Se non fosse per la luce emanata dagli enormi schermi che coprono i palazzi, per la quale sembra che sia sempre giorno, Times Square sarebbe stata quasi irriconoscibile in questo ultimo anno. 

Si è svuotata di turisti, e davanti a ristoranti e negozi chiusi sono rimasti visibili solo i senzatetto. Alcuni dicono che anche durante la pandemia abbia rappresentato “New York on steroids” ovvero le trasformazioni subite dalla città all’ennesima potenza.

Nelle ultime settimane, con più della metà dei newyorchesi completamente vaccinati, anche l’iconica piazza ha ricominciato a popolarsi, ma ancora una volta è stata teatro di un evento eclatante, un fatto che rappresenta una questione tanto attuale quanto vecchia per New York e i e i suoi abitanti: il senso di sicurezza e la lotta alla criminalità.

Una sparatoria

Un sabato pomeriggio di inizio maggio, sulla 45esima strada, è scoppiato un litigio tra due fratelli, entrambi venditori ambulanti. Uno dei due ha tirato fuori la pistola e sparato dei colpi, mancando l’obiettivo ma colpendo e ferendo tre persone che non si conoscevano: due donne in visita a New York e una bambina di quattro anni che da Brooklyn era stata portata a Manhattan per comprare dei giocattoli.

La notizia dell’accaduto ha fatto il giro del mondo e ha infiammato il dibattito politico delle primarie del Partito democratico in vista dell’elezione del prossimo sindaco.

Il giorno successivo alla sparatoria, due dei candidati favoriti nei sondaggi, Andrew Yang ed Eric Adams, si sono recati sul posto. Yang, un imprenditore nato da genitori Taiwanesi e cresciuto fuori città, ha commentato dicendo che «New York non può permettersi di togliere fondi alla polizia».  Adams, un ex poliziotto nero cresciuto in una zona povera del Queens, ha ribattuto dicendo che Yang dovrebbe vergognarsi di essersi svegliato solo adesso. 

Il giovedì seguente, su Zoom, si è tenuto il primo dibattito tra gli otto candidati. Due ore in cui non si è trovato il tempo di parlare di salute pubblica nonostante i 33mila residenti morti di Covid-19, ma in cui, fin dalle prime battute, si è discusso animatamente di crimine, polizia e sicurezza, ovvero le questioni che probabilmente determineranno l’esito di queste primarie e dunque – in una città a netta prevalenza democratica –  l’elezione del sindaco.

Omicidi in aumento

Ora che la diffusione del virus sembra essere più sotto controllo, i sondaggi rivelano che la principale preoccupazione dei newyorchesi è il crimine. Un sentimento diffuso che è stato alimentato dallo scenario creatosi nel picco della pandemia, con metropolitane poco frequentate, strade vuote e isolamento forzato anche in situazioni abitative e sociali di disagio. E che è corroborato dai dati: nei primi tre mesi del 2021 sono state colpite con armi da fuoco 246 persone, il numero più alto per lo stesso periodo dell’anno dal 2012.

Anche gli omicidi sono aumentati: secondo i dati diffusi dalla polizia, nel 2020 sono state uccise 426 persone, il 45 per cento in più rispetto all’anno precedente. Detto questo – per contestualizzare i numeri – New York continua ad avere un tasso di omicidi decisamente inferiore rispetto a quello di molte città americane e a quello che registrava venti anni fa. 

Non è la prima volta che la paura per il crimine influenza così fortemente l’elezione di un sindaco. Anzi, la questione della sicurezza ha sempre dominato la scena politica e segnato le sorti dei suoi protagonisti.

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