concreto, la Cina addebiterà 400 yuan per tonnellata, circa 56 dollari, alle navi americane. Da parte di Washington il costo sarà di 50 dollari per tonnellata. Le tariffe cinesi, come quelle americane, aumenteranno progressivamente fino al 17 aprile 2028. Pechino però ha ampliato il suo concetto di «nave statunitense». Imporrà dazi su tutte le imbarcazioni di proprietà di aziende, organizzazioni o individui americani con una partecipazione pari o superiore al 25 per cento sul capitale. Trump, la diplomazia come spettacolo: «Sarà una pace eterna e “americana”»