A due mesi dall’inizio dell’invasione russa decisa da Vladimir Putin, che ieri ha partecipato alle funzioni religiose in occasione della Pasqua ortodossa, gli ucraini incredibilmente resistono sul terreno e pensano addirittura di contrattaccare e respingere ai confini gli invasori. «Non appena avremo più armi, non appena ce ne saranno abbastanza, credetemi, riprenderemo immediatamente questo o quel territorio, che è temporaneamente occupato», ha detto il presidente Volodymyr Zelensky durante una conferenza stampa, il giorno prima della visita a Kiev del segretario di stato americano, Antony Blinken e del capo del Pentagono, Lloyd Austin, che si è tenuta ieri. Propaganda per rinfrancare le truppe e i civili provati dalle rappresaglie russe? Forse, ma intanto l’attacco lampo di Mosca alla capitale Kiev è fallito. I russi si sono dovuti ritirare dal fronte nord, concentrandosi su Donbass e sud del paese con l’inizio della seconda fase del conflitto che potrebbe addirittura arrivare, in una terza fase, a congiungere la Crimea con la Transnistria, in Moldavia, e chiudere, con la caduta di Odessa, ogni acceso ucraino al mar Nero.

Per ora, però, l’esercito ucraino, e soprattutto l’eroica resistenza ucraina nella città martire di Mariuopol (che ancora continua nell’acciaieria Azovstal e dove sono state scoperte nuove fosse comuni) e di Mykolaiv, centro strategico nel sud est del paese, hanno permesso a Odessa di guadagnare tempo prezioso, organizzarsi, fare provviste, fortificarsi e prepararsi adeguatamente alla difesa.

Cambio di rotta

Foto AP

I russi sperano che nella zona del sud est, priva di boschi e strade anguste, possano scatenare la potenza d’urto dei loro carri armati, evitando i colpi micidiali dall’alto dei droni di fabbricazione turca, Bayraktar, e dai Javelin portati a piedi da un solo militare, dotato, dice il Guardian, di una dotazione sull’elmetto che lo rende invisibile agli infrarossi.  

Gli ucraini hanno indubbiamente avuto il vantaggio di vedere i mezzi russi in difficoltà operativa e le complicazioni dovute alla manutenzione. Si parla di cingoli di fabbricazione cinese che hanno lasciato in panne i carri armati russi alla prime asperità. Tuttavia Mosca ha ancora ampie riserve di mezzi e materiali da mettere in campo. Ma nonostante tutta la potenza di fuoco di Putin, la superiorità nei cieli (forse solo teorica visto che gli aerei russi finora sono restati ai margini del conflitto) e in campo missilistico, c’è qualcuno in occidente che scommette addirittura in una sconfitta delle armate di Putin. Come il premier britannico Boris Johnson.

La fase due

Foto AP

Il Cremlino ha puntato sul nuovo comandante in capo in Ucraina, il generale Alexandr Dvornikov, pluridecorato ed esperto della guerra in Siria, che possa sfatare il mito che vede i militari russi imbattibili in difesa, ma deboli in attacco.

Zelensky sta probabilmente pensando di chiedere all’occidente, dopo le armi, anche aiuti finanziari, per poter sostenere la macchina statale in un paese che ha visto la distruzione di infrastrutture, industrie e città.

Alcuni studiosi parlano di almeno 600 miliardi di dollari di piano Marshal ad hoc per l’Ucraina (con un pil annuo da 155 miliardi di dollari) per poter ricostruire il paese dopo la devastazione dell’invasione.

La lezione del 2014

Foto AP

Oggi dopo il fallimento della guerra lampo con cambio della dirigenza ucraina, il Cremlino che sognava una Yalta e Postdam 2 per ritrovare la sua sfera imperiale, si trova di fronte a un paese che non ha nessuna intenzione di cedere il terreno, e che sta trasformando il confronto in una guerra di logoramento. Il vero vincitore sarà chi ha più mezzi finanziari, capacità produttive e formazione professionale delle sue forze armate.

Gli ucraini, dopo l’annessione della Crimea nel 2014 da parte russa, hanno riformato i loro servizi segreti, slegandoli dai rapporti di tipo sovietico con la Russia. Lo svecchiamento dei quadri dell’intelligence di Kiev e la loro formazione filo occidentale sono stati un elemento cruciale della capacità di resistenza ucraina.

Washington, pochi giorni dall’inizio del conflitto, spingeva il presidente Zelensky ad abbandonare Kiev e a rifugiarsi in esilio con il suo governo in Polonia, a riprova che anche la Casa Bianca è stata presa in contropiede dalla inaspettata capacità di resistenza ucraina.

Poi sono scattate le sanzioni occidentali contro la Russia (con esclusione per ora delle forniture di gas e petrolio) che potrebbero portare a una recessione del dieci per cento del Pil russo e di un venti per cento della produzione industriale. Sarà sufficiente a mettere in crisi il regime russo?

Intanto dopo due mesi il quadro è cambiato. L’occidente è unito, ha deciso, con qualche distinguo e l’opposizione tedesca, di fornire non solo armi difensive a Kiev ma, dopo la scoperta dei massacri di Bucha, anche quelle offensive, tra cui obici, lanciarazzi e droni kamikaze. Senza dimenticare che l’affondamento dell’incrociatore Moskva ha messo la parola fine all’ipotesi di un’invasione via mare di Odessa.

Adam Michnik, intellettuale polacco ex dissidente ai tempi del sindacato Solidarność e direttore di Gazeta Wyborcza, ha detto: «Per me la Russia è Europa, ma nei panni europei si sente un po’ a disagio. Deve trovare un paio di pantaloni che le vadano bene». Il problema, per noi, è che non sembra ancora averli trovati.

© Riproduzione riservata