All’improvviso e senza alcun annuncio, alla vigilia di Ferragosto, il governo spagnolo ha avviato la procedura di rimpatrio dei 750 minori marocchini rimasti a Ceuta, dopo lo sbarco massivo del maggio scorso di oltre 10mila persone provenienti dal Marocco, lasciate fuggire dalle autorità di Rabat per ritorsione nei confronti dello stato spagnolo, colpevole di avere dato ospitalità al leader del Fronte polisario. Il rimpatrio dei giovani è il frutto dell’accordo tra il ministero dell’Interno spagnolo e la monarchia marocchina, volto a ristabilire un clima di normalità nelle relazioni diplomatiche tra i due paesi.

La procedura di respingimento, in assenza di garanzie a tutela dei minori, è stata fortemente contestata dalle Ong che lavorano con i migranti, dalla giustizia spagnola che l’ha temporaneamente bloccata e dal socio di minoranza del governo spagnolo, Podemos, che rivendica il rispetto della legislazione spagnola sugli stranieri e della convenzione dell’Onu sui diritti dei minori.

Il presidente socialista del governo spagnolo Pedro Sánchez incassa intanto il riconoscimento del re Mohamed VI, che chiude la crisi diplomatica con la Spagna nel desiderio di aprire una nuova tappa di relazioni con lo stato spagnolo. Ma il tribunale di Ceuta che giorni fa aveva sospeso i respingimenti dei minori, ne ha confermato ieri il blocco perché realizzati senza il rispetto dei requisiti di legge.

Come si è arrivati fino a qui

Da lunedì 17 maggio e per due giorni, sono arrivati a nuoto sulla costa meridionale della Spagna oltre 10mila persone provenienti dal Marocco, sotto lo sguardo distratto delle autorità di controllo di Rabat; tra loro, più di un migliaio erano minori di età. Persone in fuga dalla pandemia che ha chiuso la frontiera per molti mesi, facendo venir meno l’unica fonte di reddito certa della città marocchina di Castillejos. Nell’aprire la frontiera, il Marocco ha spinto alla fuga i suoi concittadini verso le coste europee, una minaccia esercitata già in altre occasioni nei confronti della Spagna e, più in generale, dell’Europa. In questo caso, è stato un atto di ripicca nei confronti dello stato spagnolo, per avere accolto, nell’aprile scorso, il leader del Fronte polisario e presidente della Repubblica democratica araba dei Sahrawi, Brahim Ghali, malato di Covid.

Anche se questo sarebbe stato solo il pretesto per esprimere invece il fastidio di Rabat al mancato allineamento dell’Europa e della Spagna alle posizioni di Donald Trump che, a fine mandato, aveva riconosciuto la piena sovranità del Marocco sul Sahara.

La crisi diplomatica si è convertita presto in una grave crisi umanitaria. La polizia militare spagnola ha accolto i migranti che si erano buttati in mare per raggiungere la costa europea e ha realizzato 5.600 respingimenti. A Ceuta sono rimasti oltre 750 minorenni, ricoverati in vari centri di accoglienza, in attesa del loro smistamento tra le Comunità autonome spagnole che non è mai avvenuto. A farne le spese sul piano politico, è stata l’allora ministra degli Esteri del governo spagnolo Arancha González Laya, considerata responsabile dell’accoglienza del leader del Fronte polisario e quindi sostituita alla guida del dicastero da José Manuel Albares, nella rimodellazione del governo voluta da Sánchez nel luglio scorso.

L’imminente apertura dell’anno scolastico e la necessità di ripristinare le relazioni diplomatiche con il vicino del Nord Africa per garantire il controllo dei flussi migratori, hanno dunque spinto il governo spagnolo al rimpatrio forzato dei ragazzi marocchini ancora presenti a Ceuta.

La procedura di rimpatrio

Tutte le ricostruzioni delle prime ore di venerdì 13 agosto narrano di un intervento della Policía Nacional improvviso e dalle finalità di cui solo pochissimi tra i protagonisti erano a conoscenza. Certo non i 15 ragazzi di 16 e 17 anni, trasferiti a loro insaputa su un pulmino dal centro dei minori di Santa Amelia a Ceuta a un centro di assistenza sociale di Martil, località del Marocco a 40 chilometri di distanza. Neppure le diverse Ong che da maggio seguono la situazione dei minori a Ceuta, allertate dai messaggi dei ragazzi nei centri atterriti dal rimpatrio forzato. L’operazione inizia senza che ci sia alcun ordine firmato, solo una mail diretta alla delegazione del governo a Ceuta e al governo locale, proveniente dal ministero dell’Interno spagnolo guidato da Fernando Grande-Marlaska che, nella nuova configurazione dell’esecutivo spagnolo, ha ormai la piena gestione della politica migratoria.

L’iniziativa viene sùbito contestata dalle Ong. No Name Kitchen, Elin, Maakum e Andalucía Acoge emettono un comunicato di protesta per l’accaduto, perché non si rispetta l’interesse superiore del minore, né la legislazione nazionale e internazionale che lo proteggono. Save the Children, Andalucía Acoge e Gentium presentano al Comitato dei Diritti del Bambino dell’Onu una comunicazione con la richiesta di misure urgenti per la sospensione del rimpatrio, a nome del migliaio di minorenni marocchini non accompagnati che entrarono a Ceuta a maggio. Il pubblico ministero chiede al ministero dell’Interno la giustificazione di ciascuno dei respingimenti realizzati, come stabilisce la legge sugli stranieri che prevede, nel caso di rimpatrio di minori, l’avallo del pubblico ministero e un rapporto individuale stilato per ciascun caso. Si oppone alla procedura di respingimento in atto anche il ministero dei Diritti sociali del governo spagnolo, diretto dalla leader di Podemos Ione Belarra.

Il piano del ministero dell’Interno è di rimpatriare 15 ragazzi al giorno, c’è una prima lista di 150 adolescenti già pronta anche se nessuno conosce il criterio con cui sono stati scelti, forse la prossimità alla maggiore età, i fogli numerati secondo la data del trasferimento contengono appena qualche dato anagrafico. Il ministero, che dice di essere intervenuto su sollecitazione del governo di Ceuta, rivendica l’iniziativa in nome dell’accordo firmato a Rabat nel 2007 sulla cooperazione nell’ambito dell’emigrazione illegale di minori non accompagnati, che finora Rabat non ha mai voluto applicare a Ceuta e Melilla considerandoli territori propri. Il governo di Ceuta, dopo il trasferimento dei primi 45 giovani, ammette che i respingimenti sono iniziati senza stilare alcun rapporto individuale, ma assicura che non hanno riguardato nessun minore qualificato come vulnerabile.

Violare i diritti dei minori

Le Ong lamentano il mancato rispetto dei princìpi a tutela dei minori, che non hanno avuto voce in capitolo, né l’assistenza di un legale. Save the Children denuncia che nelle 354 interviste ai ragazzi realizzate nel centro di Piniers, in molti hanno ammesso di essere scappati da violenza fisica, abusi e sfruttamento sul lavoro. Mentre Ceuta reagisce all’espulsione dei minori senza troppe critiche, il panico si diffonde tra i ragazzi ospitati nei centri di accoglienza, un centinaio di loro preferisce scappare e buttarsi nuovamente in strada piuttosto che tornare in Marocco.

Finalmente, le denunce delle Ong sortiscono l’effetto sperato: lunedì 16 agosto, un tribunale di Ceuta sospende il trasferimento dei 15 ragazzi previsto per quel giorno, come misura cautelare urgente. E ieri la giudice competente ne conferma il blocco, perché la procedura di rimpatrio dei minori non è stata realizzata nel rispetto dei requisiti di legge.

Di fronte all’accusa di violazione dei diritti dei minori che mette in difficoltà il governo spagnolo, aggravata dall’incertezza che accompagna il processo di respingimento in Marocco, il discorso del re Mohamed VI rappresenta una boccata d’ossigeno per Sánchez. Pronunciato in occasione della festa della Rivoluzione del re e del popolo, il re del Marocco assicura di volere inaugurare una tappa inedita nelle relazioni con la Spagna.

Sembra che a disinnescare la crisi sia stata la destituzione di González Laya da titolare degli Esteri. Anche l’aumento della tensione nelle relazioni con l’Algeria avrebbe giocato a favore di un ripristino di quelle con Madrid. Il presidente del governo spagnolo ringrazia il monarca marocchino per le sue parole, mentre le autorità europee sottolineano l’importanza strategica dei rapporti del Marocco con l’Unione europea. Ma la pronuncia del tribunale di Ceuta obbliga il governo spagnolo a rivedere la strategia di rimpatrio dei minori.

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