Il nuovo numero di Scenari, la pubblicazione geopolitica di Domani, è questa settimana dedicato al tema del nazionalismo. In venti pagine, gli approfondimenti inediti firmati da Gabriele Natalizia, Francesco Strazzari, Mara Morini, Giovanni Savino e altri ricercatori e studiosi analizzano il concetto di nazione, un termine a metà strada tra liberazione e tragedia. Le mappe curate dai cartografi Bernardo Mannucci e Luca Mazzali (faseduestudio/Appears) aiutano a capire le evoluzioni sul campo della guerra in Ucraina e come questo paese sia cambiato dal 16esimo secolo a oggi.

Cosa c’è nell’ultimo numero

Il politologo Gabriele Natalizia spiega come la Russia, dopo il crollo dell’Unione sovietica, da paese “vinto” abbia rinnovato le proprie pretese egemoniche sull’area di influenza «per chiarire alle altre potenze i limiti invalicabili oltre i quali non spingersi», scrive Natalizia nell’articolo L’invenzione e il fallimento putiniano del “Russkij Mir”. L’idea che la Russia non sia un paese come tutti gli altri è centrale nel gruppo dirigente spiccatamente nazionalista come quello putiniano. Ma l’invasione dell’Ucraina mostra come il progetto di Putin di reinventare l’eccezionalismo russo sia fallito.

«L’energia che muove il popolo russo è nel culto del passato, di cui si recuperano ulteriori idee e interpretazioni in grado di servire da orientamenti e da giustificazioni», scrivono la politologa Mara Morini e lo storico Giovanni Savino, che analizzano il risorgimento passatista promosso dal presidente russo, una combinazione di elementi tradizionalisti e omissioni.

Come scrive Adriano Dell’Asta, vicepresidente della Fondazione Russia cristiana e docente di Lingua e letteratura russa, le giustificazioni putiniane della guerra in corso non resistono nemmeno «alla più semplice ed elementare analisi storica», ma costituiscono una «lotta tra la realtà e la surrealtà». 

Anche Andrew Wilson, analista dello European Council on Foreign Relations, guarda alla giustificazione intellettutale dell’invasione russa dell’Ucraina, osservando come gli ideologi di Putin abbiano rielaborato lo schema del filosofo nazista Carl Schmitt, ossia la riduzione di tutta la politica a una distinzione “amico-nemico”. «Putin ha glorificato la sua personale autocrazia come lo “stato d’eccezione” di Schmitt», scrive Wilson.

Ma il nazionalismo non basta a spiegare guerre e tensioni internazionali: nell’articolo Non di solo nazionalismo vivono le invasioni armate, lo storico Lorenzo Castellani approfondisce il concetto di nazionalismo e la sua trasformazione tra l’Ottocento e il Novecento, quando si è reso protagonista di due guerre mondiali. 

Timothy Snyder, storico e docente all’università di Yale, ragiona poi sul ruolo chiave che l’Ucraina ha avuto fin dall’epoca medievale. Nessun’altra regione ha attirato così tanta attenzione coloniale in Europa, dall’imperialismo russo al nazismo. Anche Putin, nel 2013, ha accennato al modello per cui l’Ucraina era un organo inseparabile dal corpo russo vergine.

Cambiano i secoli, ma per il nazionalismo russo la storia si ripete, come scrive l’analista Matteo Pugliese: nello schema di conflitti «cambiano i nomi degli avversari, ma si fondono in un paradigma universale in cui il popolo russo è la vittima e affronta un nemico superiore sino alla vittoria». E l’esercito gioca un ruolo importante, elevandosi a collante ideologico della nazione. C’è «una precisa volontà del Cremlino di forgiare forze armate leali al regime», spiega Pugliese, con l’obiettivo dichiarato di contrastare «la propaganda occidentale anti russa condotta dagli Stati Uniti». 

Rimanendo sul piano militare, l’articolo del politologo Francesco Strazzari mostra il cambio del paradigma militare: «Se oggi è presto per trarre conclusioni circa la fine dell’èra del carro armato», scrive Strazzari, «è tuttavia possibile sottolineare l’errore russo», che risiede nell’«eccesso di fiducia nelle proprie truppe corazzate».

Kateryna Kibarova, economista ucraina che vive nella città di Bucha, racconta in un articolo pubblicato sulla testata online Persuasion e tradotto su Scenari, le conseguenze di quel militarismo russo, che ha trasformato l’aria di Bucha riempiendola «di morte e piombo», nei suoi tredici giorni di orrore in un rifugio della città.

Luca Sebastiani ha poi intervistato il filosofo, scrittore e giornalista ucraino Volodymyr Yermolenko, direttore della pubblicazione in lingua inglese Ukraine World. Si parla dell’identità del popolo ucraino, delle differenze culturali e politiche con la Russia, del rapporto fra Kiev e l’ethos democratico e del tentativo disperato di Putin di restaurare una visione imperiale della Russia.

La chiesa 

Nel nuovo numero di Scenari, il filosofo e filologo Adalberto Mainardi spiega come la guerra in Ucraina sia «rapidamente uscita dal perimetro dei conflitti regionali per assumere i connotati di una guerra di religione. Le chiese sembrano adeguarsi a logiche geopolitiche», scrive. Accompagnato da una mappa di Luca Mazzali che mostra la distribuzione dei fedeli della chiesa ortodossa russa, l’articolo di Mainardi analizza la progressiva convergenza, dagli anni 2000, della chiesa russa con il potere politico, su alcuni temi.

Scenari culturali

Julia Kristeva, scrittrice e filosofa, nell’articolo L’accelerazione digitale risveglia demoni totalitari invita a riscoprire Dostoevskij per riconquistare la libertà di pensare in Europa e nel mondo. Lo stesso Dostoevskij che, come racconta lo scrittore Michel Eltchaninoff nel suo libro Nella testa di Vladimir, è stato spesso chiamato in causa da Putin: prima della svolta conservatrice del 2013 come moderato e filo europeo, poi come feroce ideologo anti occidentale.

Il giornalista Aart Heering approfondisce la radice del pensiero geopolitico dell’ideologo del Cremlino, Aleksandr Dugin: la Cronaca di Oera Linda, una saga medievale che racconta la storia millenaria del popolo frisone, un falso storico.

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