La Russia sta chiudendo il piano di modernizzazione: 4.309 testate operative, di cui 1.718 dispiegate nella “triade nucleare”. Di queste, 200 sono pronte al lancio
Solo tre uomini in Russia possono autorizzare l’uso delle armi nucleari con la famosa valigetta: il presidente Vladimir Putin, il ministro della Difesa Andrey Belousov e il capo di stato maggiore Valery Gerasimov.
L’ordine del presidente richiede sempre la conferma di almeno uno degli altri due vertici militari. La minaccia nucleare è di nuovo al centro della propaganda russa dal febbraio 2022, con l’invasione dell’Ucraina, soprattutto per dissuadere Stati Uniti e Nato dall’intervenire direttamente nel conflitto.
Nonostante le frequenti minacce – specialmente da parte di Dmitrij Medvedev – in oltre tre anni di guerra nessuna arma atomica è stata usata. Ma quante testate possiede oggi la Russia?
Secondo il Bulletin of the Atomic Scientists, all’inizio di quest’anno Mosca disponeva di circa 4.309 testate nucleari operative, 71 in meno rispetto al 2024. Di queste, 1.718 sono strategiche e già dispiegate nella cosiddetta “triade nucleare”: 870 su missili balistici terrestri, 640 su missili lanciati da sottomarini e oltre 200 posizionate in basi aeree con bombardieri pesanti.
Questa parte dell’arsenale è in modalità “hair trigger alert”, ovvero pronta al lancio in pochi minuti. Altre 1.114 testate strategiche restano immagazzinate, molte destinate allo smantellamento, portando il totale complessivo a 5.459 testate.
Due obiettivi
La Russia è ormai nella fase finale di un vasto programma di modernizzazione nucleare, mirato a sostituire sistemi obsoleti con versioni più sofisticate.
In realtà, immagini satellitari e fonti aperte (open sources) rivelano notevoli ritardi rispetto ai piani originali. I nuovi missili balistici intercontinentali (Icbm) e il rinnovo della flotta di bombardieri procedono a rilento, e l’atteso incremento delle armi nucleari tattiche previsto già cinque anni fa dal comando strategico americano (Stratcom) non si è realizzato.
Secondo il Bulletin della Federation of American Scientists (Hans M. Kristensen, Matt Korda, Eliana Johns, and Mackenzie Knight, Russian Nuclear Weapons, 2025) la modernizzazione nucleare della Federazione Russa è motivata da due obiettivi: mantenere una parità nucleare con gli Stati Uniti e preservare il prestigio in patria.
Un ulteriore fattore è la necessità di compensare l’inferiorità (percepita dal Cremlino, ma oggettiva) delle forze convenzionali russe rispetto a quelle Nato e contrastare il sistema americano di difesa antimissile, considerato una minaccia per la capacità di rappresaglia nucleare russa.
Durante la guerra in Ucraina, Mosca ha impiegato missili di precisione duali (convenzionali e nucleari), tra cui il Kh-101 (versione nucleare Kh-102), i missili navali Kalibr 3M-54, i missili ipersonici Kinzhal, i missili aviolanciati Kh-22 (AS-4 Kitchen) e i missili terrestri Iskander. Nonostante ciò, e anche se la Russia sta vincendo, l’efficacia delle forze armate russe sul campo si è dimostrata inferiore alle previsioni iniziali degli analisti.
Sempre secondo il Bulletin, l’aggressiva retorica nucleare – simbolizzata dalle dichiarazioni di personaggi come il conduttore tv e amico di Putin, Vladimir Solovyov («distruggeremo Londra e Berlino in pochi minuti») – ha alimentato l’incertezza sulle reali intenzioni strategiche della Russia. Un clima che ha spinto i Paesi della Nato ad aumentare le spese per la difesa e a rilanciare i programmi nucleari, indebolendo in parallelo la resistenza politica a nuovi investimenti militari e a ulteriori riduzioni degli arsenali atomici in Europa e negli Stati Uniti. Anzi, lo slogan è ReArm Europe.
Stimare con precisione le reali capacità nucleari russe è diventato comunque più complicato da quando, nel 2023, Putin ha sospeso la partecipazione della Russia al trattato bilaterale New Start, che obbligava Mosca e Washington a scambiare dati sulle rispettive testate strategiche operative. Il trattato scadrà nel febbraio 2026.
Se la Russia deciderà allora di superare il limite fissato (massimo di 1.500 testate per ciascun paese in high alert), secondo alcuni analisti potrebbe in poco tempo incrementare il proprio arsenale fino al 60 per cento. Lo scenario cambia con grande rapidità.
Nel 2024 Putin ha aggiornato la politica ufficiale di deterrenza nucleare, indicando con un ordine esecutivo le condizioni in cui la Russia potrebbe ricorrere alle armi atomiche: a) conferma di un lancio missilistico contro la Russia o i suoi alleati; b) uso di armi nucleari o di distruzione di massa da parte di un avversario contro Russia, alleati o forze russe dislocate all’estero; c) attacchi contro infrastrutture strategiche civili o militari che compromettono la risposta nucleare russa; d) aggressione convenzionale contro Russia o Bielorussia che metta in pericolo la loro sovranità e integrità territoriale; e) rilevamento di massicci attacchi aerei e spaziali che attraversano il confine russo.
Queste nuove condizioni rappresentano un netto ampliamento rispetto alla dottrina nucleare precedente (uso dell’atomica in risposta a un attacco con armi di distruzione di massa o quando «con l’uso di armi convenzionali l’esistenza stessa dello Stato è in pericolo»), e abbassano chiaramente la soglia per l’uso delle armi atomiche. È un fattore che avrà profonde implicazioni sulle strategie su cui si baserà nei prossimi anni la difesa europea.
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