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Da diversi anni Masih Alinejad, la cui notorietà è esplosa grazie alle campagne contro l’obbligo del velo lanciate attraverso i social, è nel mirino del regime iraniano.
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In occasione del secondo anniversario delle proteste del novembre 2019, Alinejad racconta il suo ruolo nel dare un volto alle vittime della repressione, che ha fatto centinaia di morti.
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Il nuovo documentario Be My Voice, premiato al festival Voci dell’Inchiesta, racconta la sua battaglia senza quartiere contro la Repubblica Islamica, da cui il tentato rapimento del regime.
Masih Alinejad è cresciuta nel nord dell’Iran in una casa di fango, ogni anno il padre la riparava con lo sterco di mucca dopo le piogge invernali. Oggi è forse la dissidente più temuta del regime iraniano, ricevuta da politici come il segretario di Stato degli Stati Uniti, Antony Blinken, e dal suo predecessore Mike Pompeo. Coi suoi svariati milioni di follower sui social network (6 soltanto su Instagram) ha annientato la distanza imposta dall’esilio politico, divenendo famosa in patria a pa


