«Tutta l’Europa è fatta per essere visitata, ma l’Italia è fatta per viverci!» e «chi vi è stato può dire addio agli altri paesi» perché «chi è stato in cielo non avrà mai voglia di tornare sulla terra», scriveva Nikolaj Gogol.

Queste parole riassumono efficacemente il legame storico-culturale che ha unito l’Italia alla Russia nei secoli. Viaggi turistici, scambi culturali, architetti, scultori e pittori italiani che hanno contaminato e contribuito alla grandezza e magnificenza dell’Impero russo. Non solo. Il rapporto tra questi due paesi si è intensificato anche per motivi politici, come si evince dalle lettere di Aleksandr Ivanovič Gercen, spesso traslitterato Herzen, che ammirava l’abnegazione di Giuseppe Mazzini nella lotta per la liberazione della sua patria. 

Si tratta di un’interazione che ha origini lontane, ma è durata nel tempo, rafforzando la cooperazione reciproca in diversi settori. I russi amano l’Italia a tal punto da trasmettere nel Primo canale russo un programma televisivo – Ciao 2021! – nella notte di San Silvestro per celebrare e prendere anche in giro il “bel paese”.

Ambientato negli anni Ottanta lo show è un mix tra il Festival di Sanremo, Drive in e Discoring dove si cantano canzoni russe in un perfetto accento italiano, con una buona dose di stereotipi italiani e con un discorso di fine anno di un deepfake Vladimir Putin che saluta i telespettatori in lingua italiana. Se le società russa e italiana hanno numerose similitudini, nella comunità italiana degli affari esteri si è diffusa la convinzione che i rapporti tra la Russia e l’Italia siano sempre stati cooperativi e basati su forti legami politici, economici e culturali.

L’ascesa di Putin

Tuttavia, l’inizio del XXI secolo è stato contraddistinto dall’ascesa al potere di Vladimir Putin che ha determinato un punto di svolta nei rapporti tra la Russia e l’occidente e, quindi, anche con l’Italia. L’annessione della Crimea alla Federazione russa, avvenuta nel marzo 2014, ha provocato una forte reazione da parte dell’Unione europea (Ue) con l’applicazione di sanzioni, approvate anche dai diversi governi italiani nonostante le forti critiche provenienti dalle associazioni di categoria quali Confartigianato, Coldiretti, Confindustria, preoccupate per gli effetti negativi sulla politica commerciale e industriale dell’Italia.

Con la diffusione della pandemia all’inizio del 2020, i rapporti fra l’Italia e la Russia hanno avuto un’improvvisa visibilità internazionale a causa della missione “From Russia with love”, volta ad aiutare il governo italiano in difficoltà con l’invio di nove quadrimotori russi Ilyushin carichi di aiuti e personale a Bergamo. Un convoglio militare russo, con bandiere e simboli, ha percorso le strade di un paese della Nato, mentre in Russia la notizia quotidiana dei telegiornali era la grave situazione pandemica del nostro paese.  

Nella storia contemporanea l’Italia ha dimostrato che un certo livello di cooperazione tra stati appartenenti a differenti sistemi di alleanza, distinti da interessi strategici competitivi o da profonde differenze ideologiche, può pragmaticamente esistere.

Si è parlato, quindi, dell’esistenza di una “relazione privilegiata” tra la Russia e l’Italia che sembra resistere al netto degli avvenimenti internazionali.

L’ondata sovranista

Nel periodo tra le due guerre mondiali, l’Italia è stata tra i primi stati a riconoscere il governo sovietico de jure nel 1924 e a costruire delle relazioni amichevoli culminate nel patto italo-sovietico di amicizia e non aggressione del 2 settembre 1933.

Tuttavia, l’instabilità internazionale è una variabile che ha inciso fortemente nei rapporti tra i due paesi in diversi periodi. A questo si aggiunga anche un altro fenomeno politico che ha contribuito a rafforzare un’amicizia, considerata nelle comunità internazionali sempre più “pericolosa”: l’ondata di partiti sovranisti e populisti in Europa.

Diverse inchieste, anche giudiziarie, hanno cercato di esplorare il livello di supporto finanziario che la Russia avrebbe fornito ad alcuni partiti estremisti europei per aiutarli economicamente a sostenere le campagne elettorali ma, in realtà, con lo scopo principale di destabilizzare l’Ue, fomentando livelli di euroscetticismo già in atto.

Sul tavolo degli imputati, sono stati inseriti alcuni partiti estremisti di destra come quello di Marine Le Pen in Francia, la Lega di Salvini, il Movimento 5 stelle, Fratelli d’Italia, che avrebbero rapporti diretti con Russia unita, il partito al potere a Mosca.

L’esito di alcune elezioni parlamentari nazionali e, soprattutto, delle europee del 2019 hanno frenato l’avanzata dei partiti estremisti e antieuropei, ma non hanno limitato la propaganda filorussa di alcuni partiti intercettati da Russia unita al fine di contrastare l’informazione occidentale, ritenuta dal Cremlino, la palese dimostrazione di una “russofobia” dilagante, contrastata con l’attivazione di canali russi – Russia Today e Sputnik – sostenuti dal Cremlino.

La guerra ibrida

Si tratta della cosiddetta hybrid warfare che ha assunto diverse connotazioni che spaziano dalla diffusione di fake news ad attacchi cibernetici che per i governi occidentali costituiscono una minaccia per i regimi democratici, soprattutto in occasione di campagna elettorali (come quelle presidenziali americani del 2016 negli Usa) o per destabilizzare enti pubblici e governativi.

A tal riguardo, il parlamento europeo ha approvato recentemente la risoluzione sulle «ingerenze straniere» nella vita politica dei paesi dell’Ue sulla base dei risultati di un’indagine, svolta da una commissione speciale istituita dall’Europarlamento, approvata con 552 voti a favore, 81 contrari e 60 astenuti, che rileva una «larga impreparazione» in Europa sulla gravità della minaccia rappresentata da alcuni regimi autoritari, in particolare la Cina e la Russia. 

Nel rapporto si esplicitano gli «accordi di cooperazione» tra il partito Russia unita e la Lega di Salvini, il Freiheitliche partei austriaco, il Rassemblement national francese, l’Alternanza per la Germania, il Brexit party del Regno Unito e gli ungheresi Fidesz e Jobbik.

L’invasione dell’Ucraina

Infine, l’invasione ucraina ha determinato un cambiamento senza precedenti nei rapporti italo-russi. L’allineamento dell’Italia alle decisioni prese in sede dell’Ue e della Nato per difendere la sovranità, l’indipendenza e l’integrità territoriale dell’Ucraina ha determinato una dura reazione del Cremlino che non ha esitato a inserire il “bel paese” nella lista dei paesi ostili. Si tratta di una decisione “storica” nella “relazione privilegiata” tra questi paesi, voluta dal Cremlino per bilanciare le sanzioni imposte dall’Ue e il voto della risoluzione Onu contro l’invasione russa dell’Ucraina, che avrà sicuramente risvolti pratici, soprattutto dal lato economico, e potrebbe pregiudicare irrimediabilmente anche i rapporti scientifici, culturali e artistici che da secoli legano la Russia e l’Italia.


Una versione più estesa di questo articolo è stata pubblicata sul secondo numero della rivista Il Mulino dal titolo “L’Italia nella bufera”. 

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