Putin ribadisce la volontà di concludere la sua «operazione speciale». Il presidente Usa scettico: «Tra lui e Zelensky c’è un odio tremendo»
Il tempismo è importante. E così capita che nelle stesse ore il presidente russo e quello americano rilascino interviste su temi simili, con relative anticipazioni. Sono messaggi indirizzati all’interno e all’esterno delle proprie nazioni, più che scoop giornalistici.
Lo sanno bene dalle parti di Rossiya1, la tv statale russa che ieri ha presentato il suo documentario sui 25 anni al potere di Vladimir Putin. Un film-intervista dal titolo emblematico “Russia. Cremlino. Putin. Venticinque anni”, andato in onda a pochi giorni dal 9 maggio, per esaltare il proprio leader prima del Giorno della vittoria, in cui Mosca celebra la sconfitta del nazismo.
Ma lo sanno bene anche sul canale americano Nbc News, dove hanno intervistato un Donald Trump che dopo mesi di promesse roboanti ora sembra più scettico riguardo la possibilità di concludere un accordo di pace.
Nucleare e pace
La parata del 9 maggio è alle porte, il Cremlino si prepara ad accogliere vari leader stranieri per dimostrare che ormai non è più isolata.
Anche il presidente cinese Xi Jinping sarà in Russia dal 7 al 10 maggio per fare il punto sulle relazioni tra Pechino e Mosca. E con varie dichiarazioni, Putin nel documentario intervista si è dimostrato fiducioso sulla guerra, sebbene ormai siano passati tre anni e le vittime si contano a centinaia di migliaia. «Abbiamo abbastanza forza e risorse per portare a una conclusione logica quanto iniziato nel 2022, con il risultato di cui la Russia ha bisogno».
Il tutto senza l’uso di armi nucleari: «Non c'è stato bisogno di usare quelle armi... e spero che non ce ne sarà bisogno», dice Putin con l’ennesima minaccia più o meno velata. Nulla di nuovo, il bacino di popolazione da cui può attingere Mosca per arruolare soldati è ampio. E l’economia di guerra su cui ormai è quasi del tutto orientata, insieme agli aiuti di paesi come Corea del Nord e Iran, continua a generare capacità militari.
Nessun riferimento, almeno nelle anticipazioni, agli avvertimenti di Volodymyr Zelensky proprio sul 9 maggio. Il presidente ucraino, infatti, negli scorsi giorni ha affermato di non poter garantire l’incolumità assoluta dei leader internazionali attesi a Mosca, ventilando l’ipotesi di attacchi ucraini su territorio russo. Tuttavia, Zelensky ha anche posto l’allarme su possibili false flag del Cremlino, per gettare discredito su Kiev.
Putin, invece, ha parlato di tempismo. Ancora una volta per dare la sua visione su come sia iniziata la guerra e su come finirà. «La riconciliazione con il popolo ucraino è inevitabile. Nonostante tutta la tragedia che stiamo vivendo ora. È solo questione di tempo», ha affermato Putin, secondo cui quella che ancora chiama “operazione speciale” non è stata lanciata nel 2014 solo perché Mosca credeva negli accordi di Minsk e di poter risolvere pacificamente la crisi del Donbass. Ricostruzioni a senso unico. Come quelle per cui la Russia non si sia preparata «in modo particolare» al conflitto. Le esercitazioni russe ampiamente documentate lungo il confine ucraino tra il 2021 e il 2022 hanno raccontato però un film diverso.
Lo scetticismo di Trump
Intanto, il film sembra sia cambiato anche per Trump. In campagna elettorale, per prendere il posto di Joe Biden, aveva promesso di far concludere il conflitto nel giro di pochi giorni. Poi, con il passare delle settimane, si era dato come scadenza Pasqua. Infine, la sua amministrazione ha definito decisiva l’ultima settimana di aprile. Superati tutti questi termini, Trump si è reso conto che il quadro è più complesso e la sua strategia non sembra funzionare. Nell’intervista a ‘Meet the Press’, programma della Nbc, l’inquilino della Casa Bianca ha ammesso: «Forse non funzionerà nulla, forse è semplicemente impossibile. Bisogna capire che qui c'è un odio enorme», ha ribadito Trump riferendosi al rapporto tra Russia e Ucraina, ma anche a quello tra Putin e Zelensky. «Stiamo parlando di un odio tremendo tra questi due uomini e tra i generali. Stanno combattendo duramente da tre anni».
Pur dicendosi comunque ottimista, «arriverà un momento - ha spiegato ancora Trump - in cui dirò: "Va bene, andate avanti, continuate a fare gli stupidi”. A volte ci sono vicino, e poi succede qualcosa di positivo», ha aggiunto. Come per esempio l’accordo sui minerali firmato tra Kiev e Washington, definito vantaggioso per gli americani da Trump. Un segnale di come l’Ucraina sia disposta a fare passi avanti.
Attacchi e difese aeree
Lo stesso non si può dire per Mosca. Trump fa finta di niente, ma il Cremlino a parte l’annuncio di una tregua nei giorni a ridosso del 9 maggio – a cui Zelensky non crede – continua i suoi bombardamenti su civili e infrastrutture ucraine. Putin parla di riconciliazione, ma al momento continua a rifiutare una tregua di un mese, chiesta invece a gran voce dal presidente ucraino. Ieri il presidente ucraino è volato in Repubblica Ceca e ha parlato di cinismo dei russi. In questa settimana, secondo Zelensky, Mosca ha lanciato «1180 droni, 1360 bombe aeree guidate e 10 missili di vario tipo». Mentre, nelle ultime ore, nuovi raid russi hanno colpito Sumy, Kiev e Dnipro: tre morti e una dozzina i feriti è il bilancio delle autorità locali.
Per proteggersi dai bombardamenti russi continui, gli ucraini a breve potrebbero contare anche su un sistema di difesa aerea Patriot. L’indiscrezione arriva dal New York Times. L’arma potrebbe essere spostata da Israele, per essere ricondizionata e messa al servizio di Kiev. Una decisione presa dalla Casa Bianca, anche se non è chiaro se ai tempi di Biden o con Trump. Agli ucraini, al momento, poco importa. Basta che i tempi siano rapidi.
© Riproduzione riservata