Gli agricoltori californiani hanno poco da festeggiare. Certo, la maggioranza conservatrice della Corte Suprema ha ritenuto incostituzionale con maggioranza di 6-3 quella norma californiana che consentiva ai sindacalisti di reclutare iscritti nelle loro proprietà, dopo che nel 1975 il governatore Jerry Brown aveva fatto approvare la legge, al termine di una lunga campagna portata avanti del sindacalista cattolico di origine messicana Cesar Chavez.

Ma anche la ritrovata libertà di sfruttamento all’interno di vasti terreni non può impedire di soffrire le conseguenze di una siccità che è tornata ai livelli devastanti del 2012-2017, quando il suolo californiano vide soltanto poche gocce, soltanto il 34 per cento della quantità attesa, e molte colture vennero messe a serio rischio. 

Razionamento

Le ordinanze di razionamento dell’ex governatore Jerry Brown avevano proibito i prati all’inglese e imposto i rubinetti ad alta pressione negli uffici pubblici con l’obiettivo di risparmiare il 25 per cento dell’acqua normalmente utilizzata per toccare il 50 per cento nel biennio più duro, il 2015-2016, quando anche l’acqua sciolta dei ghiacciai della Sierra e raccolta in diversi serbatoi cominciava a non bastare più, tanto che il 14 dicembre 2015 la contea di San Diego portò a termine un faraonico progetto  da un miliardo di dollari per mettere in funzione un impianto largo circa 12 km di diametro per la desalinizzazione dell’acqua di mare per avere una fonte sempre utilizzabile e non dover ricorrere a tagli ancora più draconiani di quelli varati a livello statale.

Oggi invece il governatore democratico Gavin Newsom ha lanciato un piano di riaperture complete per riuscire a recuperare quella popolarità perduta nei lunghi mesi di lockdown invernale, con lo scopo di battere l’iniziativa di un gruppetto di attivisti conservatori che hanno raccolto le firme necessarie per indire un recall anticipato di Gavin “il tiranno” il prossimo 14 settembre, nonostante la difficoltà di fare comizi ed eventi all’aperto con temperature che superano spesso i 40 gradi.

Ma comunque anche un Golden State nuovamente “open for business” non basta a risollevare un settore come quello agricolo che si trova ad affrontare una stagione difficilissima.

E non è questione di poco conto per l’economia californiana. Secondo i dati del dipartimento federale per l’Agricoltura, la California produce il 39 per cento della frutta e della verdura coltivata negli Stati Uniti.

Tra queste colture, la parte preponderante riguarda le mandorle, la cui richiesta è cresciuta a livello globale negli ultimi dieci anni grazie alla loro crescente importanza nelle diete dei millennial, che ne apprezzano le qualità nutrizionali.

Il valore registrato dal dipartimento californiano per l’agricoltura è di un volume di affari di 6 miliardi di dollari nel 2019. Ironia della sorte, è una coltura particolarmente esigente per quanto riguarda l’irrigazione. Per far maturare una singola mandorla occorrono dodici litri d’acqua e in tutto il mondo 8 su 10 vengono prodotte proprio nel Golden State, circa due miliardi di tonnellate.

Molti agricoltori delle contee di Yuba e Sacramento preferiscono abbattere alcuni dei propri preziosi alberi in previsione di ulteriori restrizioni sulle risorse idriche, annunciate a maggio dall’agenzia statale sul controllo delle acque e che provocherà un raccolto che inferiore del 10 per cento rispetto all’anno precedente.

Anche lo scorso mese di maggio ha registrato un’esportazione verso i mercati di India e di Cina di poco meno di centomila tonnellate di prodotto, un export che è cresciuto in modo inversamente proporzionale rispetto alla previsione fosca del dipartimento federale dell’agricoltura.

Ma questa strategia, che può avere anche lo scopo di tenere artificialmente alti i prezzi, ha effetti a catena devastanti. Il terreno nel nord dello stato è rimasto spoglio e questo ha creato dei problemi nelle remote zone rurali al confine con l’Oregon, dove molti allevatori di bovini fanno affidamento sul foraggio estivo per nutrire il proprio bestiame.

Ma le condizioni siccitose hanno portato a una simil-biblica invasione di cicale, arrivate dagli stati interni intorno a fine giugno e sulle quali è stato lanciato un ambizioso piano di sterminio che però, dato l’uso di pesticidi, potrebbe portare a ulteriori conseguenze a catena.

Stato di emergenza selettivo

Concentriamo la nostra attenzione però su quanto sta accadendo. Il governatore Newsom, dicevamo. Lo scorso 10 maggio ha dichiarato lo stato di emergenza sul 30 per cento del territorio statale, senza imporre le misure del suo predecessore, e utilizzando parte del surplus del tesoro per contrastare questi effetti: 5 miliardi di dollari in tutto per sostenere il comparto agricolo che normalmente vede poco di buon occhio l’establishment democratico di Sacramento.

Basti vedere la popolarità del Partito repubblicano nella Central Valley, che manda a Washington il leader di minoranza repubblicano Kevin McCarthy, nativo e residente a Bakersfield, roccaforte conservatrice in uno stato di ultraliberal.

L’8 luglio le temute misure di riduzione delle forniture idriche sono infine arrivate: i privati cittadini e le aziende sono stati caldamente invitati a ridurre del 15 per cento il consumo di acqua. La scenografia scelta da Newsom per fare l’annuncio rappresenta a pieno la tragedia ambientale in corso: il lago artificiale di Lopez, sito nella contea di San Luis Obispo, una delle aree più colpite dalla siccità, dove il bacino idrico è ridotto al 40 per cento della sua capacità.

L’associazione imprenditoriale dei Western Growers ha lanciato una campagna video su YouTube per invitare a seguire le regole di risparmio idrico per salvare le colture, usando un titolo fin troppo chiaro: «Niente acqua uguale niente raccolto».

Ripercussioni di questo clima ormai semidesertico hanno anche raggiunto le grandi città: la riduzione idrica ha ripercussioni anche sugli impianti idroelettrici e questo ha provocato numerosi blackout a metà giugno, con una sinistra analogia di quanto accaduto nel 2003, quando era un altro governatore democratico, Gray Davis, ad affrontare un processo di recall.

Anche il segmento dei piccoli coltivatori, molto amata dalla cultura hipster per il loro spirito imprenditoriale bucolico, ora rischia di venire brutalmente ridimensionato. Del resto, la rucola che abbonda nelle diete vegane è una delle colture più bisognose di acqua e per lo scarso volume di affari che muove porta gli agricoltori a compiere scelte drastiche. Qualora si tratti di una piccola impresa, spesso può essere quella di chiudere bottega.

Si esclude che Giove Pluvio venga in soccorso di Newsom prima del 14 settembre. Ma forse allora gli effetti dell’ennesima siccità devastante che ha colpito la California non saranno stati percepiti a dovere dagli elettori.

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